Chi ci separerà dall’amore di Cristo?

L'omelia del Vescovo Beniamino ai funerali di don Gian Antonio Allegri

  
LITURGIA FUNEBRE PER DON GIAN ANTONIO ALLEGRI

(chiesa Cattedrale, Vicenza, 31 agosto 2018)           Con il cuore colmo di dolore ma anche di grande fede nel Signore Gesù, vogliamo accompagnare il nostro fratello sacerdote don Gian Antonio all’incontro definitivo con Dio, Padre buono e misericordioso, nella sua dimora di luce e di pace. Nel cammino doloroso di questi mesi, siamo stati sostenuti dalla sua serena — seppur sofferta — fede. Abbiamo pregato insieme, abbiamo sperato insieme nella guarigione, abbiamo consolidato i legami di fraternità e di affetto nella nostra Chiesa e nel nostro presbiterio. Ora ci siamo riuniti nella chiesa Cattedrale per consegnarlo al Signore della vita. Con noi ci sono i due vescovi vicentini, monsignor Adriano Tessarollo e monsignor Pierantonio Pavanello, compagno di ordinazione presbiterale. Don Gian Antonio fu ordinato sacerdote dal vescovo monsignor Arnoldo Onisto il 16 maggio del 1982. Venne assegnato come vicario parrocchiale prima a Sandrigo e poi a San Clemente in Valdagno. Dal 1991 al 2002 fu inviato come missionario fidei donum in Camerun. Rientrato in diocesi, divenne parroco dell’Unità Pastorale di Magrè. Nel primo incontro che ho avuto con lui, nel dicembre 2011, si rese nuovamente disponibile alla missione, che gli fu affidata nel 2013 nella diocesi Marua-Mokolò in Camerun. Come è noto, il servizio missionario si concluse a causa del rapimento ad opera di un gruppo terroristico. Dal 2014 svolse il suo ministero a servizio della parrocchia di Santa Maria Bertilla e dell’Unità Pastorale “Porta Ovest” in Vicenza.         In questo momento siamo chiamati a leggere la vita, la sofferenza e la morte di don Gian Antonio alla luce della Parola di Dio che abbiamo proclamato e ascoltato. Il brano della lettera di Paolo ai cristiani di Roma ci descrive l’esperienza stessa dell’Apostolo, nelle sue varie fasi, che diventa modello per ogni cristiano, seppur in contesti e in misure diverse. La fede incrollabile in Cristo morto e risorto sostiene Paolo in qualsiasi situazione della sua esistenza, anche nelle più drammatiche. Con questa fede si interroga: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?». Come non intravedere in questo elenco di prove e di sofferenze l’esperienza vissuta da don Gian Antonio insieme a don Giampaolo e a suor Gilberte nella savana nigeriana, per 57 giorni, sotto due grandi alberi nella foresta? Scrive così nel libro “Rapiti con Dio”: «I momenti di sconforto certamente non sono mancati, ma il sostegno reciproco, il parlarci e il condividere i nostri pensieri ci riportava a guardare la realtà con occhi più sereni. La paura talvolta sembrava avere il sopravvento. In quei momenti richiamare la parola di Gesù, nei molti passi che descrivono esperienze analoghe, ci aiutava a fare del Vangelo una realtà: il sole dopo la tempesta, l’alba dopo una notte. In quei momenti, abbiamo potuto verificare in quale misura la fede creduta e annunciata, in quanto apostoli e missionari, avesse realmente la capacità di illuminare i nostri passi. Abbiamo dato tempo alla preghiera, alla condivisione e alla meditazione fraterna del Vangelo di ogni giorno. Nel silenzio, poi, la preghiera personale sigillava quanto si condivideva insieme». In queste parole si può capire lo spirito che ha animato la vita e il ministero di don Gian Antonio: la testimonianza fedele e concreta del Vangelo di Cristo, in ogni momento fino alla consumazione dell’esistenza terrena. Fu aiutato sicuramente dall’appartenenza alla fraternità Jesus charitas, secondo la spiritualità di Charles de Foucauld. Egli ha fatto proprie le parole dell’Apostolo Paolo: «Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore».         