Perché questo cambiamento?
«Con una battuta potrei dire che il numero 7 è segno di “completezza” e, dunque, ci siamo. In realtà, il profilo accademico della struttura richiede il titolo di “docente stabile” che io non ho e sono prossimo a conseguire. Ma è anche una buona occasione per dare spazio a preti più giovani in grado di assumere il ruolo di direzione dell’Istituto. Continuerò comunque ad essere presente come docente oltre che ad occuparmi della comunità dei diaconi permanenti».
Può darci un bilancio di questa sua esperienza?
«Sono contento di questo servizio speso per l’Istituto e per la Diocesi. Credo che la volontà del vescovo Beniamino di mantenere a Vicenza un luogo qualificato e accademico per la riflessione teologica sia importante per la Diocesi. Tanto più in questo momento, visto che gli studenti del primo e secondo anno del Seminario frequenteranno da quest’anno i corsi a Padova. L’impegno ha richiesto parecchio tempo, non sono mancati disagi, per esempio in occasione dei due traslochi della scuola e degli allagamenti del 2010. Condividere i percorsi di approfondimento della fede di tanti laici è una ricchezza che mi rimane come segno prezioso».
Ci parli un po’ dei corsi e degli studenti dell’Istituto.
«Il curricolo degli studi ha la durata di 5 anni: il primo triennio è finalizzato al conseguimento della laurea in Scienze religiose, il secondo ciclo biennale consente di ottenere la laurea magistrale in Scienze religiose. Tra i nostri frequentanti ordinari quasi la metà viene a lezione per conseguire il titolo che permette di insegnare Religione a scuola; altri desiderano approfondire il cammino di fede personale. Ci sono anche i candidati al diaconato permanente, mamme e papà ultra quarantenni che, dopo la fase “intensa” dell’educazione dei figli, si prendono il tempo e il gusto per un po’ di studio teologico. C’è pure qualche non credente che vive un senso di attesa e cerca risposte ai propri interrogativi esistenziali. Registriamo una ventina di lauree all’anno. Alcuni studenti che compiono itinerari personalizzati frequentando singoli corsi. L’ambiente è positivo e il clima vivace».
Dire che l’Istituto è a servizio della Diocesi cosa significa?
«Tra gli obiettivi dell’Issr c’è anche la ricaduta ecclesiale dei percorsi. L’Istituto forma competenze che non sempre trovano accoglienza e valorizzazione adeguata nella vita delle comunità. Le nostre aule sono diventate pure un luogo di confronto qualificato, anche accademico.
Le esigenze sono diverse: per esempio c’è chi si aspetta buoni catechisti e animatori, chi il titolo per l’insegnamento oppure di chiarirsi nella fede. L’attività potrebbe a volte essere rilanciata dedicando tempo a progettare, a fare interloquire le diverse realtà della vita quotidiana, familiare, comunitaria: è quello che mi sarebbe piaciuto curare di più. I cammini e gli stessi percorsi di studio hanno e dovrebbero conservare, accanto al risvolto della crescita personale, l’aggiornamento della vita e dei problemi di ogni giorno, lo spazio per partecipare e contribuire in modo qualificato nella vita ecclesiale e nell’animazione cristiana della società. Impegni importanti e diversi; occorre trovare il giusto equilibrio».