“Adesso comprendiamo perché non abbiamo mai perso la speranza”

La veglia di ringraziamento per i preti novelli e per la liberazione dei "fidei donum" rapiti diventa un inno alla preghiera


Venerdì 6 giugno 2014
, ore 20.45. La veglia a Monte Berico alla vigilia dell’ordinazione presbiterale dei giovani seminaristi vicentini e nella gioia per la liberazione di don Giampaolo Marta e don Gianantonio Allegri inizia con il suono festoso delle campane che riempie la Basilica e scende lungo il pendìo del monte per spandersi sulla città.

Il santuario è gremito di fedeli, preti, diaconi, religiose e religiosi a esprimere l’accoglienza e la riconoscenza dell’intera comunità diocesana che, con il suo Vescovo, da un lato si stringe attorno a don Giampaolo Marta e don Gianantonio Allegri rientrati dal Camerun assieme a don Leopoldo Rossi e don Maurizio Bolzon e, dall’altro, accompagna i cinque diaconi Andrea Bruttomesso, Luca Cecchelero, Luca Lorenzi, Ismaele Pellanda e Samuele Stocco che con Gabriele Grando della Comunità di Villaregia saranno ordinati presbiteri il giorno seguente.
 
Parla mons. Beniamino Pizziol: “E’ la terza volta che ci raduniamo qui. Le prime due, il 4 e il 31 maggio, per invocare dal Signore, attraverso l’intercessione di Maria, il dono della liberazione. Stasera è per ringraziare di essere stati esauditi”. 
 
La veglia, preparata dalla Pastorale Vocazionale, propone un cammino attraverso i tre “profumi” del presbitero: il crisma, a significare che il prete è chiamato a lasciarsi continuamente ungere e guidare dallo Spiriro di Dio; l’incenso, che è il profumo della speranza riposta in Dio; il terzo è un “odore”, quell’odore delle pecore di cui si impregna solo il pastore che vive in mezzo al proprio gregge, attento all’incontro con le persone, specialmente le più povere. 
 
Le parole del Vescovo sono un inno alla preghiera: “Oggi godiamo della vostra presenza e la nostra gioia è ancor più viva per le ordinazioni presbiterali di domani”, dice rivolgendosi ai 4 “fidei donum” rientrati dal Camerun e ai 5 diaconi. Poi chiede: “Che cosa ci ha sostenuti in questi due mesi? Che cosa ci ha consentito di essere uniti spiritualmente e ci ha permesso di essere vicini, in ogni momento, gli uni agli altri?”.
 
Tante domande, una sola risposta: “La preghiera”.
 
Pregare, infatti, è “entrare nella comunione della Santissima Trinità, entrare cuore a cuore con il Signore, stare con Lui, lasciarsi abbracciare e condurre da Lui, cioè riconoscere il primato di Dio nella nostra vita”. 
 
Eppure oggi corriamo tutti il pericolo dell’efficienza: “Laici, preti, consacrati… tutti dedichiamo molto tempo a stendere piani e progetti spirituali ma perdiamo poco tempo nella preghiera”.
 
“Perdere”. Usa un verbo forte, mons. Pizziol. Ma solo così può spiegare che il tempo dedicato alla preghiera “permette di conquistare il proprio animo e di trovare il proprio posto nel mondo”. 
 
“Quando veniamo toccati nella carne, la preghiera diventa più vera”, prosegue il Vescovo di Vicenza, e ricorda che in questi due mesi di prigionia di don Giampaolo e don Gianantonio questa “preghiera vera e intensa” si è levata da ogni parte del mondo: “Attraverso la preghiera, neppure un minuto vi abbiamo lasciati soli!”, dice mons. Pizziol ai due “fidei donum”.      
 
CUSTODITI, MAI ABBANDONATI
 
“Custoditi, mai abbandonati. Così ci siamo sentiti durante tutto questo tempo –  gli fa eco don Gianantonio Allegri, descrivendo i 57 giorni nelle mani dei rapitori -. Ma solo stasera comprendiamo da dove ci giungesse tanta forza: dalla forza delle vostre preghiere”.
 
“Eravamo certi che qualcuno stesse pregando per noi, ma in così tanti e in modo così intenso no, non lo potevamo immaginare. E ora capiamo perché siamo vivi, in salute e soprattutto perché non abbiamo mai perso la speranza”.
 
“Anche noi pregavamo – prosegue don Gianantonio -. Pregavamo cinque volte al giorno, proprio mentre lo facevano anche i nostri rapitori adempiendo al precetto musulmano. Pregavamo per loro, che Dio toccasse i loro cuori di poveri ragazzi al soldo di Boko Haram. E pregavamo per voi, immaginando la vostra angoscia poiché non sapevate nulla di noi”.
 
“Ora per tutti coloro che cercano liberazione, noi vogliamo essere consolazione”, conclude don Gianantonio anche a nome di don Giampaolo e suor Gilberte.
 
La veglia si conclude ed è il momento degli abbracci: il Vescovo li dà a uno a uno. Prima ai quattro preti fidei donum tornati dal Camerun. Poi ai 5 seminaristi sui quali il giorno seguente imporrà le mani per l’ordinazione presbiterale. “State bene? Siete tranquilli? – chiede a questi sottovoce con la premura di un padre -. Arrivederci a domani”.
 
Luca de Marzi
 

L’abbraccio dei fedeli vicentini a don Gianantonio Allegri dopo la veglia di venerdì 6 giugno 2014 a Monte Berico
(foto Gioacchino Pagano)