Droghe leggere: i giovani sanno che è un’altra “fregatura” degli adulti

Riflessioni di un'insegnante

Scorrendo i titoli dei quotidiani in questi ultimi giorni, mi è parso di fare un salto nel passato. Tra il 1995 e il 2000, i sostenitori della legalizzazione delle droghe leggere si erano già fatti notare attraverso un rumoroso attivismo nei confronti del Parlamento italiano. A sostegno delle proprie richieste, la certezza che così facendo si sarebbero sottratti introiti alle mafie, che i ragazzi non sarebbero più entrati in contatto con gente pericolosa, che l’alcol, venduto a tutti, era ben più pericoloso della marijuana.

Già all’epoca, i miei studenti chiedevano di discuterne in classe, ritenendola una proposta che avrebbe fatto diventare più moderno e civile il nostro Paese. Di conseguenza, chi non accettava la legalizzazione, era considerato un troglodita. Osservando i ragazzi, a volte scavando nella loro vita personale, e raccogliendo materiale e pareri pro e contro la liberalizzazione, formulati da chi opera direttamente sul campo e quindi sa di che parla, mi sono fatta alcune semplici convinzioni.

Anzitutto, liberalizzando le droghe leggere, lo Stato affermerebbe il diritto a drogarsi e non, come dovrebbe fare un buon governo, il diritto a non drogarsi. E così, gli adulti proclamano ufficialmente di aver rinunciato a far sì che i giovani trovino una propria sana affermazione nel quotidiano, quel giusto protagonismo che eviterà loro di diventare eroi negativi della droga o dell’emarginazione. I ragazzi, in fondo, anche allora coglievano pienamente questo aspetto “politico”, tanto che lo avvertivano come un tradimento da parte di chi invece avrebbe dovuto sostenerli.  Mi divertivo poi, a chiedere loro come si sarebbe dovuto fare per stabilire un’età adeguata, raggiunta la quale si avrebbe avuto il diritto di comperare e ritirare droghe leggere. E come si sarebbe dovuto fare, poi, per evitare che chi aveva l’età, comperasse la droga per rivenderla, ad un prezzo maggiorato ovviamente, a chi l’età non ce l’aveva? Panico tra i liberalizzatori.

Ascoltando tante storie di ragazzi, incontrando le loro famiglie, mi sono convinta quanto la liberalizzazione sia diventata la pedagogia della resa, alimentata da un certo cinismo che sta entrando nella nostra società. C’è la prostituzione? Creiamo le case chiuse. I ragazzi si drogano? Diamo loro la droga. Gli sposi si stancano? C’è il divorzio, presto anche quello breve. Sappiamo che gli adolescenti hanno grosse difficoltà nell’autocontrollo e sentire la necessità di sostanze stupefacenti significa già provare dei disagi. Il ragazzo, per sua natura, è spesso portatore di tensioni e rimane fortemente a rischio: le droghe irretiscono e bloccano il suo sviluppo psichico.

Vittorino Andreoli è sempre stato dell’idea che di leggere, nelle droghe, ci siano solo le opinioni a favore. “Come si fa a decidere quali sono le droghe leggere – si chiede lo psichiatra veronese – senza tener conto della personalità di ogni singolo assuntore?  Essa dipende dall’età del soggetto, se in ansia o in depressione, se fragile o capace di adattarsi all’ambiente in cui vive. Se questi sono i parametri da prendere in considerazione per valutare l’effetto, come si fa a parlare di leggero o di pesante?”.

Vincenzo Balestra, primario di psichiatra a Vicenza nonché responsabile del SERT, sempre molto disponibile ad incontrare e a parlare nelle scuole di queste tematiche, non si stanca mai di ripetere che l’uso prolungato di cannabis crea dipendenza, e che la ricerca della gioia interiore non ha a che fare, solo, col piacere ma soprattutto con il “senso della vita” e con la qualità delle relazioni. La vera soddisfazione è correlata molto più agli affetti e ai sentimenti che alle percezioni e alle stimolazioni sensoriali e psichiche. Da qui, dunque, discende che la genesi di tanti successi adolescenziali o di tanti malesseri, anticamera di fughe verso paradisi “leggeri”, sono le relazioni affettive che le famiglie sanno vivere e testimoniare. Quanti sono invece i fallimenti di coppia, i tanti pasticci in cui si cacciano i genitori, che generano figli insicuri, bisognosi di certezze che possono arrivare più facilmente da atteggiamenti spavaldi o, per chi preferisce la fuga, dallo stordimento del fumo? (Per inciso: che pena vedere ragazzi, spesso minorenni, alle 7,30 del mattino, prima di entrare in classe, stordirsi con una sigaretta anche molto pesante, ovviamente regolare, ovviamente legalizzata…).

In questi giorni, naturalmente, altri miei alunni, a distanza di 20 anni, ritornano sul tema del fumo libero, ma i loro sguardi dicono molto più delle loro parole. Sono sospettosi di noi adulti, di noi che abbiamo preparato loro una società con una disoccupazione giovanile prossima al 50% e, mi pare, ci rimproverano la pochezza delle nostre proposte educative, il perbenismo delle nostre scorciatoie verso la ricerca di una realizzazione che stiamo negando loro. Per fortuna, la stragrande maggioranza dei nostri giovani (grazie alle loro famiglie) non si fida di certe mode consunte degli adulti, si rimbocca le maniche e non si lascia irretire dalle nostre insidiose liberalizzazioni. Affrontano la fatica e il disagio con strategie autentiche, che aiutano a vivere la vita reale, a mantenere e migliorare le relazioni con gli altri, a portare a termine progetti, impegni, compiti che la vita pone. Strategie che rendono capaci di raggiungere autonomia e libertà vere. Non hanno bisogno di liberalizzazioni: ce la fanno da soli.


Mariagrazia Vignaga
Insegnante