Costruire il presepe a casa o a scuola

Il valore spirituale e culturale di una tradizione che si rinnova

 
 V’è un ricordo ben impresso nella mia memoria: il giorno della Vigilia di Natale, mamma scendeva in cantina, recuperava una scatola verde smeraldo, retaggio di feste passate, che ai nostri occhi bambini appariva come lo scrigno delle cose straordinarie, e allestiva con semplice cura il presepe contenutovi. Era il segno evidente che il Bambino sarebbe giunto nella nostra casa. Oggi, come allora, si ripetono i riti e, mentre preparo con le mie figlie il luogo dove allestire il presepio, comprendo, in modo nuovo, il significato dei vari personaggi che lo arricchiscono.

Non mancano mai i pastori, ognuno con pose e atteggiamenti differenti. C’è chi è intento nel proprio lavoro, a volte con smorfie di fatica: è tanta la preoccupazione per la contingenza e le necessità del quotidiano che è troppo difficile accorgersi dell’evento straordinario compiutosi a Betlemme. Ma Dio nasce ugualmente… Ci sono, poi, coloro che alzano lo sguardo al cielo, nel tentativo di cogliere le novità all’orizzonte: sono uomini e donne capaci di stupirsi di fronte al manifestarsi gratuito di Dio nella Storia. E poi alcuni corrono alla grotta, per portare al Bambino quanto hanno, o meglio, ciò che sono. Infine, tra chi suona e prega, c’è pure il pastore dormiente: Dio nasce anche per lui, anche per noi, tra indifferenza e sopita tranquillità! Vegliano, suonano, lavorano, dormono i pastori: i tempi della vita sono sempre gli stessi, ma a Natale può cambiare il modo di comprenderli. Tra le statuine ci sono il bue e l’asinello: di loro non si parla nei Vangeli, ma considerato il fatto che Gesù era nato in un caravanserraglio, è probabile che qualche animale fosse presente. Fra le prime figurine del presepe fin dal IV sec. d.C., ricordano a tutti noi il compimento di quanto annunciato dal profeta Isaia: «Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende» (Is 1,3). Questi due animali domestici, che con l’uomo intessono relazioni di interesse (la greppia), offrono una lezione sapienziale: possiamo entrare in relazione con Dio solo se lo riconosciamo partecipe della nostra esistenza, a volte faticosa (il bue) e ostinata (l’asino), ma pur sempre vita. Ma alcune statuine, di strada, ne compiono veramente tanta: sono i magi. La loro storia ha sempre colpito la pietà popolare: il loro numero nella tradizione è diventato “tre”, secondo i doni che offrirono. Non solo sapienti, ma pure re, via, via con il tempo sono venuti a rappresentare tutta l’umanità, nelle varie età ed etnie (richiamo ai ceppi legati a Sem, Cam e Jafet, i figli di Noè). I magi ci ricordano che fede e ragione non sono due polarità in contrasto, anzi l’una richiede l’altra: infatti, spinti in cammino dalle proprie conoscenze, trovano il Bambino grazie alla Parola, rivelata loro persino da Erode il Grande! E così possono schiudere i doni, che testimoniano la singolarità del Bambino di cui hanno visto spuntare la stella: oro, perché re; incenso, per la sua divinità; mirra, con cui ungere e profumare, più avanti, il corpo crocifisso. Nel cuore del presepe vi è la Famiglia, con un padre, una madre e il figlio. Giuseppe, spesse volte raffigurato vigile, attento e sempre pronto a ripartire, ricorda a tutti noi come la paternità richieda il coraggio della scelta, anche se non tutto è chiaro o secondo le proprie aspettative. Maria, inginocchiata e orante, ma fresca di parto ci invita a non aver paura, a lasciarci svuotare per riempire di pienezza nuova, quella di Dio. E il Bambino? Non è piccolo, ma già svezzato e con le braccia aperte, impossibilitate quasi a chiudersi… unica misura possibile per l’amore autentico. Nessun presepio è pura riproduzione plastica di quanto avvenuto in Palestina più di 2000 anni fa, ma sempre lieto annuncio di come Dio si incarni dentro la storia: quella ordinaria delle case o variegata delle parrocchie; quella fragile e bisognosa di riscatto del carcere o in formazione e tesa al futuro delle scuole. Un mistero, quello del Natale, che ci invita ad ampliare l’orizzonte, a non avere paura della diversità, perché ogni popolo e ogni nazione trovano posto accanto a Gesù. Così come il creato, che con la Stella, le pecore, i cammelli e qualche asinello sembra indicarci dove posare lo sguardo incerto e distratto: una mangiatoia, le fasce, il Bambino. Osservo il presepe che prende corpo sulla mensola della cucina, il cielo di carta da srotolare e il muschio messo da parte per le montagne: mi rendo conto che forse è la più bella catechesi che si rinnova – tutti gli anni – tra le mura di casa, segno che a Natale è possibile trovare Gesù «e, con Lui, il bandolo della nostra esistenza redenta, la festa di vivere, il gusto dell’essenziale, il sapore delle cose semplici, la gioia del dialogo, il piacere della collaborazione, la voglia dell’impegno storico, la tenerezza della preghiera» Davide Viadarin  Tempo di Avvento, tempo di presepe anche nelle scuole. Molto probabilmente non in tutte, ma di certo alla scuola primaria statale “Ghirotti” di Creazzo. A seguire gli alunni nella sua realizzazione Graziella Gallo, da oltre 25 anni insegnante dell’istituto di via Alcide De Gasperi. «Da sempre cerco di coinvolgere i miei ragazzi in questa attività che reputo importantissima – dice la Gallo, che quest’anno segue le classi quinte con circa una quarantina di bambini -. Cerco di rendere partecipi anche quanti non sono cristiani con l’obiettivo di far capire loro l’aspetto culturale del Natale, le sue origini e le tradizioni. Ovviamente con delle piccole accortezze per non far sentire nessuno a disagio nei confronti degli altri». E già dai primi di dicembre nella scuola di Creazzo si possono ammirare le scene principali del presepe, realizzate sulle vetrate del salone d’ingresso. «È un lavoro fatto dai bambini durante le ore di religione e di immagine – prosegue la Gallo -. Agli alunni non cristiani non ho chiesto di realizzare il bambinello o Maria, ma le pecore o i pastori ad esempio. È un modo per renderli consapevoli di ciò che accade attorno a loro in questo periodo». Una tradizione quella del presepe particolarmente sentita anche nella scuola paritaria “Angelico Melotto” di Chiampo, dove da circa una decina d’anni gli studenti sono invitati a realizzare il presepe a casa per poi presentarlo in classe. «Ogni anno affidiamo ai nostri studenti delle classi medie un tema da sviluppare attorno alla Natività – spiega padre Damiano Baschirotto -. Quest’anno abbiamo proposto i 150 anni di presenza dei frati francescani a Chiampo e i ragazzi hanno realizzato dei piccoli capolavori». Non una scelta casuale, poi, quella di chiedere agli alunni di realizzare il presepe a casa e non a scuola. «Ognuno di loro domanderà a genitori e familiari una mano – dice padre Damiano – e così si potrà creare un’ulteriore occasione di comunione con i propri cari in preparazione al Natale.Lorenza Zago