Branduardi sceglie il Museo Diocesano per l’album del Giubileo

Un'opera appartenente a mons. Nonis è la copertina del nuovo disco

 
Da Francesco a Francesco è l’ultimo album-raccolta del famoso cantautore e polistrumensta Angelo Branduardi e come immagine di copertina reca un’immagine conservata al Museo Diocesano di Vicenza
 
L’album nasce per volontà dello stesso cantautore che ha deciso di celebrare il Giubileo della Misericordia riproponendo due delle importanti opere che hanno caratterizzato la sua lunga carriera.
L’album-raccolta da “Francesco a Francesco” raccoglie in un unico cofanetto l’album “L’infinitamente piccolo” dove il maestro ha musicato e cantato le parole di San Francesco tratte da “Fonti Francescane”, e l’album “Futuro Antico”, che riporpone una rivisitrazione di canzoni medioevali sacre.
 
Per espressa volontà del maestro, come immagine di copertina di questa raccolta  è stata scelta un’opera conservata al Museo Diocesano all’interno della collezione etnografica donata da mons. Nonis.
L’immagine, di provenienza etiopica e datata circa al XVIII secolo, descrive episodi della vita di Cristo e dei miracoli di Maria.
 
La collezione etnografica del Museo è costituita da numerosi oggetti collezionati in vita da mons, Nonis, nasce come collezione privata e non è formata da criteri scientifici. Si tratta infatti di una “raccolta”, definita dallo stesso mons. Nonis, “di carattere dilettantesco”. La raccolta etnografica è una delle più interessanti attualmente esistenti in Italia e la parte etiopica è di grande pregio. La collezione non documenta solo aspetti della cultura africana, sono ampiamente documentate anche testimonianze della cultura materiale delle popolazioni tribali della Thailandia nord-orientale, di tribù del Guatemala, dell’India, della Nuova Guinea.
 
 
 
DESCRIZIONE DELL’OPERA
Il dittico, una tempera su tavola con imprimitura in tela gessata (cm 30×36,5 aperta), descrive Episodi della vita di Cristo e dei miracoli di Maria; due santi cavalieri. L’opera si può datare ai secc. XVIII-XIX, la provenienza specifica e il nome dell’artista sono sconosciuti ma stilisticamente l’opera rimanda al secondo stile di Gondar. Questo stile, si sostituisce al primo stile di Gondar, dall’inizio del XVIII secolo. Artigiani stranieri originari del Vicino Oriente si stabilirono a Gondar (un’antica capitale imperiale dell’Etiopia e della provincia storica del Begemder, attualmente parte della regione di Amhara “. La città si trova a nord del Lago Tana, sulle rive del fiume Angereb e a sud-ovest delle monti Semièn) ed ebbero il patrocinio dell’imperatore Iyasu II (1730-55) come anche si sua madre, l’imperatrice Mentewwāb. Le opere di questa produzione sono dipinte e incorniciate utilizzando modelli e tecniche europee. Quattro sono gli elementi caratteristici della produzione delle tavole dipinte del XVIII in queste zone. Uno di questi è rappresentato da trittici e dittici eccezionalmente gradi con scene multiple della vita e della passione di Cristo, della vita di Maria o del martirio di san Giorgio; un secondo elemento chiave è costituito dalla tendenza generale a rappresentare figure di supplici nei dipinti da loro commissionati; in terzo luogo, si registra un largo uso di fazzoletti portati da varie figure come segni di distinzione; infine va rilevato l’uso selettivo fi nimbi o aureole.L’opera fa parte della collezione etnografica del Museo Diocesano di Vicenza, ed è visitabile previa prenotazione contattando il Museo Diocesano (0444-226400)