AGESCI: la vicentina Barbara Battilana è la nuova presidente nazionale

«Un onore poter rappresentare l'associazione e poterla vivere da un punto di vista diverso»

 

La vicentina Barbara Battilana e il fiorentino Matteo Spanò sono i nuovi presidenti nazionali dell’Agesci, eletti lo scorso fine settimana dal Consiglio Generale dell’associazione composto dai rappresentanti di tutti i singoli territori (più di 200 persone). 40 anni, sposata dal 2003 con Antonio Barbara, vive a Cornedo Vicentino ed è insegnante di informatica in un Istituto tecnico economico «felice – come ci tiene a dirci lei – di poter reincontrare ogni giorno i miei studenti». Sarà lei con il suo omologo maschile a guidare una delle maggiori associazioni ecclesiali per i prossimi quattro anni.  «L’Agesci per me – ci dice Battilana che abbiamo raggiunto al telefono – è  l’associazione che mi ha permesso di crescere prima come ragazza, poi di trovare il luogo dove svolgere il mio servizio e di maturare dal punto di vista umano, spirituale ed ecclesiale».

Con che spirito assume questa nuova responsabilità?
«È stata una proposta inattesa e c’è il timore di non essere all’altezza. Sento peraltro che è un onore poter rappresentare l’associazione che ho nel cuore e poterla vedere da un punto di vista diverso».
 
 
Questa disponibilità investirà molto anche la vita privata. Come ha reagito il marito?
«La scelta è stata presa assieme a lui anche proprio perché richiederà un impegno familiare particolare. La cosa bella è che anche lui ha riscontrato che lo scautismo, con le sue peculiarità, è stato positivo anche per la nostra vita di coppia che risulta arricchita dalle relazioni ed esperienze vissute grazie a questa associazione».
 
 
Quali sono le sfide che l’Agesci ha oggi di fronte?
«Sono le sfide della società. Il Consiglio generale ha votato le strategie nazionali dove particolare importanza ha la dinamica dell’accoglienza sia come servizio alle persone che arrivano nel nostro Paese, sia come accoglienza di questi ragazzi immigrati dentro la nostra associazione. L’obiettivo dunque è offrire una proposta educativa anche a loro nonostante, magari, la religione e la cultura diverse. L’altro aspetto di grande rilevanza è quello dell’educazione dei ragazzi in un momento in cui è sempre più difficile fare delle scelte. In questo ci sentiamo in grande sintonia anche con quanto proposto dalla Chiesa con il Sinodo dei giovani. L’altra scelta qualificante è poi quella di mettere in atto delle reti. Nel momento in cui, a livello sociale, si vive una difficoltà personale, l’unico modo per affrontarla e uscirne è quello di creare rete nel territorio con tutte le diverse agenzie educative che operano nei vari ambiti e che coinvolgono anche noi. Nostro compito sarà quello di attuare le priorità indicate dal Consiglio Generale nell’assemblea che si è appena conclusa».
 
 
Questo è anche il vostro modo di servire la Chiesa italiana, una Chiesa che il Papa vuole sempre più in uscita. Giusto?
«Esatto. Ci sentiamo membra vive della Chiesa. Noi attuiamo il nostro carisma che sta nel servizio in un territorio, nella realtà in cui ci si trova. Lo scoutismo cerca di inserirsi nelle singole realtà del territorio e di fare qualcosa di positivo innanzitutto nei confronti delle situazioni più fragili. Questo avviene anche fuori dall’associazione, a servizio della comunità locale. Questo lo facciamo come Chiesa, perché quello che ci anima è sempre l’immagine di Cristo. Poi ricordiamo che è tipico dello scout essere esploratore, in avanscoperta e vedere quelle che sono le realtà di sofferenza e lì intervenire. Siamo in questo molto in linea con quanto propone il Papa».
 
Lauro Paoletto