Accogliere qualche profugo in parrocchia: l’appello del Vescovo all’inizio della Quaresima e l’esperienza di Araceli in città

 
“Al termine di questa mattinata di ritiro desidero condividere con voi la mia apprensione per i nostri fratelli immigrati che come profughi continuano ad arrivare nel nostro Paese e, nonostante tutte le paure e le difficoltà del momento, vi chiedo di interrogarvi seriamente con le vostre comunità parrocchiali sulla possibilità di dare ospitalità ad alcuni di loro”. Parole chiare, arrivate un po’ a sorpresa, quelle del vescovo Beniamino ai suoi preti al termine del ritiro per l’inizio della Quaresima giovedì mattina a Monte Berico.
Mons. Pizziol ha continuato dichiarando di conoscere e di poter anche comprendere le ragioni di chi pone resistenza all’accoglienza di nuovi profughi nelle nostre terre, ma ha invitato tutti a “non cedere a quella globalizzazione dell’indifferenza che – come Papa Francesco spesso ci ricorda – rischia di anestetizzarci e di creare quella cultura dello scarto che rompe la fraternità e da cui scaturiscono poi guerre e divisioni”.

“Come cristiani  – ha detto il Vescovo – dobbiamo fare di più e accompagnare la preghiera per la pace e la condivisione materiale che già è generosa (vedi ad esempio la campagna Un pane per amor di Dio che ci impegna proprio nel tempo Quaresimale) con gesti concreti di accoglienza verso queste persone. Io stesso mi impegnerò a breve in questo senso e chiedo a voi di fare altrettanto. Caritas diocesana vi fornirà tutto il supporto legale e gestionale necessario”. 

 Le esperienze di accoglienza di profughi in fuga dalla guerra libica e dalla miseria di altri paesi soprattutto del Centro Africa da parte di parrocchie della diocesi sono attualmente due: Araceli in città e Alonte nel basso vicentino. Abbiamo chiesto a don Lorenzo Zaupa, parroco di Araceli a Vicenza, di raccontare quanto stanno vivendo, perché la loro esperienza possa incoraggiare altre parrocchie a vivere questa forma di accoglienza.
 
Don Lorenzo, come è iniziata la vostra esperienza di accoglienza di profughi in parrocchia?

 Dal 2000 la Parrocchia di Araceli ha aperto una struttura di accoglienza nei locali parrocchiali denominata Porta Aperta. All’inizio era rivolta soprattutto a donne in difficoltà. Nello scorso mese di ottobre il Centro Astalli di Vicenza ci ha chiesto di ospitare cinque profughi (ma sarebbe più corretto parlare di “richiedenti asilo”). Dopo un confronto serio con il Consiglio pastorale e la commissione Caritas abbiamo deciso di accogliere queste persone nella convinzione di non poterci tirare indietro, nonostante qualche paura, davanti a questi poveri.
 
Chi sono le persone da voi ospitate?
 
 Sono cinque giovani ventenni, partiti alla disperata dalla Libia, dove alcuni di loro hanno anche lavorato, ma originari del Centro Africa: tre dal Mali, uno dalla Costa d’Avorio e uno dalla Nigeria. Uno di loro è gravemente malato a causa di una infezione renale che lo obbliga alla dialisi tre volte la settimana. Superata qualche incertezza iniziale, questi giovani sono stati accolti con simpatia e affetto in parrocchia, dove si sono inseriti positivamente partecipando alla vita di alcuni gruppi e svolgendo anche qualche attività per la comunità.

Che cosa deve garantire la parrocchia a queste persone?

 L’accoglienza è normata da un preciso protocollo del Ministero dell’Interno che prevede la fornitura di cibo, vestiario, cure mediche, educazione (corsi di italiano ad esempio). Lo Stato garantisce un contributo giornaliero per ogni profugo accolto e quindi non vi sono aggravi economici per la parrocchia. Quello che dobbiamo garantire sono uno spazio abitativo adeguato e soprattutto la presenza di volontari che possano seguire queste persone. Nel nostro caso i volontari sono sette, più un mediatore culturale. Dare una prima buona accoglienza a queste persone è fondamentale. Non si tratta solo di carità cristiana, ma di porre le uniche basi necessarie per una possibile convivenza pacifica. Questi giovani se non vengono accolti rischiano di diventare degli “arrabbiati” e di finire nelle mani della malavita. Sono poveri di tutto, ma se vengono accolti con un po’ di amore e ritrovano così il senso della loro dignità, possono integrarsi ed essere una presenza positiva. L’esperienza simile già fatta alcuni anni orsono quando ero parroco ad Arcugnano, mi conferma che è una strada impegnativa, ma possibile e capace di far crescere molto anche le nostre comunità cristiane. E non diciamo che siamo al collasso: in Veneto il numero di profughi ospitati non è drammatico come si vorrebbe far credere.

Don Alessio Graziani

Caritas diocesana è disponibile ad offrire supporto gestionale e legale alle Parrocchie disponibili all’accoglienza.
 
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