La prolusione di Andrea Riccardi al Festival: per avere la Pace serve una cultura di Pace

L'intervista del direttore de La Voce dei Berici al fondatore di S. Egidio

 
Giovedì 26 maggio è iniziato a Vicenza il Festival Biblico 2016. Ad aprire questa XII edizione dal titolo “Giustizia e pace si baceranno” il professor Andrea Riccardi.
 
In un affollato Tempio di San Lorenzo, il professore di Storia Contemporanea, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e già Ministro per la cooperazione internazionale durante il governo Monti, ha parlato di pace, interrogandosi sulla sua realistica possibilità. 
 
Il direttore del nostro settimanale diocesano, Lauro Paoletto, lo ha intervistato: 
 
Professore, ma lei crede davvero che la pace sia possibile?
«Certo che la pace è possibile. Deve essere possibile e noi tutti non dobbiamo rinunciare alla speranza di pace per un falso realismo. Ho titolato un mio libro “La pace preventiva”. Dobbiamo seguire con attenzione tutte le situazioni di tensione per fare in modo che queste non degenerino».
 
Quanto è forte il rischio di un falso realismo?
«Oggi stiamo riabilitando la guerra. Passata la generazione della Seconda Guerra Mondiale, crescono generazioni che non hanno visto la guerra e così noi stiamo riabilitando la guerra».
 
Quali sono gli ingredienti per costruire una pace oggi?
«È difficile parlare di ingredienti, gli strumenti sono antichi e sono sofisticati. Credo che innanzitutto sia necessaria una cultura della pace, una convinzione di pace, un’educazione alla pace tra le genti perché oggi la guerra è anche una violenza diffusa quella delle mafie, quella criminale: anche questa è la guerra. Poi, la pace è possibile a tutti i livelli, anche in situazioni di grande complessità. Soprattutto non dobbiamo lasciar durare le guerre perché poi queste si incancreniscono».
 
Ci sono intellettuali che sostengono che uno dei problemi dell’Europa è di aver rimosso dalla propria cultura la categoria della guerra. Condivide?
«Non mi sembra che l’abbiamo rimossa visto che in Europa abbiamo avuto tante guerre da quella nei Balcani a quella in Europa dell’Est tra Ucraina e Russia e tante volte sento in giro toni molto bellicosi».
 
Qual è oggi il fronte sul quale è più urgente intervenire per cercare di ridurre il conflitto e la tensione internazionali?
«Ognuno potrebbe dirne vari. Io credo il Medioriente, la Siria e il conflitto israeliano–palestinese. La Siria è una situazione terribile. Siamo stati troppo indifferenti nei confronti del dramma siriano».
 
L’Occidente ha collezionato una serie di gravissimi errori a tale riguardo, dimostrando di non avere imparato la lezione della Storia. Cosa c’è alla base di questi errori?
«Sogno che la Storia ci aiuti un po’ a vivere meglio con più senso di responsabilità, ma lo vedo difficile. Oggi si fa politica senza avere il senso della storia. L’Occidente ha fatto molti errori, ma non è il solo. Tutti han fatto errori, errori perché crediamo alla prepotenza nell’uso della violenza».
 
Papa Francesco sta continuamente mettendo segni di pace e aprendo nuovi processi. Cosa ci insegna questo suo modo di operare?
«Papa Francesco non accetta la cultura della guerra e non si è rassegnato all’uso della violenza. Ci richiama al fatto che la pace è possibile sempre e ha fatto interventi puntuali in contesti di guerra quali l’Ucraina, la Siria, Cuba come contesto di antico conflitto. Dobbiamo essergli riconoscenti per questo. Penso che oggi abbiamo il compito di costruire una cultura di pace di fronte alle guerre guerreggiate, anche alle guerre incistate, ma anche di fronte alle guerre dovute alla violenza diffusa delle mafie e delle organizzazioni criminali».
 

Lauro PaolettoIl testo completo dell’intervista sulla  La Voce dei Berici di questa settimana