Corresponsabilità e/o sinodalità? – Pagina 5

Dei termini da "rigorizzare" per non essere fraintesi

 
c) ImplicazioniNe vengono evidenziate due: (a) il superamento della separazione tra chiesa docente e discente (e con ciò dello schema binario); (b) la necessità vitale della consultazione (e con ciò di una chiesa dell’ascolto).(a) Superare la separazione tra chiesa docente e discente vuol soprattutto significare l’abbandono del cosiddetto schema binario, quello che oppone a tutti i livelli l’uno ai molti: a livello parrocchiale il parroco è opposto alla comunità; a livello diocesano il vescovo è opposto alla diocesi (laici e preti); a livello universale il Papa è opposto alla chiesa nel suo insieme (vescovi, preti e laici):I modelli binari del passato non possono più portare frutti e neppure riprodursi nella nuova cultura. È necessaria ormai una diversità di ministeri e imparare insieme ad articolare la responsabilità di «tutti» e di «alcuni». In breve si tratta di mettere in opera la sinodalità fondamentale della chiesa. Questo obiettivo è nell’ordine dell’inculturazione. Suppone la ripresa di tutta una ecclesiologica designata di solito come ecclesiologia di comunione. (Legrand 2003, p. 168) La pratica più importante sarà quella di dire «noi» insieme, per cambiare la qualità stessa della nostra testimonianza, più ancorata in Dio (la forza di una comunità di fede e di speranza), e più vicina alle domande e ai linguaggi dei nostri contemporanei. Perciò occorre lasciare la struttura binaria ereditata dal passato e imparare ad ascoltarsi gli uni gli altri (e il mondo!) prima di insegnare e di decidere. A interpellarci gli uni gli altri per prendere delle responsabilità. (Legrand 2003, p. 200)A partire da sollecitazioni ecumeniche, si è iniziato da tempo a riformulare l’articolazione duale uno-tutti in direzione di quella ternaria tutti-alcuni-uno [32]. È infatti dalla buona, costante interazione tra i diversi livelli e soggetti, che prende forma la sinodalità.(b) La consultazione viene addotta quale esempio di ascolto del sensus fidei. Eppure papa Francesco sa che essa è insufficiente: non solo nel caso specifico del sinodo sulla famiglia, ma in generale. Essa rappresenta il tentativo giuridico [33] di assicurare qualcosa, che è molto più radicale e vitale: l’ascolto reciproco:Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, nella consapevolezza che ascoltare «è più che sentire». È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma: l’uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo «Spirito della verità» (Gv 14,17), per conoscere ciò che Egli «dice alle Chiese» (Ap 2,7). (Francesco 2015b)L’ascolto in questione è complesso. Non è sufficiente che sia reciproco, nel senso che ciascuno dei vari soggetti (popolo, pastori, vescovo di Roma) ha di che imparare dagli altri. Deve soprattutto essere ascolto dello Spirito santo, in obbedienza alla volontà di Dio [34].Il tema della consultazione rinvia a quello della consultività ecclesiale e nello specifico a quello della natura consultiva degli organismi di partecipazione. Al proposito è utile ribadire due cose.Da una parte la consultività rappresenta non già la forma ordinaria della procedura decisionale, bensì una sorta di minimo giuridico, atto a garantire di non varcare mai un punto critico, quello di chi agisce e decide prescindendo totalmente da ogni forma di ascolto. Questa nozione, in altre parole, non vorrebbe anzitutto indicare il limite massimo, oltre il quale il popolo di Dio non deve spingere il proprio giudizio; ma segnalare la soglia minima, sotto la quale il pastore non deve mai scendere, prima di prendere una decisione che riguarda tutti.D’altra parte, per quanto il nucleo della consultività venga generalmente individuato nella doverosa libertà, spettante al ministro ordinato competente, di decidere in vista di ciò che ritiene essere in coscienza la volontà di Dio in un preciso momento, la consultività richiama invero a ben altro, cioè al diritto/dovere da parte del fedele laico di manifestare la propria opinione (LG 37), contribuendo con ciò alla edificazione della chiesa [35].2. LA SINODALITÀ È CORNICE INTERPRETATIVA DEL MINISTERO GERARCHICOLa seconda sottolineatura mette a fuoco il tema delicato del rapporto tra sinodalità e ministero gerarchico. L’intuizione-chiave è che è la sinodalità a fornire la cornice interpretativa di tale ministero. Con ciò si prendono le distanze da chi pensa che nella chiesa si abbia a che fare con due principi diversi, quello gerarchico e quello sinodale [36]. V’è invece un unico principio, quello sinodale, al cui servizio sta il ministero gerarchico/ordinato.L’immagine della piramide rovesciata è eloquente:Ma in questa Chiesa, come in una piramide capovolta, il vertice si trova al di sotto della base. Per questo coloro che esercitano l’autorità si chiamano “ministri”: perché, secondo il significato originario della parola, sono i più piccoli tra tutti. È servendo il Popolo di Dio che ciascun Vescovo diviene, per la porzione del Gregge a lui affidata, vicarius Christi (…). (Francesco 2015b)Che la sinodalità sia la cornice interpretativa del ministero gerarchico, significa che questo trova il proprio senso e la propria autorità, come pure i propri limiti, nel servizio reso al camminare-insieme sulla via di Dio. Il ministero ordinato è insomma funzionale al camminare-insieme. Non però al camminare-insieme dei laici, ma al comune camminare insieme di tutti nella edificazione del Regno di Dio.a) Sacerdozio comune e sacerdozio ministerialeL’idea, che il sacerdozio ministeriale sia semplicemente a servizio del sacerdozio comune, può a mio avviso peccare di funzionalismo:La scelta di trasportare di peso la formula «essentia et non gradu tantum» da Pio XII a LG 10 non è stata molto felice, dato il senso attenuato del sacerdozio comune che essa veicolava; nell’uso conciliare, tuttavia, è chiaro come la formula di Pio XII indichi che il sacerdozio ministeriale rappresenta non un’intensificazione di quello comune, bensì un ausilio per la realizzazione di esso; mentre dunque il sacerdozio comune è nell’ordine dei fini, rappresentando la realizzazione del proprio battesimo e della vita cristiana nella carità, quello ministeriale è nell’ordine dei mezzi, costituendo uno strumento posto a servizio del sacerdozio comune. Questa interpretazione è riproposta autorevolmente dal Catechismo della chiesa cattolica:“Mentre il sacerdozio comune dei fedeli si realizza nello sviluppo della grazia battesimale – vita di fede, di speranza e di carità, vita secondo lo Spirito – il sacerdozio ministeriale è al servizio del sacerdozio comune, è relativo allo sviluppo della grazia battesimale di tutti i cristiani. È uno dei mezzi con i quali Cristo continua a costruire e a guidare la sua chiesa. Proprio per questo motivo viene trasmesso mediante un sacramento specifico, il sacramento dell’Ordine (n. 1547)”. (Castellucci 2003, p. 56)A proposito del rapporto tra sacerdozio comune e ministeriale, il dettato conciliare ha di che apparire più cauto. In LG 10 viene infatti suggerita una prospettiva di comprensione, che merita di essere ripresa e ulteriormente riflettuta:Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l’uno all’altro; infatti l’uno e l’altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano all’unico sacerdozio di Cristo. (LG 10)Partecipando all’unico sacerdozio di Cristo, quello comune e quello ministeriale sono ordinati l’uno all’altro, fatta salva la differenza specifica. Sostenere che sono ordinati l’uno all’altro significa pensarli entro una relazione di reciprocità, che è altra cosa rispetto alla relazione di finalità-strumentalità: entrambi, in regime di correlazione, servono all’edificazione della chiesa in qualità di popolo di Dio che cammina insieme. Ebbene, è precisamente tale cammino-comune a dettare le possibilità, le doverosità e i limiti tanto del sacerdozio battesimale quanto di quello gerarchico.  

