Anno della vita consacrata

La vicinanza delle religiose alla vita delle comunità parrocchiali

 
«La presenza in parrocchia rappresenta un’esperienza che ho sentito come un’integrazione con la mia vita all’interno della comunità». A parlare è suor Marta Pegoraro delle suore Dorotee riflettendo sul servizio che da oltre trent’anni svolge nella comunità parrocchiale di S. Lucia di Lisiera, dove ora ha un compito di animazione e coordinamento.
Come lei sono molte le religiose impegnate all’interno della comunità ecclesiale, parrocchiale, vicariale o diocesana in servizi anche differenti. «Hai una comunità di cui sei parte che ti ha inviato – osserva suor Elena Scida delle suore Dorotee che da una decina d’anni partecipa alla vita della parrocchia di San Pietro in Vicenza dove attualmente è catechista – però ti senti parte anche di una comunità allargata che è la comunità parrocchiale, e mi pare che la gente apprezzi la mia presenza proprio in quanto consacrata».
«L’anno dedicato alla vita consacrata (che si concluderà il 2 febbraio 2016 Ndr) non è dei consacrati per i consacrati – osserva mons. Beppino Bonato, direttore dell’Ufficio diocesano per la Vita Consacrata – ma è pensato come opportunità per le comunità cristiane, per i fedeli laici perché prendano coscienza dell’importanza di avere, di condividere, di sostenere le comunità dei consacrati presenti nel proprio territorio». «Perché – evidenzia Bonato – la vita consacrata è nella Chiesa per la Chiesa». Una presenza che in Diocesi si concretizza nella partecipazione ai diversi organi collegiali, nelle Unità Pastorali, nelle parrocchie e nei servizi che le diverse congregazioni attraverso i loro carismi offrono alla comunità. È un operare spesso silenzioso, di affiancamento, fatto di gesti quotidiani dove il consacrato porta la sua esperienza di comunità e di scelta di vita, porta la sua specificità».

«La gente sente la religiosa come una persona amica che sta loro vicino capace di cogliere i problemi, capace di ascoltare – evidenzia suor Maria Zaffonato delle Suore di Maria Bambina, parlando dalla sua esperienza nella parrocchia di S. Andrea Apostolo in Vicenza dove fa parte del Consiglio pastorale, del gruppo dei ministri straordinari dell’eucarestia e si occupa della catechesi dei ragazzi e degli adulti».

In questo assume importanza anche il tipo di rapporto che si instaura tra parroci e consacrati. «Ci sono dei laici che collaborano fattivamente in parrocchia, ma il parroco sa a chi chiedere alcuni servizi – continua suor Elena Scida – e quando è necessaria, o più opportuna la presenza di un religioso o una religiosa». «Il parroco sa valorizzare i carismi dei singoli», osserva suor Maria Zaffonato.

Ciò che rende qualificante e manifesta la specificità della religiosa all’interno della vita parrocchiale è l’esperienza di vita comunitaria. Una specificità che per la comunità delle Suore Dimesse, Figlie di Maria Immacolata, da dieci anni presenti nella parrocchia di Santa Croce “ai Carmini” in Vicenza, si traduce in una testimonianza di unità nella diversità alla luce di una comune chiamata.

La comunità è costituita da tre suore, che ogni tre anni si danno il cambio. Attualmente ci sono: suor Ermelinda Azzolin, vicentina, suor Nisha Chituthuruthy, indiana dello stato del Kerala e suor Maddalena Kangangi Mujthoni del Kenia. In parrocchia si occupano di catechismo, seguono gli ammalati, gli anziani e famiglie di stranieri.
«La comunità religiosa per le persone che incontro è una presenza significativa e positiva, perché io vado a nome della mia comunità e della parrocchia – dice suor Gianfranca Dalla Costa, della Comunità Cuor di Maria delle Suore Orsoline del Sacro Cuore di Maria a Schio. Suor Gianfranca insieme a suor Bertilla Piana si occupano della comunità e prestano servizio nella parrocchia di Sacro Cuore a Schio, dove fanno parte del consiglio pastorale. Suor Gianfranca coordina anche i ministri dell’eucarestia, si occupa delle visite ai malati e fa volontariato come religiosa all’Ospedale di Santorso. «Le persone che visito lo percepiscono, perché comunico la spiritualità che noi viviamo e porto la parola del parroco, facendo sentire queste persone parte della parrocchia».

Con il loro servizio le religiose comunicano una spiritualità legata a un carisma. « Il carisma non lo viviamo per noi – dice suor Bertilla – sentiamo che deve essere vissuto dentro la chiesa e con la chiesa». Questa presenza nelle comunità interroga il consacrato stesso, osserva suor Silvana Miglioranza delle suore Dorotee, che presta servizio nel gruppo catechistico ed è responsabile dei centri di ascolto nell’Unità Pastorale Bressanvido Poianella. «Devo trovare sempre la motivazione per cui vado. Non sempre è così chiara, non sempre così forte perché hai già una realtà, la tua comunità, che vivi molto intensamente». «Quando vai sei chiamata da qualcosa che c’è dentro – continua suor Silvana – non solo perché c’è un centro d’ascolto, ci sono i catechisti che ti aspettano, c’è un consiglio pastorale, dentro di te bolle qualcosa per cui tu vai. Vai non soltanto per insegnare, ma per essere. Vai lì e ti chiedi che compagno di viaggio sarò in quello che sto facendo, in quello che sono chiamata? La mia presenza, unica religiosa in mezzo a tutti quelli, che cosa faccio? Anche lì devo dare il mio essere, che non è meglio degli altri, ma sono lì come presenza di una persona che ha dato una risposta a Dio come consacrata, l’altro l’ha data come sposo, come madre. Lì devo portare la mia testimonianza e non sentirmi migliore degli altri».

Giuseppe Bedin
 
Articolo da La Voce dei Berici della scorsa settimana