Due anni con papa Francesco. Enzo Bianchi racconta l’umanità e la forza dei gesti e delle parole del Vescovo di Roma

 
«Papa Francesco è davvero profezia per la Chiesa e per il mondo». A sottolinearlo con forza è Enzo Bianchi, priore di Bose, nei giorni scorsi ospite a Venezia.

Quali sono i gesti o le parole di profezia di Papa Francesco che più l’hanno colpita in questi due anni?
«Sono rimasto molto colpito dal fatto che abbia incontrato più volte il Patriarca di Costantinopoli e addirittura si sia fatto benedire da lui, chiamandolo “mio fratello”. Questo è un gesto molto importante per la Chiesa, per le relazioni fra le Chiese, per l’ecumenismo. A livello, poi, di ciò che può significare per il mondo, penso al suo intervento contro la guerra in Siria e a quello per la pacificazione fra Stati Uniti e Cuba. Sono entrambi atti che mostrano come questo papato, senza entrare in politica, vuole dare un messaggio capace di muovere i governanti di questo mondo».

Gli atti e le parole del Papa hanno una rilevanza mediatica forte: perché secondo lei?
«Perché sono imprevisti, inconsueti, inediti».
 
Però qualcuno, nella Chiesa, rimane ancora stupito, a volte perfino perplesso.
«C’è indubbiamente un certo numero di persone, anche all’interno della Chiesa, che non riescono a capire Papa Francesco e diventano critiche, arrivando al disprezzo. Ci sono settori che resistono in maniera molto forte ad alcuni suoi ambiti di intervento, come quello della riforma di tutta la Chiesa. E ci sono quelli che non riescono a capirlo perché dicono che viene dalle periferie del mondo».

Ma qual è la ragione di fondo di gesti e parole profetici o scandalosi, a seconda di come li si veda?
«La ragione di fondo è la volontà di Papa Francesco di incontrare l’uomo, l’umanità in qualsiasi situazione l’umanità sia. Che sia un’umanità nel peccato, che sia di scarto, che sia di condizione infima, che sia quella che nessuno vuole guardare, lui invece vuole guardarla e anche abbracciarla. Abbiamo visto che ha avuto anche il coraggio di un abbraccio con una persona dal volto devastato: è la cifra di quello che Francesco vuole. Pur di incontrare ogni uomo e abbracciarlo, infrange ogni muro, abbatte ogni barriera e non tiene conto delle linee prudenziali che tante volte la Chiesa ha tracciato nella sua storia».

Riforma della Chiesa, tema della famiglia e della morale sessuale, ruolo della donna e dei laici nella Chiesa: dove si aspetta un prossimo gesto di profezia del Papa?
«Credo che la riforma della Chiesa sia un tema importante, ma so anche – perché sono un cattolico che conosce la storia – che è dal 1300 che si parla di riforma della Chiesa, a stagioni alterne. Di questa riforma ci sono sempre stati solo degli assaggi, delle accennate primavere, come con papa Giovanni e con il Concilio. Credo che la Chiesa resti semplicemente un’umanità radunata attorno alla fede, un’umanità con tutti i propri limiti. Quanto a famiglia e morale sessuale, credo che il Papa non cambierà nulla, né dottrina né teologia, perché l’annuncio cristiano su questi temi sta nei Vangeli e sta sulla bocca di Gesù. Credo però che il Papa voglia un atteggiamento pastorale più misericordioso. E certamente questo desiderio darà i suoi frutti, anche con il Sinodo che si celebrerà, perché c’è davvero bisogno che la Chiesa guardi a questo povero mondo con uno sguardo di misericordia».
 
La riforma della Curia, infine?
«Credo che in qualche misura ci sarà, ma non dobbiamo attenderci troppo, perché è una riforma innanzitutto della mente, dei cuori e degli atteggiamenti di chi opera nella Curia. E si sa bene che queste sono operazioni a lungo termine e che richiedono una lunga elaborazione interiore circa lo stare nella Chiesa e l’essere ecclesiastici».

Giorgio Malavasi
 
Articolo pubblicato sulla Voce dei Berici di questa settimana