Abbiamo letto nel Vangelo di Marco la narrazione dell’evento della morte e della risurrezione di Cristo. In quell’evento di morte e di risurrezione è iscritto e compreso anche l’evento della nostra morte e la partecipazione futura alla resurrezione del Signore Gesù. Alla luce di questa pagina del Vangelo desidero leggere l’agonia e la morte di don Gian Antonio a cui ho partecipato insieme ad alcuni presbiteri e ad altre persone a lui care.  Egli si era preparato con sofferta serenità alla sua morte. Così scriveva a un gruppo di amici preti alcuni mesi fa: “Mi rendo conto di entrare in una nuova fase della mia vita, quella della ‘fragilità certa’ con cui dovrò convivere senza ripiegarmi su me stesso; è il tempo per una richiesta di un ‘surplus’ di senso; è il tempo della comunione più intensa con gli ammalati. Certamente la mia esperienza di prete e il mio cammino spirituale, la mia fede e speranza in Gesù, Signore della vita, mi danno le coordinate per intraprendere questo cammino, per rispondere a questa nuova chiamata. Alcune parole forti ascoltate e commentate in questi anni, dopo la mia esperienza africana, ma non ancora obbedite, saranno le orme su cui camminare. Sono sereno e fiducioso, non senza la vostra preghiera e il vostro affetto”.         Rimarrà impressa per sempre nel mio cuore l’esperienza vissuta accanto a don Gian Antonio, insieme ad altri due confratelli presbiteri, per accompagnarlo nell’ultima prova della sua vita, quella dell’agonia. Il suo volto, pur segnato dalla sofferenza era sereno e lasciava trasparire l’abbandono pieno nelle braccia paterne del Signore. Aveva già sperimentato un anticipo di morte e risurrezione nel periodo del sequestro che egli ricorda con queste parole: “La partecipazione alla morte e risurrezione di Gesù è stata esistenziale fino all’ultimo…abbiamo intensificato la nostra preghiera, il nostro abbandono, la nostra umiltà nel chiedere l’impossibile. Tutto è possibile per chi crede (Mc 9,23). Allora, Signore, se tutto è possibile: liberaci. Nell’intercessione di Maria, madre di Gesù e madre nostra, siamo stati infine liberati”. Dirà, in un’altra circostanza: siamo stati liberati per liberare. La testimonianza di fede, di povertà, di missionarietà, di amore per i fratelli, di questo carissimo sacerdote è un dono prezioso per la Chiesa intera e per il nostro presbiterio e ci provoca riprendere il nostro cammino, spesso arduo e faticoso, soprattutto in questo tempo così confuso e travagliato. O Padre, infinitamente buono, ti offriamo il sacrificio di questo sacerdote, a noi tutti molto caro, in unione al sacrificio di Gesù, te lo offriamo per la nostra Chiesa, per le comunità parrocchiali che egli ha servito con tanta generosità e amore, per la santità dei nostri preti e del popolo di Dio. Tutti insieme accogliamo il mistero d’amore che si è compiuto nel dolore e nella morte di questo nostro fratello.Vieni incontro, Signore Gesù, a questo tuo discepolo che hai costituito pastore in mezzo ai suoi fratelli, egli ti ha seguito e per loro ha dato tutto se stesso. Vieni incontro, Signore Gesù, a tutti noi, tocca i nostri cuori, perché ti seguiamo sulle strade del vangelo, come ci ha testimoniato questo nostro fratello sacerdote. Guarda alla tua chiesa che ti prega e ascolta le sue suppliche per l’intercessione di Maria, tua Madre, la nostra Madonna di Monte Berico. E tu don Gian Antonio, intercedi per noi presso il Padre, dal cielo custodisci la fede della nostra chiesa per la quale sei vissuto e che hai servito fino al dono della tua vita. Ottienile la grazia di essere ancora terra feconda di vocazioni, come segno della benedizione di Dio sulla nostra chiesa di Vicenza e su tutti noi. Amen!