Convegno ecclesiale di Firenze

Il racconto dei delegati vicentini


La Chiesa italiana ha cominciato a muovere i suoi primi, piccoli passi sulla strada della  sinodalità. La giornata di ieri al Convegno ecclesiale di Firenze, è stata interamente dedicata ai lavori di gruppo a partire dalle cinque “vie” che guidano le riflessioni dei delegati: uscire, abitare, annunciare, educare e trasfigurare.
 
«Ho percepito molto entusiasmo girando tra i delegati, molta passione per i temi concreti che riguardano le sfide educative alla luce delle parole che martedì ci ha detto il Santo Padre – racconta il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei -. Grande è anche la gioia di trovarsi insieme. Ci sono tutte le Diocesi italiane rappresentate dai loro laici e questo dà incoraggiamento e voglia di andare avanti».
 
I lavori di gruppo rappresentano la principale “novità” del Convegno ecclesiale. I precedenti appuntamenti decennali della Chiesa italiana ci avevano abituati a interventi frontali di relatori autorevoli e competenti, ma che toglievano spazio alle esperienze vissute dalla base. Quest’anno gli organizzatori hanno preferito “rovesciare” lo schema: poche relazioni introduttive (ieri mattina ce ne sono state due, curate dal sociologo Mauro Magatti e dal teologo Giuseppe Lorizio) e tanto spazio per il confronto.
 
«Io ho lavorato sulla via del trasfigurare ed è stato molto bello confrontarsi con altri giovani. È stata un’esperienza significativa di Chiesa a 360 gradi con la consapevolezza di fondo di camminare dietro a un unico Signore che è Cristo Gesù – racconta Marco Ferrari, uno dei delegati vicentini -. È stato bello il fatto che la dei abbia dedicato un gruppo ai giovani all’interno di ciascuna delle cinque vie, in modo che la loro voce possa risuonare forte. Penso che questo aiuterà la Chiesa a camminare verso il futuro».
 
«Ci siamo interrogati su cosa significa “uscire” per una comunità, evidenziando le paure, i limiti, le difficoltà e i dubbi ma anche riconoscendo quali sono gli aspetti positivi che abbiamo fatto nelle comunità o nelle commissioni diocesane – racconta Massimo Mabilia, delegato della nostra diocesi e membro della Commissione per la pastorale sociale e del lavoro -. Abbiamo capito che occorre lavorare insieme con chi magari non condivide la nostra fede ma i nostri obiettivi e i nostri valori, senza aver paura dei conflitti ma accogliendoli e gestendoli. A partire dalle nostre comunità»
 
«Il confronto sulla via dell’educare è stato intenso e positivo, fatto di voci molto variegate e per gran parte laiche – racconta un altro delegato vicentino, Davide Viadarin -. Educare è una grande sfida, è una frontiera. Se penso ai giovani possiamo definirli i “nuovi poveri” perché si trovano a vivere dentro una realtà frammentata, senza punti di riferimento, senza adulti disposti ad interrogarsi con loro. Verso gli adulti occorre sviluppare un atteggiamento di corresponsabilità. Molte volte nella Chiesa sono trattati non “da adulti”».
 
Dai gruppi verranno ricavate le sintesi e le proposte per ciascuna delle cinque vie che verranno presentate venerdì mattina, giorno conclusivo del Convegno. «Contemporaneamente ai lavori dei delegati ci sono dei gruppi di giovani saprei in tutta Italia che sviluppano una riflessione sulle cinque vie e ci manderanno il loro resoconto, il tutto grazie alla rete e ai social network – spiega il presidente del comitato organizzatore mons. Cesare Nosiglia -. Questa iniziativa rappresenta la volontà di rendere il Convegno non un incontro chiuso ma a petto ai contributi che possono venire da tutta Italia».
 
Stamattina i lavori proseguiranno, mentre al pomeriggio i delegati visiteranno Firenze entrando in contatto con quelle esperienze di “nuovo umanesimo diffuso” nel campo della carità, dell’educazione, dell’arte e dell’annuncio del Vangelo. «La proposta base dall’invito che il Papa ci ha fatto di uscire, incontrare le persone là dove vivono», conclude Nosiglia.
 Andrea Frison, inviato a Firenze