Don Giovanni Casarotto nuovo direttore dell’Ufficio per la evangelizzazione e catechesi



Cambio della guardia all’Ufficio diocesano per l’Evangelizzazione e la Catechesi. Nel ringraziare mons. Antonio Bollin per gli otto anni di servizio in questo delicato incarico, il Vescovo mons. Beniamino Pizziol ha annunciato la nomina a nuovo direttore dell’Ufficio di don Giovanni Casarotto.

Classe 1981, originario di Caldogno, dopo l’Ordinazione nel 2006 don Giovanni era stato quattro anni in parrocchia come cappellano nell’unità pastorale di SS. Trinità di Angarano a Bassano. Poi, dopo tre anni a Roma per conseguire una laurea specialistica (licenza) all’Università Salesiana (UPS) in pastorale giovanile e catechetica, ha vissuto dal 2013 a Louvain-la-Neuve in Belgio per un dottorato in teologia che è in fase conclusiva.

Vive in canonica a S. Antonio ai Ferrovieri in Vicenza con d. Paolo Traverso e d. Enrico Massignani per collaborare con l’unità pastorale S. Antonio – S. Giorgio – S. Agostino. «Questi impegni di studio – ci spiega – preparavano alla responsabilità che oggi si è concretizzata in quello che il vescovo Beniamino mi ha affidato».

Con che spirito assume la responsabilità dell’Ufficio per l’evangelizzazione e la catechesi?

  «Potrei dire con l’entusiasmo dell’inizio. Ci sono indubbiamente molti fronti che si aprono, nella consapevolezza che non ci sono né soluzioni né ricette giuste, ma un cammino da condividere insieme. Ho il desiderio di inserirmi in ciò che esiste, di vedere, di capire, di conoscere. ».

Se qualcuno le chiede cosa fa l’Ufficio per l’evangelizzazione e la catechesi cosa risponde?

  «In sintesi direi osservare, formare, accompagnare e progettare in un lavoro di équipe. Si tratta di un lavoro che s’inserisce in un solco di Chiesa diocesana e di un’esperienza che ha già maturato molte cose buone, con un’équipe diocesana che già esiste e che desidero valorizzare e rafforzare. Sono io l’ultimo ad arrivare e a dovermi inserire in tutto ciò che si vive nelle parrocchie, nei vicariati, nei percorsi di formazione, ecc.».

Quali le priorità che si immagina?

  «Al centro c’è l’annuncio del Vangelo nel nostro tempo, annuncio che è nel Dna dei cristiani. Tutto l’impegno e il fare delle comunità è per l’annuncio. E il Vangelo chiede di essere vissuto concretamente: solo allora posso pensare di portarlo agli altri. Qui dentro c’è l’attenzione agli adulti, a quelli che non frequentano, ma avevano già incontrato il Vangelo e a chi invece proprio non lo conosce.

Anche per questo il Vescovo ci chiede un lavoro dislocato, in giro per la Diocesi. Per far tutto questo dovremo continuare il lavoro di formazione degli operatori pastorali e aiutare a far passare l’idea che l’annuncio tocca lo stile di una comunità».

Questo annunciare avviene in un contesto di minoranza. Che ripercussioni ha concretamente?

  «A tale riguardo mi è utile l’esperienza in Belgio: lì la Chiesa è davvero minoranza. Da noi abbiamo la percezione di essere minoranza ma non lo viviamo ancora, ci comportiamo ancora come se fossimo noi al centro, ad attendere, cioè, che gli altri vengano a chiederci perché non vengono più in Chiesa. Dobbiamo ancora lavorare per annunciare il Vangelo a tutti con gioia, senza attendere risultati.

Dobbiamo evangelizzare la domanda che c’è e che magari non è esplicita. L’annuncio deve accompagnarsi alla testimonianza altrimenti è solo un’idea. La sfida che abbiamo davanti è il primo e il secondo annuncio della fede … per noi credenti innanzitutto».

Diceva in cammino con la Chiesa diocesana. Come?

  «Si proseguirà nella catechesi lungo la strada tracciata con “Cristiani si diventa” e ora con “Generare alla vita di fede” e lo faremo con le altre realtà della nostra Chiesa dalla pastorale giovanile e quella della famiglia, solo per fare due esempi. È essenziale, evidentemente la sfida educativa che questo tempo ci pone».

Cosa intende?

  «La Chiesa spende molte energie da sempre nell’educazione che  è una forma di carità. Ciò significa dare il meglio, ciò che per noi è più prezioso … l’incontro con Gesù Cristo perché anche altri possano vivere di questo bene. Le scelte e le iniziative che insieme porteremo avanti dovranno andare in questa prospettiva».

 Lauro Paoletto

 
Articolo da La Voce dei Berici di questa settimana