Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?

La riflessione del Vescovo in occasione del Te Deum di fine anno a San Lorenzo

 
         Carissimi fratelli e sorelle, consacrati e consacrate, sacerdoti, diaconi, gentili autorità, amici ascoltatori di Radio Oreb.          al termine di questo anno 2017 – che è stato pieno di eventi di gioia e di dolore, di speranza e di angoscia, ci ritroviamo insieme per elevare un inno di ringraziamento a Dio, Signore del Tempo e della Storia.           L’ultimo giorno dell’anno è un giorno speciale, è tempo di bilanci, di resoconti, di valutazioni, un tempo che richiede un sano realismo, ma che apre anche a sogni, speranze e progetti. Le vicende liete e positive vissute nel corso di quest’anno potranno apparire sempre più ridotte e povere rispetto alle fatiche e alle sofferenze che abbiamo sperimentato.           Nei giornali, nei telegiornali e in molteplici programmi, dibattiti, interviste, persone autorevoli in campo politico, sociale ed economico cercano di valutare l’anno trascorso e di prevedere nuovi, possibili, scenari a livello locale, nazionale e internazionale per il nuovo anno che sta per arrivare.          Questi interventi sono utili e, per certi versi, anche necessari perché appartengono alla responsabilità e al compito di tutti coloro che hanno a cuore il bene delle persone, della società.          Noi siamo chiamati a conoscere, a condividere o a criticare queste letture socio-politiche sul segmento di Storia nel quale ci troviamo a vivere, ma siamo pure chiamati a fare una lettura sapienziale di questi avvenimenti a partire dalla Parola di Dio che ci è stata donata in questa celebrazione.           Si tratta di una visione, che viene descritta dall’Apostolo Giovanni nel capitolo V dell’Apocalisse. L’Apostolo contempla Dio, seduto sul suo trono, e osserva sulla mano destra un libro (un rotolo) scritto davanti e dietro, su tutto lo spazio disponibile. Ma questo libro è chiuso con sette sigilli, per indicare l’impossibilità di accedere al suo contenuto. In questo libro è contenuta tutta la Storia, con il suo significato, il senso della vita di ogni uomo e il senso della Storia della famiglia umana.          Ma ecco la domanda dell’Angelo: «Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?». Il profeta comincia a piangere: è la constatazione frequente, anche in noi, dell’incapacità di cogliere il senso della vita e della Storia umana. L’angelo, vista la reazione del profeta, dice all’anziano che non deve piangere, perché nella Storia umana, vi è qualcuno degno di aprire il libro e di scioglierne i sigilli e spiegare così il senso della vita e della Storia. Costui è Cristo, presentato nel simbolo dell’agnello che è stato immolato per la salvezza del popolo; un agnello che porta i segni del supplizio, ma sta in piedi, trionfante, vincitore della morte. Cristo, infatti, spezzerà i sigilli uno per uno, come viene narrato nei capitoli successivi del libro dell’Apocalisse           Cerchiamo anche noi di leggere gli eventi della Storia, quelli gioiosi e quelli dolorosi alla luce dell’evento di Cristo, che è l’alfa e l’omega, il principio e il fine della Storia.           A livello internazionale e mondiale non si riesce a intravedere una volontà comune, sia da parte dei governanti sia da parte dei popoli, di avanzare sulla via della giustizia, della pace e della solidarietà comune. Le organizzazioni internazionali sono sempre più impegnate nel tentativo di spegnere i conflitti anziché essere volte a promuovere una pacifica e feconda convivenza tra le nazioni. Vi sono ancora molti focolai di guerra aperti, milioni di persone che si spostano da un paese all’altro, da un continente all’altro, e l’immigrazione rappresenta un fenomeno di dimensione mondiale. Anche le religioni non sempre sono strumenti di incontro e di comunione. Tra tutti, un’attenzione particolare merita sempre il continente africano.           A livello europeo, italiano, e regionale, l’Europa stenta a trovare la sua vocazione all’unità nel concorso comune di tutti i popoli; anzi ci sono segni di divisione e di separazione più che di unione. L’Italia ricorda i settant’anni della nascita della Costituzione, il 27 dicembre 1947 ci fu la firma e il 1 gennaio 1948 entrò in vigore. Sia a livello nazionale che locale si intravedono i segni della ripresa, dopo due gravissime crisi: quella economica e quella bancaria. In Italia siamo di fronte a importanti consultazioni elettorali, dove il numero più elevato sembra essere, in percentuale, quello dei non votanti, degli astensionisti.           A livello ecclesiale e diocesano vogliamo promuovere una nuova presenza di Chiesa del territorio, con un nuovo volto e un nuovo stile. La forma scelta trent’anni fa delle Unità Pastorali, attraversa un ulteriore momento di verifica, di riflessione e di rilancio. Ci sarà poi il Sinodo dei Vescovi sui giovani.           Al termine della celebrazione canteremo l’antico inno Te Deum laudamus. È chiamato anche l’inno della Santa Trinità. È diviso in tre parti: la prima è una lode alla Santissima Trinità, la seconda un inno a Cristo, Verbo incarnato, la terza invece è tutta una serie di versetti tratti dai Salmi.    Il testo è probabilmente un insieme di pezzi che appartengono a età diverse, che vanno dal III al V secolo. Viene cantato in piedi, nei momenti più solenni della Storia, come cantico trionfale e di vittoria.          Nella terza parte si invoca la salvezza, la protezione del Signore e la misericordia sui nostri peccati e ci si affida a Dio, che è la nostra unica, vera speranza. Lo ripetiamo con fede stasera: “In te, Domine, speravi: non confundar in aeternum. Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno”. Amen. 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza