Inizia il tempo dell’Avvento: un tempo di speranza e di attesa

Le riflessioni di Alberto Rebesan e don Tamiozzo

 
Vangelo nella vita Commento di Alberto Rebesan

In attesa della vera gioia  Inizia oggi l’Avvento e con esso un nuovo anno liturgico. Il vangelo che ci accompagnerà in questi 12 mesi è quello di Marco, il più antico e il più breve dei quattro vangeli, che ha ispirato largamente Matteo e Luca. Un Vangelo quotidiano, che ci racconta Gesù nelle sue giornate, che riporta un solo grande discorso, quello escatologico, e che ci accompagna lungo le strade della Palestina ponendoci una domanda e aiutandoci nella risposta: chi è Gesù Cristo? Potrebbe essere questo un proposito che ci facciamo per quest’anno, andare all’essenziale della nostra fede, cercando nella concretezza della vita di tutti i giorni la risposta a questa domanda fondamentale per noi. L’Avvento, tempo di attesa di colui che deve venire, il Veniente, tempo che ci prepara alla festa del Natale, in cui facciamo memoria della prima venuta di Gesù nella storia, e tempo che ci allena alla seconda venuta di Gesù, al termine della storia. In questa tensione tra passato e futuro, il vangelo di questa domenica ci invita a vegliare. Sono i versetti che chiudono il discorso escatologico di Gesù, riportato da Marco. Dal capitolo successivo verrà raccontata la passione, morte e risurrezione di Gesù. “Lo dico a tutti: vegliate” (13,37). Tenere gli occhi aperti, in attesa, pronti al ritorno del padrone che parte e lascia a ciascuno dei suoi servi il compito di prendersi cura della casa e al portinaio di vegliare. Sembra una versione ridotta della parabola dei talenti (Mt 25, 14-30), con la presenza di un personaggio nuovo: il portiere. Potremmo essere noi, i portieri, incaricati di stare attenti e vigilare sulla nostra comunità, sul mondo, per scoprire chi è il vero padrone della nostra vita, se è Dio o qualcos’altro, e a cogliere i segni della sua presenza, a partire dai poveri. Ma il portiere è anche la speranza che abita in noi, la speranza intesa come virtù teologale, che è di Dio, e che ci spinge verso l’orizzonte di Dio. Una parte di noi che siamo chiamati a tenere sempre desta, con gli occhi aperti, che sappia sentire il padrone e ci svegli con il grido: “Ecco lo sposo!” (Mt 25,6). In uno dei dialoghi del film Agnus Dei, ad una suora è chiesto cosa sia la fede: “24 ore di dubbio e un minuto di speranza”. Al portiere basta un minuto per fare bene il suo servizio, nel tempo del dubbio, che tutti noi abbiamo sperimentato come sia bravo a tenerci svegli, quando si insinua nelle scelte appena fatte o prossime ad essere fatte. Vegliare in attesa del padrone, col dubbio umano che forse non tornerà e con la minuta speranza che lui stesso ci ha donato, perché “Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani.” (Is 64,7). L’attesa del padrone della nostra vita, non con l’ansia di farci trovare impeccabili, efficientissimi e obbedienti per evitare punizioni, ma con il desiderio profondo che torni e con lui stare nella gioia, per sempre. Buon cammino d’Avvento.
Guarda il commento di mons. Giandomenico Tamiozzo.