La “resistenza” degli oltre 94mila migranti di Vicenza

Impoveriti dalla crisi, non abbandonano il Veneto
Le loro strategie nel Rapporto Immigrazione di Caritas Migrantes

 
In difesa per fronteggiare la crisi economica che, se pesa sulle famiglie italiane, travolge i nuclei familiari immigrati. Camminano sul filo del rasoio i migranti vicentini. Anche chi in Veneto aveva assaggiato il benessere. Operai ma anche imprenditori, con il mutuo per pagarsi la casa e con progetti precisi: restare in Italia, dove si sono costruiti una famiglia, sono nati i loro figli, perché la loro “Merica” l’hanno trovata nella Valle del Chiampo o sui Colli Berici.

E’ una fotografia sbiadita quella delle famiglie immigrate in Veneto e nel Vicentino scattata nel XXIII Rapporto Immigrazione  2013 dalla Caritas Italia e dalla Fondazione Migrantes (www.caritasitaliana.it), presentato giovedì 30 gennaio 2014 a Roma in una veste completamente rinnovata più divulgativa e attenta alle esperienza delle diverse Caritas diocesane, in attesa del secondo volume dedicato all’Asilo.


Impoveriti dalla congiuntura economica, bisognosi di aiuto, i 94.584 migranti residenti nel Vicentino ripensano le loro strategie e resistono seppure a fatica.

L’abbandono in massa degli immigrati dal Veneto, ipotizzato fin dal 2009, non sembra esserci stato. Si registra piuttosto un’interruzione della crescita della popolazione di cittadinanza straniera.

Vicenza alla fine del 2012 resta la terza provincia veneta per numero di immigrati, dopo Verona, con 100.891 presenze, e Treviso, con 98.958. Terza anche per incidenza di residenti stranieri rispetto al totale della popolazione, il 10,9%, leggermente superiore alla media regionale del 10%.

Nella regione sono quasi 340mila gli occupati nati all’estero. Di questi il 20,4% son romeni, seguono i marocchini (8%) e i cinesi (6,6%), poi, albanesi (6.3) e moldavi (6%): le cinque principali nazionalità di provenienza dei migranti residenti in Veneto. I titolari d’impresa d’origine immigrata sono 25.493, l’8,4% del totale nazionale, segno che nel corso dell’ultimo ventennio i migranti sono arrivati in Veneto  attratti proprio da una domanda di lavoro costante e caratterizzata dalla forte presenza dell’industria manufatturiera ed edilizia, capace di assorbire una manodopera non necessariamente specializzata. Inoltre, proprio il modello economico Veneto, fondato sulla piccola e media impresa aggregata in distretti, ha consentito processi di inserimento delle persone immigrate più diffusi a livello territoriale e non delimitato alla sole grandi aree urbane. Nonostante il fenomeno migratorio nella regione continui ad essere presentato dalla politica e dai mass media mescolato ai temi di sicurezza e identità.

L’impatto della crisi economica e la conseguente contrazione della domanda di lavoro, quindi, ha avuto una conseguenza significativa sull’immigrazione in Veneto, condizionando sia la capacità attrattiva del territorio, sia la sostenibilità dei progetti migratori consolidati.

Del resto, in 5 anni di crisi la caduta occupazionale ha bruciato oltre 50mila posti di lavoro, di cui 8.000 riguardano lavoratori stranieri, con un calo del tasso di occupazione del 3% e la disoccupazione tra il 7% e l’8%. Con le provincie di Treviso e Vicenza più colpite. I dati dei Centri provinciali per l’impiego registrano in Veneto un’impennata della forza lavoro straniera, passata da 76mila a 112mila iscritti. E cresce dell’80% la disponibilità dei lavoratori stranieri a un impiego temporaneo, il doppio di quella italiana.


Tuttavia, finora non c’è stato un rientro generalizzato dei migranti dal Veneto. La crisi morde le famiglie immigrate. Ma non si è disposti rinunciare a una regolarità e a una stabilità conquistate a caro prezzo. “Assistiamo piuttosto – spiega la Caritas regionale nel Rapporto – a una varietà di strategie per fronteggiare questo tempo difficile: rientri temporanei e prolungati di parte della famiglia; migrazioni transnazionali, passando di stato in stato all’interno dell’Ue; migrazioni circolari o quasi pendolari, soprattutto per i comunitari; e il tentativo, comune alle famiglie italiane, di ridurre le spese sperando che la situazione migliori”.
 
Emanuela Micucci
 
 
RIMPATRI CONDIVISI E CINEFORUM “FRONTIERE”, 
LE BUONE PRATICHE NAZIONALI
Per il Veneto scelti due progetti di Caritas e Migrantes vicentine

“Gli immigrati sono stati i primi a essere colpiti dalla crisi e anche oggi stanno pagando più di tutti”, don Giovanni Sandonà, direttore della Caritas vicentina, spiega lo spirito del progetto “Rimpatri mutuati” presentato dal Rapporto Immigrazione 2013 come buona pratica regionale insieme a un’iniziativa della Migrantes vicentina,  il cineforum “Frontiere” nella Casa circondariale.

“Già dal 2004 – prosegue – organizziamo i rimpatri mutuati, cioè condivisi. Donne con figli, ma anche uomini in situazione di esclusione sociale grave, come alcolisti, dipendenti da droghe, persone non autosufficienti o con disagio mentale, già colpite da provvedimento di espulsione o con il permesso di soggiorno scaduto. Con la collaborazione dei Comuni riusciamo a preparare un progetto vero, che permetta un futuro nella terra di origine”.

Tre ore a settimana, ogni lunedì, per massimo 50 detenuti, in maggioranza immigrati, per lo più in attesa di giudizio, partecipano al cineforum “Frontiere” sul tema dei conflitti e dei processi interculturali evidenziati dai flussi migratori. L’obiettivo del progetto è essere uno stimolo al dialogo sulle frontiere interiori ed esteriori e un’opportunità di riflessione sulle esperienze di vita, di convivenza e di mediazione dei conflitti interculturali attraverso la conoscenza dell’altro.

“L’aver condiviso una storia, un’emozione artistica – spiega Luciano Carpo della Migrantes diocesana – diventa catarsi, stimolo a riprogettarsi in vista del reinserimento nella società”.

Cinema, dunque, come veicolo per elaborare i conflitti vissuti in passato nelle terre d’origine e quelli sperimentati nella quotidianità delle detenzione e mezzo per immaginare un nuovo percorso di libertà.

 
E. M.