Giornata Missionaria Mondiale: “Testimoniamo che anche oggi è possibile, bello, buono e giusto vivere tutto secondo il Vangelo”

La Giornata Missionaria mondiale, che torna in questa domenica 18 ottobre, compie 89 anni, essendo nata nel 1926 per decisione di papa Pio XI.

È molto anziana dunque, e più di qualcuno potrebbe essere tentato di fermarsi a guardarne i segni del tempo e le rughe, e trascurarne un po’ la voce,  accontentandosi di ripetere gesti e parole consumati dall’uso, invece di accogliere ancora una volta il suo messaggio sempre giovane e necessario: la missione è passione per Gesù Cristo e nello stesso tempo passione per gli uomini d’oggi, che hanno bisogno di Vangelo, e ne sono capaci né più né meno delle donne e degli uomini di una volta.

Ogni battezzato è chiamato ad entrare in questa passione, “ricordando che, prima di essere un bisogno per coloro che non lo conoscono, l’annuncio del Vangelo è una necessità per chi ama il Maestro”. Non si tratta di fare proselitismo o di mettere in atto strategie di conquista; né possono bastare impegni umanitari, per quanto necessari. Si tratta di vivere in mezzo alle donne e agli uomini del nostro tempo, ancora e sempre a fianco degli ultimi, testimoniando che anche oggi è possibile, bello, buono e giusto vivere tutto secondo il Vangelo e, nel nome del Vangelo, contribuire a rendere più umana, più fraterna, l’intera società.

La Giornata torna quindi a ricordarci che missione – dovunque vissuta, in Africa o in Europa – è anzitutto “lasciarsi ribaltare”, come scriveva recentemente un missionario. Lasciarsi ribaltare da Gesù di Nazaret, dalla buona notizia del suo sogno di giustizia e di pace, dagli impoveriti della terra e dalla storia ferita di questa nostra umanità. Lasciarsi ribaltare per cambiare anzitutto noi stessi, i nostri stili di vita, le relazioni, le parole, le scelte, i gesti, permettendo a  Gesù di Nazaret di renderli simili ai suoi e di fare anche di noi degli amici e servitori del Regno, come quelli che lui sapeva cercare e trovare dovunque, al di là di ogni confine o appartenenza. Allora le persone verranno prima dei programmi, i volti prima delle idee, l’ascolto profondo prima delle decisioni, la condivisione prima della fretta e dell’efficienza a tutti i costi.

Compresa e vissuta così, l’apertura missionaria che papa Francesco chiede con coraggiosa insistenza potrà essere sentita e vissuta non come un impegno ulteriore, un’altra cosa da fare, ma come provvidenziale chiamata a produrre nuovi stili di testimonianza al Vangelo, comprensibili agli uomini d’oggi e più che mai necessari.

don Arrigo Grendele

Direttore dell’Ufficio missionario