Buon compleanno Papa Francesco! Sabato 17 dicembre il Papa compie 80 anni

 
In ascolto e obbedienza Una lirica particolarmente cara a Bergoglio è Meiner verehrungswürdigen Grossmutter, composta da F. Hölderlin per il compleanno della nonna. Nella ben nota intervista resa pubblica nel settembre 2013 lo ricorda egli stesso, confidandocene le ragioni: è una poesia di grande bellezza e spiritualmente gli ha fatto “tanto bene”. Il perché è utile richiamarlo in un tempo liturgico che ci conduce al Natale: “Lì Hölderlin accosta sua nonna a Maria che ha generato Gesù, che per lui è l’amico della terra che non ha considerato straniero nessuno”. Una caratteristica umana e spirituale di Papa Francesco è la gratitudine sincera e profonda verso i “padri” e le “madri”. Una riconoscenza teologicamente fondata. Il tema ritorna spesso ed è presente già nei suoi primi scritti. In un testo pubblicato nel 1981, mentre richiamava i temi dell’“eredità” spirituale, scriveva per i suoi gesuiti: “L’eredità suppone un intreccio di passato e futuro e ugualmente di umano e divino, considerato il fatto che in Gesù è Dio l’eredità del credente”. Il motivo dell’intervento era la responsabilità per le future vocazioni nell’ordine. Per Bergoglio una questione fondamentale era “come essere padri di quanti ci seguiranno e fratelli tra noi”. Tutto mi è tornato spontaneo alla memoria sabato scorso 10 dicembre mentre, rivolto ai seminaristi pugliesi, sentivo ripetere dal Papa queste parole: “Voi siete entrati in questa strada per diventare padri delle comunità […]. Guardate i vostri padri nella fede, e chiedete al Signore la grazia della memoria, la memoria ecclesiale […]. Cerca di lasciare l’eredità a chi prenderà il tuo posto. Padri che ricevono la paternità degli altri e la danno ad altri. È bello essere sacerdote così”. Ora, nella prospettiva dell’ottantesimo compleanno di Francesco, penso che anche noi avvertiamo il bisogno di esternargli una simile gratitudine. Un’antica formula latina indicava il Papa come pater patrum. Noi vorremmo ripeterla non come frase stereotipata, ma con affetto sincero poiché la “paternità” di Francesco mentre ci radica e ci conserva nella fedeltà a Cristo e nella fede della Chiesa ci apre pure al domani, con la responsabilità evangelizzatrice e generativa per le nuove generazioni. Potremmo parafrasarlo dicendo che è bello essere cristiani così! Se mi si domandasse qual è il filo d’oro che congiunge le età della vita di Bergoglio sino ad oggi, quando siede sulla cathedra Petri, risponderei: l’ascolto e l’obbedienza alla volontà di Dio. Francesco è gesuita fin nelle midolla e non possiamo davvero comprenderlo senza fare riferimento alla spiritualità ignaziana. Negli Esercizi Spirituali si legge in prima battuta che il loro scopo è “cercare e trovare la volontà divina” (n. 2,4), perché “sua divina maestà si serva, tanto di lui quanto di tutto quello che possiede, secondo la sua santissima volontà” (n. 5,2). C’è un’omelia nella quale, aprendo il suo cuore, Francesco ci aiuta a entrare nel mistero della volontà di Dio. Commentando la preghiera colletta del 27 gennaio 2015 il Papa parlò della “necessità di pregare per avere la voglia di seguire la volontà di Dio, per conoscere la volontà di Dio e, una volta conosciuta, per andare avanti con la volontà di Dio”. Se è vero che nella volontà di Dio, al dire di Dante, “è nostra pace” (Paradiso III,85), è pure vero che qui c’è il segreto della interiore serenità di Papa Francesco; quella che tutti hanno potuto percepire fin dal suo primo mostrarsi sulla loggia di San Pietro la sera del 13 marzo 2013. In un testo omiletico pronunciato a Buenos Aires il 17 marzo 2012 (quasi esattamente un anno prima!), Bergoglio diceva: “La vita ci sorprende sempre con il non programmato. Avete nella vostra agenda del giorno il non programmato, che significa stare a servire, rendersi disponibili per l’imprevisto. Dio ci sorprende sempre con il non programmato della vita […]. Nel lavoro di consacrazione al Signore il non programmato è sempre come l’orizzonte imprevisto della volontà di Dio”. Nell’augurio al Papa c’è pure il nostro grazie per questo suo tenerci aperto l’orizzonte all’imprevisto della volontà di Dio. Marcello Semeraro vescovo di Albano
e segretario  del C9     LA VITA Papa Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio nasce il 17 dicembre 1936  a Buenos Aires in Argentina. Figlio di emigranti piemontesi (suo padre Mario è ragioniere e fa l’impiegato nelle ferrovie, mentre la madre, Regina Sivori, si occupa della casa e dell’educazione dei cinque figli) dopo essersi diplomato come tecnico chimico, si mantiene per un certo periodo con dei lavori (fa anche le pulizie in una fabbrica). In questo periodo ha anche una fidanzata. Sceglie quindi la strada del sacerdozio ed entra nel seminario diocesano. L’11 marzo 1958 passa al noviziato della Compagnia di Gesù. Completati gli studi umanistici in Cile, nel 1963 torna in Argentina dove si laurea in filosofia. Negli anni successivi è insegnante di letteratura e psicologia. Nel 1970 si laurea in teologia al collegio San Giuseppe. Il 13 dicembre 1969 viene ordinato prete per mano dell’arcivescovo Ramón José Castellano, mentre la professione perpetua nei gesuiti avviene il 22 aprile 1973. Il 31 luglio 1973 è eletto provinciale dei gesuiti dell’Argentina. Quindi è rettore della Facoltà di teologia e filosofia a San Miguel oltre che parroco sempre a San Miguel. Nel marzo 1986 è in Germania per terminare la tesi dottorale; quindi è inviato nel collegio del Salvatore a Buenos Aires e poi nella chiesa della Compagnia nella città di Cordoba, come direttore spirituale e confessore. Diventa vescovo titolare di Auca e ausiliare di Buenos Aires il 20 maggio 1992 per decisione di Giovanni Paolo II. Come motto sceglie Miserando atque eligendo, espressione tratta da un’omelia di Beda il Venerabile (monaco, santo e dottore della Chiesa inglese vissuto tra il VII e VIII secolo), e traducibile come «[lo] guardò con misericordia (con sentimento di pietà) e lo scelse». Nello stemma inserisce il cristogramma IHS, simbolo della Compagnia di Gesù.  Nel Concistoro del 21 febbraio 2001, Giovanni Paolo II lo crea cardinale, del titolo di san Roberto Bellarmino. Dal 2005 al 2011 è a capo della Conferenza Episcopale Argentina.  Durante il suo impegno come vescovo sceglie uno stile di grande semplicità, spostandosi con i mezzi pubblici e rinunciando a vivere nella sede dell’Episcopato, a favore di un comune appartamento dove si cucina da solo i pasti. In America latina la sua figura diventa sempre più popolare. Nell’aprile 2005, partecipa al conclave in cui è eletto Benedetto XVI.  Viene eletto Sommo Pontefice il 13 marzo 2013.