Convivenza multiculturale: una sfida al dialogo

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    CONVIVENZA MULTICULTURALE: SFIDA AL DIALOGO prof. Stefano Allievi professore associato di sociologia presso il corso di laurea in “Scienze della comunicazione” dell’Università di Padova Vicenza, Centro “Mons. Arnoldo Onisto”, 20 novembre 2017     Il relatore è partito dalla considerazione che la mobilità umana è causa di trasformazione nella vita delle persone, con tutte le conseguenze immaginabili. Il tema della migrazione, oggi al centro del dibattito non solo politico, viene normalmente ed erroneamente letto come un problema economico e demografico, quando, in realtà, è un problema culturale, troppo spesso cavalcato, in modo opportunistico, dalle forze politiche e dai mezzi di informazione. La migrazione non è un problema economico e demografico per il fatto che, limitandoci all’Europa, il nostro continente si sta spopolando di indigeni e la prova è che entro il 2050 ci saranno cento milioni in meno di persone impiegate nel campo del lavoro. E, quindi, comprensibile che i migranti costituiscono una risorsa preziosa, poiché contribuiscono, anche in Italia, a pagare le pensioni degli italiani ritirati dal lavoro, come ha recentemente dichiarato il Presidente dell’INPS. Va altresì detto che i migranti stabilitisi nei vari paesi europei, compreso il nostro, producono il PIL, che li mantiene e che arricchisce la nazione in cui vivono. Il prof. Allievi si è, quindi, soffermato sul problema culturale legato alla migrazione, approfondendo l’argomento a partire da tre ambiti: la mobilità, la pluralità e la mixità. Oggi, parlando di mobilità, va detto che questo fenomeno caratterizza, prima di tutto, i paesi ricchi per le possibilità economiche e per il significativo abbassamento dei costi per viaggiare (vedi turismo). Però, ai nostri giorni, risulta anche più difficile spostarsi da una parte all’altra del pianeta, rispetto a 50 anni fa, a causa delle leggi di controllo sempre più restrittive e prima causa dei problemi di accoglienza (cfr. Unione europea e Stati Uniti). Il relatore ha affermato che l’irregolarità e l’illegalità presenti oggi nel settore migratorio necessita, per essere combattuta e sconfitta, di regole più chiare, regolari ed aperte, considerato anche il fatto che, mentre 30 anni or sono si potevano distinguere nettamente paesi di emigrazione e paesi di immigrazione, oggi invece tale distinzione è più difficile. Anche la regione Veneto, dove il dibattito sulla migrazione e l’accoglienza è molto sentito, è un territorio che ha vissuto, fino a non molti decenni fa, il fenomeno della migrazione in termini tali da risultare la regione con il più alto tasso di emigrati di tutta Italia. Il prof. Allievi ha poi evidenziato come la ricchezza e la disoccupazione costituiscano le cause principali della mobilità. Va detto, per amore di verità, che oggi, anche in Italia, molte persone, soprattutto giovani, scelgono di andare all’estero non perché manchi il lavoro, bensì perché non trovano quello che loro desiderano, lasciando così spazio a coloro che arrivano da altri continenti e che accettano comunque lavori rifiutati dagli autoctoni. Certe notizie diffuse dai mezzi di informazione chiedono molta attenzione e prudenza nell’essere accolte, poiché, per esempio, nonostante la crisi economica dell’ultimo decennio, nel Veneto la provincia di Verona risulta avere un tasso di disoccupazione inferiore alla Baviera e le province di Verona, Vicenza e Padova tra quelle europee con il più alto tasso di ricchezza privata. Solo una netta minoranza di persone, di giovani è costretta a migrare, per cui ciò che viene fornito dai media è, in larga parte, vuota retorica. Un’altra sottolineatura importante è riconducibile al valore monetizzabile oggi attribuito alla mobilità come problema culturale. Il relatore si è poi soffermato a riflettere sulla pluralità e la mixità, mettendo in evidenza che la pluralità risulta più chiara e viva nelle aree urbane rispetto a quelle rurali. Questo perché l’urbanizzazione favorisce la mobilità, incidendo profondamente nella vita quotidiana delle persone, nel loro incontrarsi e confrontarsi. Anche l’informatica occupa uno spazio interessante e da analizzare in questo ambito, in particolare osservando e confrontando i comportamenti dei cosiddetti “nativi digitali” con quelli degli “immigrati digitali”. Il prof. Allievi ha sottolineato anche il valore, in questo contesto, del conflitto, inteso come elemento che disegna la fisionomia della società contemporanea e risorsa importante per evitare lo scontro diretto tra soggetti, potenzialmente degenerante nella guerra. Va riconosciuto, però, che, nelle dinamiche sociali attuali, il conflitto è anche cercato e voluto da parte di gruppi precisi di persone ed è giustificato dall’interesse corporativo e dalla precomprensione nei confronti di determinati soggetti o identità sociali. Circa i modelli di accoglienza, al centro del dibattito politico e culturale, il relatore li ha bocciati, perché precostituiti e, di fatto, falliti. Oggi, ha continuato, dobbiamo prendere atto del fatto che lo sviluppo economico, specie nelle aree più sviluppate del pianeta, vede più culture incontrarsi  e confrontarsi con una normalità tipica soprattutto delle generazioni più giovani. Va riconosciuto che la realtà contemporanea è caleidoscopica e va accettata nella sua ricchezza e complessità. Concludendo, il prof. Allievi ha presentato tre tipi di identità in grado di aiutarci a decifrare e comprendere il nostro tempo: * l’identità reattiva, tipica di coloro che si chiudono nel proprio mondo e guardano alla novità con sospetto; * l’identità che accetta tutti, quella aperta, accogliente, non pregiudiziale; * l’identità proattiva, tipica di coloro che vedono nella mobilità una risorsa, un guadagno. Il relatore ha chiosato che delle tre i media evidenziano solo la prima. Infine, un breve pensiero sulle religioni, affermando che la convivenza di più fedi nello stesso territorio è segno di una diversità frutto di scelte indigene capaci di raggiungere una maggiore visibilità, allorquando dall’esterno si aggiungono altri fedeli della stessa religione. E’ anche da osservare che, in tale dinamica, è possibile lo sviluppo del sincretismo. Resta, comunque, vero che la distanza di un soggetto o gruppo dalla diversità è segno di chiusura e di rigidità.   Massimo Pozzer 

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