Giornata di studio su: Diaconato tra speranza e profezia

Il contributo della teologa Serena Noceti relatrice al convegno. Guarda la video presentazione

 
Sabato 28 ottobre dalle 9 alle 17.30 al Centro di formazione O. Zanon a Vicenza in via Mora, 53 si terrà la Giornata di studio dal titolo “Diaconato e diaconia – Per essere corresponsabili nella Chiesa”. L’appuntamento di studio, promosso dalla Pia Società San Gaetano, dal Centro Presenza Donna, dal Coordinamento delle teologhe italiane, dalla Diocesi di Vicenza e dalla Comunità del diaconato, prevede, dopo i saluti, alle 9.30 l’introduzione del teologo don Dario Vivian, quindi gli interventi di Serena Noceti e Alphonse Borras. Dopo la pausa interverrà Luca Garbinetto. Il pomeriggio proseguirà quindi con le comunicazioni di Cettina Militello, Matteo Cavani e Federico Manicardi coordinati da Cristina Simonelli.  INTERVISTA  La teologa Serena Noceti presenta alcuni dei nodi sul diaconato al centro della Giornata di studio di sabatoC’è un’attenzione crescente attorno al diaconato, attenzione che si vede anche dal numero crescente di pubblicazioni specialistiche. Il seminario di studio in programma per il corrente sabato al Centro di formazione Ottorino Zanon a Vicenza, si inserisce in tale prospettiva e rappresenta una seconda tappa di un percorso iniziato con la Giornata di studio dello scorso anno dedicata a “Donne diacono. Un ministero im-possibile?”.
Raggiungiamo al telefono la teologa Serena Noceti che sarà tra le relatrici, il corrente sabato, all’incontro su “Diaconato e diaconia” per cogliere alcuni dei punti attorno ai quali si svilupperà il dibattito. «La maturazione che si registra attorno alla figura del diacono è un segnale della ricezione del Vaticano II. La teologia del ministero ordinato nel Concilio ha nella re-istituzione del diaconato un punto essenziale. È essenziale, per essere la Chiesa del Concilio, pensare il rapporto tra Regno di Dio-mondo-chiesa e la diaconia nella chiesa. Tali elementi dovrebbero essere promossi dal diacono. È un passaggio necessario che chiede anche da parte dei vescovi e delle Chiese locali una riflessione più accurata. È un segno di speranza, ma anche un elemento di profezia». Cosa è stato il passaggio conciliare con riferimento al ministero del diaconato permanente? Tra gli anni ’30 e gli anni ’50 erano arrivate richieste e intuizioni che venivano da un lato dalla Caritas tedesca (che aveva alcune figure di responsabili della diaconia e del servizio ai più poveri) e dall’altro dal contesto missionario con riferimento all’evangelizzazione. C’erano poi istanze che venivano da una riflessione di tipo più teologico. Non c’era però ancora un’elaborazione teologica adeguata. Il Concilio ci consegna due passaggi fondamentali sul diacono: la “Lumen Gentium” al n. 29 e nel decreto “Ad Gentes” al n. 16». Quali sono gli elementi principali che emergono? «Innanzitutto il diacono è colui che è ordinato non in un grado sacerdotale (quindi per la presidenza eucaristica), ma per il ministero, quindi è un ministero ordinato non sacerdotale. Io ci colgo in questo il legame tra il Vangelo e il servizio ecclesiale, il valore delle relazioni vissute nell’amore che devono contraddistinguere i cristiani. Nel testo di Lumen Gentium si insiste soprattutto su funzioni e compiti liturgici, perché questa era l’esperienza: per secoli era rimasto come grado transeunte in vista dell’ordinazione sacerdotale. Ora si aggiunge la dimensione dell’evangelizzazione e della carità. In Ad Gentes, più direttamente collegata all’attività della evangelizzazione e missionaria, si dà più rilievo alla catechesi e all’esperienza. Il Concilio poi lascia alle singole Conferenze episcopali di scegliere se istituire o meno il grado del diaconato come grado permanente e non tutte le Conferenze episcopali nazionali si orientano in questa direzione e così la presenza dei diaconi nei diversi continenti è a macchia di leopardo. Più di metà dei diaconi del mondo, attualmente, vivono negli Stati Uniti, mentre ci sono intere nazioni dove non ci sono diaconi, in Africa e in Asia per esempio il diaconato non è entrato». Dopo il Concilio cosa è accaduto? «Il post concilio ha faticato a capire la specificità del diaconato sia dal punto di vista della prassi che della teologia. Ci troviamo così davanti a diaconi che qualcuno chiama leviti o sacristi, più legati all’attività di servizio liturgico e a diaconi che, invece, hanno assunto un ruolo significativo per l’educazione alla carità o nella evangelizzazione, o per una presenza anche in quei contesti in cui si vive l’esperienza della sofferenza. Il diacono, d’altra parte, è una figura che meglio si coglie laddove la Chiesa si confronta con un contesto di secolarizzazione, di evangelizzazione degli adulti e dove la testimonianza della carità cristiana diventa un segno significativo. L’altro elemento su cui ci fu un lungo dibattito fu se ordinare o meno solo diaconi celibi o anche sposati. Si decise per questa seconda prospettiva». Come è maturata la consapevolezza sull’identità del diacono? «C’è stata una diversificazione in queste figure e certe concezioni che volevano il diacono o una specie di superlaico, o di mezzo prete sono state progressivamente superate. Si è affermata una pluralità di attività ministeriali dei diaconi. Segnali interessanti sono da un lato l’età media (più bassa che in passato) e il livello culturale e di formazione più alto. Serve, indubbiamente infatti, un livello di studio adeguato anche per il rapporto con i preti che non devono trattare i diaconi come una pura manovalanza, ma come chi ha un ministero specifico nell’ambito pastorale e anche nella liturgia. Ogni comunità dovrebbe riflettere sul fatto che quello del diacono non è un ministero sostitutivo a quello del presbitero e sarebbe opportuno che in ogni comunità ci fosse un presbitero e un diacono. I ministeri sono, infatti, reciproci e complementari nel rapporto tra vangelo e vita pastorale. Questo può essere un incentivo a pensare un ministero che era stato abbandonato da secoli e che si esprime in modo plurale» Cosa significa? «Vuol dire che quella del diacono non sarà una figura riconducibile ad una sola tipologia. È proprio del diaconato, in quanto risponde a questo rapporto tra Vangelo, bisogni del territorio, educazione alla diaconia della comunità, avere una pluralità di declinazioni. Il problema è anche la loro autocoscienza, la loro formazione». Uno degli elementi fondanti una comunità è la diaconia comune, come si spiega? «Il riferimento sono i testi neotestamentari dove si indica che le due caratteristiche dei discepoli di Gesù sono il seguire e il servire. Nel servire Gesù e l’annuncio evangelico si differenziano rispetto alla cultura ellenistica del tempo. Allora si affermava che “È indegno dell’uomo libero servire, ma è proprio dell’uomo libero farsi servire. I cristiani hanno, invece, nel servire una delle proprie caratteristiche riconoscibili. I testi paolini ci mostrano che la diaconia è la logica che qualifica i rapporti nella comunità». Lauro Paoletto