Arte, fede, cittadinanza: verso la conclusione i lavori del Convegno di Firenze

[Aggiornato] Guarda la video intervista ai giovani delegati vicentini



 «I credenti sono cittadini. E lo dico qui a Firenze, dove arte, fede e cittadinanza si sono sempre composte in un equilibrio dinamico tra denuncia e proposta». Sono alcune delle parole pronunciate da Papa Francesco al Convegno ecclesiale di Firenze, che si conclude oggi. Ed è proprio in questo intreccio che nel pomeriggio di ieri i convegnisti si sono “immersi”, visitato i luoghi dove l’umanesimo si è fatto concretezza nell’arte, nella cultura, nella poesia, nelle opere di carità, nell’impegno politico, nel sentimento religioso, nella solidarietà e nel dialogo.

 

ARTE, FEDE E CARITA’

 

«Questo intreccio tra arte, fede e cittadinanza è evidente nella stessa struttura urbanistica della città – spiega lo storico Giulio Conticelli, vicepresidente della Fondazione Giorgio La Pira – La città è costruito da un asse che va da Palazzo Vecchio, il luogo non tanto del potere ma della giustizia ridistributiva, dell’organizzazione della città attorno ai suoi bisogni materiali. Proseguendo verso la cattedrale troviamo il granaio della città costruito sopra una cappella mariana dove le “categorie economiche” di allora esponevano opere d’arte. Quindi, anche dove c’è il bene economico si è voluto dare un segno di bellezza. Infine, la cattedrale, realizzata interamente dal popolo fiorentino e che pertanto è una “casa” della città nella quale il Vescovo viene ospitato. Dinanzi alla cattedrale c’è la più antica istituzione di assistenza, la misericordia, espressione della solidarietà e del volontariato fiorentino da ‘700 anni. Ma il segno più evidente di questo intreccio tra arte, fede e solidarietà e la rappresentazione della carità sulla facciata della cattedrale».

 

LA CITTA’ DEL DIALOGO

 

Si potrebbero elencare i nomi di chi, negli anni ha incarnato questo intreccio tra arte, fede e cittadinanza, tra denuncia e proposta. In anni più recenti Firenze ha visto l’opera di uomini quali, per citarne solo alcuni, don Lorenzo Milani, Ernesto Balducci e Giorgio La Pira. Proprio Giorgio La Pira, sindaco di Firenze negli anni ‘50 e ‘60, è certamente uno dei personaggi che meglio hanno saputo cogliere e incarnare questo “spirito fiorentino” e che hanno messo in luce un’altra caratteristica di questa straordinaria città: il dialogo interreligioso.

 

Sono state le voci di un ebreo e di un musulmano, ieri mattina, ad offrire ai delegati del Convegno ecclesiali alcune delle riflessioni più alte tra quelle che si sono ascoltate in questi giorni. Joseph Levi, rabbino capo di Firenze, ha ricordato i cinquant’anni della “Nostra aetate”, evidenziando che il dialogo che sta crescendo tra le religioni rappresenta una maturazione delle rispettive religioni. «Il compito che abbiamo è di offrire speranza e fiducia all’uomo aiutandolo a incontrare il divino». Izzedin Elzir, presidente dell’Unione delle comunità islamiche, ha invece sottolineato l’importanza del dialogo a partire dalle persone comuni. «C’è bisogno di un dialogo del quotidiano, quello della vita, non quello teologico – dice Elzir -. Un dialogo fra un uomo e un uomo, un uomo e una donna, un anziano e un giovane. con questo tipo di dialogo possiamo andare dalla teoria alla pratica e costruire non solo un futuro migliore ma un presente migliore. Firenze è una città di dialogo per eccellenza: Firenze è La Pira, il rinascimento, l’umanesimo, come il titolo del convegno. Firenze è un esempio di questo dialogo reale sia a livello quotidiano che teologico».

 

TRE VICENTINI A FIRENZE

 

Ma cosa hanno scoperto i delegati vicentini in questa immersione nell’umanesimo vicentino? «Io ho conosciuto l’esperienza di Radio Firenze – racconta Laura Anni – una radio fatta dai giovani attraverso i social che si preoccupa di condividere messaggi carichi di umanità. Non solo: hanno registrato un vide per la canzone “happy” di Pharrel Williams coinvolgendo gli anziani di una casa di riposo».

 

«Per me è stata molto interessante l’esperienza con i monaci di Gerusalemme – racconta suor Marta Ronzani -. È una comunità mista, di uomini e donne, nata negli anni ‘70 a Parigi che vuole creare uno spazio di silenzio nelle città. La porta della comunità è sempre aperta e i monaci vivono “la città”, visto che svolgono lavori comuni».

 

«Io ho partecipato ad un laboratorio allestito al museo galileiano – racconta Davide Viadarin – dove due fisici e un climatologo hanno spiegato come scienza e fede non sono in contrapposizione. Uno di loro, per spiegarlo, ha fatto l’esempio della sua vita di coppia, nella quale festeggia i 52 anni di matrimonio: così come nel matrimonio il tempo scorre e le persone cambiano ma senza perdere il sapore della novità, così la fede porta a crescere e maturare senza rinnegare il proprio essere scienziati».

 

BATTUTE FINALI

 

Il Convegno ecclesiale è giunto alle battute finali. Nella mattinata di oggi (venerdì) verranno presentate le sintesi dei lavori attorno alle cinque vie per un “nuovo umanesimo”: uscire, abitare, annunciare, educare e trasfigurare. Successivamente, sarà il presidente della Cei card. Angelo Bagnasco a presentare le “prospettive” scaturite da questa cinque giorni di lavoro.

 

Andrea Frison, inviato a Firenze 2015