“E’ per me fonte di gioia e di consolazione la disponibilità di molti confratelli presbiteri ad assumere un nuovo incarico pastorale”

La lettera con cui il Vescovo ha accompagnato la comunicazione delle nomine nel Clero diocesano

 
Desidero ringraziare, prima di tutto, i sacerdoti e i diaconi per la dedizione e la passione con cui svolgono il loro ministero, insieme all’intero popolo di Dio, in uno spirito di comunione e di corresponsabilità, con uno stile di sinodalità a servizio dell’annuncio missionario del Vangelo di Cristo. Li ringrazio anche per la cordiale, anche se a volte faticosa, disponibilità al trasferimento in altre comunità parrocchiali o in altri compiti pastorali, in nome di un servizio pieno e generoso alla nostra Chiesa vicentina, memori della promessa di filiale rispetto e obbedienza fatta nel giorno dell’ordinazione. I numerosi trasferimenti dei presbiteri in vista del nuovo anno pastorale sono dovuti a molteplici fattori che hanno concorso a creare una situazione nuova, imprevista, ma che insieme ai miei collaboratori ho dovuto affrontare con realismo e concretezza.
Nel corso dell’anno pastorale 2015-2016 sono morti tre sacerdoti ancora in servizio attivo nelle loro rispettive parrocchie, tre parroci hanno riconsegnato il mandato, per seri motivi, prima del compimento dei 75 anni; 33 parroci sono attualmente in servizio pastorale anche se hanno superato i 75 anni. A questa situazione straordinaria abbiamo dovuto rispondere attraverso la costituzione di nuove Unità pastorali, assegnandole alla guida di una piccola comunità di presbiteri che vivono insieme, condividendo il tempo della preghiera, del dialogo, della programmazione pastorale e della convivenza fraterna. 
 
È stato per me fonte di consolazione e di gioia constatare in molti confratelli presbiteri la disponibilità ad assumere, con serenità e generosità, un nuovo incarico pastorale, lasciando con senso di responsabilità e libertà evangelica il compito fin qui svolto. 
Chiedo con dolce fermezza alle comunità cristiane di accogliere e di accompagnare, con vivo senso di comunione e di corresponsabilità, questi cambiamenti senza cercare di “trattenere” il sacerdote, anche se umanamente è comprensibile la sofferenza di doversi separare dalla persona del parroco o del cappellano, con cui si è condiviso un tratto significativo di strada. Hanno sofferto gli apostoli e i discepoli nel distacco da Gesù, alla conclusione della sua vita terrena in mezzo a noi (Lc 14, 50), e così pure gli anziani della Chiesa di Efeso nel congedo da Paolo in partenza per Gerusalemme (Atti 21, 36-37).
 
Come ben voi sapete, oggi non è più possibile assicurare la presenza di un parroco in ogni singola parrocchia, come nei tempi in cui i sacerdoti erano in abbondanza. 
È necessario formare delle piccole comunità sacerdotali che si prendono cura di più parrocchie che noi chiamiamo Unità pastorali. 
Sappiamo, per esperienza diretta, che anche le parrocchie più grandi e meglio organizzate non riescono a raggiungere tutti quegli ambiti che per loro natura oltrepassano i confini geografici: la scuola, l’università, la cultura, il lavoro, la salute, le comunicazioni. Le parrocchie di conseguenza, non possono più pensare di agire da sole: è necessaria una “pastorale integrata”, attraverso la quale, nell’unità della Diocesi e abbondonando ogni pretesa di autosufficienza, esse si collegano tra loro, esprimendo ogni carisma e ministero, valorizzando sia la vita consacrata che i laici, le associazioni come i nuovi movimenti ecclesiali.
 
Le parrocchie e le Unità pastorali devono superare il rischio delle chiusure, del ripiego sull’esistente, dell’autoreferenzialità. Esse sono chiamate a essere missionarie. 
Per essere missionarie hanno bisogno di laici che si sentano tutti responsabili dell’annuncio del Vangelo, di preti più pronti alla collaborazione nell’unico presbiterio, di diaconi disponibili a testimoniare la “carità di Cristo” anche nelle contrade e negli angoli più lontani e più nascosti del territorio della nostra Diocesi, di consacrati e consacrate che sanno manifestare, con dedizione e passione, la chiamata radicale a essere segno di Cristo povero, casto e obbediente, nella chiesa e nel mondo. 
 
È quindi necessario mettere insieme alcune scelte sostanziali:
la missionarietà sempre più urgente in un contesto secolarizzato;
– una ministerialità articolata, nel rispetto della vocazione di ciascuno e della valorizzazione dei doni, dei carismi e dei compiti: tutti i battezzati come singoli o associati, gli sposi con la loro famiglia, i consacrati laici, i religiosi e le religiose, i diaconi e i presbiteri;
– una pastorale integrata, vissuta come espressione concreta e visibile di una Chiesa che è comunione. 
L’Unità pastorale diventa, in questa prospettiva, il “luogo ecclesiale” della comunione, della corresponsabilità e della sinodalità tra più comunità parrocchiali di un determinato territorio. 
 
Rinnovo, ancora una volta, la mia gratitudine e la mia riconoscenza a tutti voi e a ciascuno di voi.
Insieme invochiamo l’intercessione della Madonna di Monte Berico, perché accompagni il nostro cammino in questo mondo così complesso e così assetato di parole e di gesti di misericordia e di speranza.
 
† Beniamino Pizziol 
Vescovo di Vicenza