Il profugo spaventa i «moderati» tra incertezze e individualismo (ottobre 2016)

In una società che non è comunità, il migrante incarna ansie e paure

Ricerca di Luca Romano. Da “Il Corriere del Veneto”, 18 ottobre 2016

 
 

In questi giorni, davanti ai nostri occhi sono passate le statistiche dell’immigrazione «stabile» e le immagini dell’immigrazione «forzosa» di paura, costituita da profughi e richiedenti asilo. Per la prima volta, da quando abbiamo conosciuto il processo immigratorio, i due fenomeni sono tra di loro completamente dissociati.   Le statistiche dell’immigrazione in Veneto, esemplarmente esposte dalla Fondazione Leone Moressa, ci parlano di una integrazione, tutto sommato, di successo. Gli immigrati regolari, in Veneto, sono 497.921 (10,1%), in percentuale superiore alla media italiana, 8,3%. Il Pil prodotto dagli immigrati è di 13,8 miliardi, il 10,3% del Pil totale regionale, le imprese condotte da stranieri sono 46.283 (9,4%) e il gettito Irpef è il 10,8% in termini di versanti. Anche se il termine integrazione di successo è forse ridondante e ha più ragione chi parla di «coesistenza senza condivisione», la percezione che abbiamo del «profugo» è ormai altra da quella dell’immigrato ordinario. In una ricerca commissionata dalla Fondazione «Amici del Veneto» e svolta telefonicamente su un campione di 800 veneti, si osserva in modo estremamente nitido l’accelerazione di questa dissociazione tra immigrato ordinario e profugo. Sono diversi gli indicatori che rivelano questo salto di discontinuità. Nel giro di un anno, infatti, il numero di persone che ha paura dell’insediamento dei profughi vicino alla propria abitazione è cresciuto di oltre dieci punti dal 31 al 41%. Sono fautori di respingimenti: 9,4% un anno fa; oggi il 39,9%. Ma sociologicamente il fenomeno che appare maggiormente significativo è che l’aumento dei sentimenti di avversione e di ostilità all’accoglienza cresce (a) soprattutto della fascia anagrafica sopra i cinquant’anni, (b) con forte senso di appartenenza religiosa e (c) con una prossimità politica centrista. Ne deriva che è crescente l’avversione per gli immigrati non da componenti sociali estreme, ma proprio in quello che è (stato?) il nocciolo centrale della coesione e del moderatismo veneto.  Su questo accentuato mutamento di opinione si possono avanzare alcune ipotesi. Quella più accreditata è che è proprio questo nucleo centrale che sta soffrendo la maggiore ansia per il venir meno di alcune certezze in termini di autostima, coesione comunitaria e riconoscimento pubblico del proprio ruolo.      In questo il «profugo» appare prodotto come minaccia fisica dalle stesse «imperscrutabili e spaventose forze globali» (Bauman) che generano la minaccia virtuale della finanza.   Il profugo è percepito come una minaccia collettiva non tanto per i numeri attuali, ma per quelli attesi