La Marcia per la Pace: un segno di speranza e un impegno per tutti

Il Vescovo: "Chi ama la pace ama il genere umano senza distinzioni"

 
 Il freddo pungente non ha scoraggiato il popolo che crede nella Pace. Come i pastori accorsi a Betlemme a vedere il Principe della Pace, incuranti del buio e del freddo, così più di un migliaio di persone hanno attraversato il 31 dicembre la città di Vicenza, segno di speranza, di un’umanità che non vuole essere indifferente e che porta nel cuore un sogno, il sogno stesso di Dio: quello della pace e della fraternità tra tutti i popoli, le culture, le religioni.

Tappa dopo tappa il numero dei partecipanti è anzi cresciuto. Uomini e donne, giovani e anziani, qualche famiglia con i propri bambini. Molti i “veterani”, che le marce della pace se le sono fatte tutte, anno dopo anno, lungo tutto lo stivale. Tanti i vicentini, i “cristiani per la Pace”, che nonostante tutto portano avanti il loro impegno e non si rassegnano ad una città troppo “militarizzata”, come è stato detto all’inizio della marcia.

Sul piazzale della Vittoria a Monte Berico, contemplando il tramonto rosa sulle prealpi venete, teatro di una guerra assurda un secolo orsono, si è fatto innanzitutto memoria dei caduti di quell’inutile strage. Il freddo e la neve hanno reso più facile immedesimarsi in quei giovani costretti per lunghi anni ad una logorante guerra di trincea. Toccanti sono risuonate le parole di lettere scritte dal fronte e i versi di poeti che nello sfacelo non si stancarono di cantare la vita e l’amore.

A Campo Marzo il ricordo si è fatto attuale, dando voce agli oltre sessanta conflitti che oggi insanguinano il nostro povero pianeta. Per ognuno di essi è stata accesa una torcia che silenziosamente ha attraversato il grande parco prospiciente la stazione, a sua volta luogo di povertà e conflitti sociali. Qui è risuonata la parola biblica del dramma di Caino e Abele, ma anche l’impegno a costruire un’umanità diversa.

Nel Tempio di San Lorenzo finalmente un po’ di tepore, per ascoltare la parola calda e incoraggiante di mons. Bregantini, vescovo coraggioso, dalla voce profetica: “Dobbiamo dire NO, alla paura, alla precarietà e al dramma del lavoro domenicale”. Si, lo ha definito un dramma, perché se viene meno la domenica, il profitto diventa l’unica legge e noi ne diventiamo schiavi. La domenica è per la gratuità delle relazioni. “E dobbiamo dire tre SI – ha continuato il vescovo di Campobasso – alla lungimiranza in economia, alla solidarietà anche nel lavoro, alla custodia del creato”. Allora il deserto diventerà giardino.

Dopo il racconto dei missionari vicentini rapiti la scorsa primavera, il corteo è passato in Seminario. E qui la famiglia è divenuta più numerosa accogliendo Quelli dell’Ultimo: 400 giovani vicentini che hanno dedicato il 31 dicembre a condividere tempo, affetto e cena con chi è povero e sta ai margini (anziani, disabili, case famiglia, senza tetto). Marina Marcolini li ha chiamati i “drogati d’amore”. Una dipendenza che fa vivere.

Alle 22.30 infine in Cattedrale la Messa presieduta dal vescovo Beniamino che in una omelia bella e accorata ha esortato tutti ad essere costruttori di pace: “Dobbiamo amare la pace, dobbiamo conformare la nostra mente ed il cuore a pensieri di pace. Chi ama la pace, ama il genere umano senza distinzione di razza, di cultura e di religione.La pace è un compito che si attua di giorno in giorno, di mese in mese, di anno in anno, attraverso azioni concrete che modificano i nostri pensieri, demoliscono lentamente i vecchi muri e creano silenziosamente nuove aperture”.
E per finire un auspicio, che sa di profezia: “Che il Signore – ha concluso il Vescovo – ci conceda di vedere presto gli arsenali d’armi trasformati in parchi pubblici, in campi da gioco, le basi militari – comprese quelle del nostro territorio – trasformate in scuole e in  laboratori di umanità, dove tanti giovani, uomini e donne, americani e russi, cinesi ed europei, israeliani e palestinesi possano esercitarsi nell’arte della pace, del dialogo e nella promozione della giustizia a servizio delle popolazioni più povere, più sfruttate e meno garantite”.
 
Avendo iniziato il 2015 con questa esperienza forte e coinvolgente, il Signore ci aiuti a fare di questo nuovo anno un tempo ricco di opere buone, di pensieri, di azioni e di relazioni nel segno della pace vera e della fraternità.

Buon anno! E un grazie particolare agli organizzatori e a tutti i volontari di questa 47^ Marcia Nazionale per la Pace!
 
Don Alessio Graziani