Domenica delle Palme

La riflessione di Suor Guglielmina per entrare nel mistero della Settimana Santa

 
L’Evangelista Luca pone all’inizio del suo Vangelo il progetto del Padre e fin dall’inizio del suo cammino il Signore Gesù è risoluto: “Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, si diresse decisamente verso Gerusalemme”. Lc 9, 53 La Santa Madre Chiesa ancora agli inizi dell’anno liturgico, nel giorno dell’Epifania canta l’annucio pasquale con queste parole:  “Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno. Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo il mistero della salvezza. Centro di tutto l’anno liturgico è il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culminerà nella domenica di Pasqua il 16 aprile 2017.  Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi.” La Domenica delle Palme 9 aprile. A noi è dato di conoscere ciò che il Signore compie in questo giorno santo, nei gesti, nella preghiera, negli insegnamenti, nella liturgia. Ed ecco, quasi una composizione di luogo. Ecco i pensieri, i sentimenti, le espressioni, che aiutano alla partecipazione solenne e grave del mistero che viviamo in questo santissimo giorno. I fedeli sono radunati in una chiesa succursale o in altro luogo; portano in mano i rami di ulivo o di palma. Il sacerdote saluta i presenti e poi illustra il significato dei gesti che stanno  per compiere e li invita a una partecipazione attiva e consapevole: “Fratelli carissimi, questa assemblea liturgica è preludio alla Pasqua del Signore, alla quale ci stiamo preparando con la penitenza e con le opere di carità fin dall’inizio della Quaresima. Gesù entra in Gerusalemme per dare compimento al mistero della sua morte e risurrezione. Accompagniamo con fede e devozione il nostro Salvatore nel suo ingresso nella città santa, e chiediamo la grazia di seguirlo fino alla croce, per essere partecipi della sua risurrezione. Preghiamo. Dio onnipotente ed eterno, benedici questi rami [di ulivo], e concedi a noi tuoi fedeli, che accompagniamo esultanti il Cristo, nostro Re e Signore, di giungere con lui alla Gerusalemme del cielo. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. Accresci, o Dio, la fede di chi spera in te, e concedi a noi tuoi fedeli, che rechiamo questi rami in onore di Cristo trionfante, di rimanere uniti a lui, per portare frutti di opere buone”. Tutto l’impegno quaresimale di penitenza e di conversione, in questa domenica viene focalizzato attorno al momento cruciale del mistero di Cristo e della vita cristiana: la croce come obbedienza al Padre e solidarietà con gli uomini, la sofferenza del Servo del Signore inseparabilmente congiunta alla gloria. La strada che Gesù intraprende per salvare, si pone in contrasto con ogni più ragionevole attesa perché egli sceglie non la forza e la ricchezza, ma la debolezza e la povertà. Il compendio della celebrazione odierna è offerto già nelle parole con le quali la Santa Chiesa ha introdotto la processione delle Palme. I fedeli cantano: “Osanna al Figlio di Davide. Benedetto colui che viene nel nome del Signore:  è il Re d’Israele. Osanna nell’alto dei cieli”. Sostiamo un istante e meditiamo i pensieri di S. Andrea di Creta per entrare nella comprensione, nel significato della processione di questo giorno. “Venite, e saliamo insieme sul monte degli Ulivi, e andiamo incontro a Cristo che oggi ritorna da Betània e si avvicina spontaneamente alla venerabile e beata passione, per compiere il mistero della nostra salvezza. Viene di sua spontanea volontà verso Gerusalemme. (…) Venne non per conquistare la gloria, non nello sfarzo e nella spettacolarità, «Non contenderà», dice, «né griderà, né si udrà sulle piazze la sua voce» (Mt 12, 19). Sarà mansueto e umile, ed entrerà con un vestito dimesso e in condizione di povertà. Corriamo anche noi insieme a colui che si affretta verso la passione, e imitiamo coloro che gli andarono incontro. Non però per stendere davanti a lui lungo il suo cammino rami d’olivo o di palme, tappeti o altre cose del genere, ma come per stendere in umile prostrazione e in profonda adorazione dinanzi ai suoi piedi le nostre persone. Accogliamo così il Verbo di Dio che avanza e riceviamo in noi stessi quel Dio che nessun luogo può contenere. Egli, che è la mansuetudine stessa, gode di venire a noi mansueto. Sale, per così dire, sopra il crepuscolo del nostro orgoglio, o meglio entra nell’ombra della nostra infinita bassezza, si fa nostro intimo, diventa uno di noi per sollevarci e ricondurci a sé. Egli salì verso oriente sopra i cieli dei cieli (cfr. Sal 67, 34) cioè al culmine della gloria e del suo trionfo divino, come principio e anticipazione della nostra condizione futura. Tuttavia non abbandona il genere umano perché lo ama, perché vuole sublimare con sé la natura umana, innalzandola dalle bassezze della terra verso la gloria. Stendiamo, dunque, umilmente innanzi a Cristo noi stessi, piuttosto che le tuniche o i rami inanimati e le verdi fronde che rallegrano gli occhi solo per poche ore e sono destinate a perdere, con la linfa, anche il loro verde. Stendiamo noi stessi rivestiti della sua grazia, o meglio, di tutto lui stesso, poiché quanti siamo stati battezzati in Cristo, ci siamo rivestiti di Cristo (cfr. Gal 3, 27) e prostriamoci ai suoi piedi come tuniche distese. Per il peccato eravamo prima di un rosso come scarlatto, poi in virtù del lavacro battesimale della salvezza, siamo arrivati al candore della lana per poter offrire al vincitore della morte non più semplici rami di palma, ma trofei di vittoria. Agitando i rami spirituali dell’anima, anche noi ogni giorno, assieme ai fanciulli, acclamiamo santamente: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele». Suor Guglielmina Ugo