[32] «Questa griglia di lettura [uno-alcuni-tutti] è ispirata dal dialogo ecumenico e specificamente da quanto raccomandato dal testo di FEDE E COSTITUZIONE, Battesimo, Eucaristia, Ministero, Lima 1982, nn. 26-27: «Il ministero ordinato dovrebbe essere esercitato in modo personale, collegiale e comunitario […]; il ministero ordinato dev’essere strutturato costituzionalmente o canonicamente, ed esercitato nella Chiesa in modo che ciascuna di queste tre dimensioni possa trovare espressione adeguata»» (Battocchio e Noceti 2007, 305 nota 23).
[33] Circa la natura della consultività ecclesiale, cfr.: Coccopalmerio 2000.
[34] Nella relazione commemorativa del card. Christoph Schönborn – in occasione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi – che indica il concilio di Gerusalemme quale modello per il metodo del Sinodo, si legge: «In sintesi: Pietro riferisce quello che Dio stesso ha fatto e in tal modo deciso. Il metodo che Pietro usa consiste nel raccontare le azioni di Dio. Possiamo anche dire: egli riferisce ciò che ha sperimentato come agire di Dio. Da ciò egli tira le conseguenze. Non si tratta del risultato di una riflessione teologica, ma di attenta osservazione e di ascolto dell’agire di Dio» (Schönborn 2015).
[35] «Non si può però leggere il § 3 del can. 212 pensando solo a questi organismi [consigli presbiterale, pastorale diocesano e parrocchiale]. Con esso, infatti, il Codice apre un vasto orizzonte: ogniqualvolta il fedele vede l’opportunità e l’utilità o più ancora la necessità di esprimere il suo pensiero intorno a una questione che riguarda la vita della Chiesa, ha diritto e dovere di farlo; ha diritto, cioè, di trovare ascolto attento e seria considerazione presso coloro che «presiedono nella Chiesa, ai quali spetta specialmente, non di estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e ritenere ciò che è buono» (LG 12b)» (Vanzetto 2000, p. 34).
[36] Suggerisce qualcosa del genere Bernard Franck, offrendo una rilettura delle esperienze sinodali nazionali postconciliare in Europa (Franck 1992, p. 130).

 

Pagina 1 – 2 – 3 – 4 – 5 – 6 – BibliografiaScarica il testo in formato PDF