Le parole dell’Avvento: Fedeltà, virtù essenziale in ogni relazione

La riflessione di don Gigi Pigato per la quarta domenica d'Avvento

 

Mai senza l’altro! La vita dell’uomo non è mai concepibile senza l’altro. “Il conflitto inizia all’esistenza dell’altro” (Michel de Certeau). Le divergenze possono portarci a riconoscere gli altri e aprirci così una via, umile ma reale, verso la riconciliazione inaugurata con l’incarnazione di Gesù Cristo. La fedeltà favorisce una spiritualità dell’ospitalità e alimenta la reciprocità: “Accoglietevi gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, a gloria di Dio” (Rm 15,7). Io non posso che espormi all’altro consegnando, in una certa fiducia a prima vista, qualcosa di me stesso – e forse ciò che più è profondo in me – e sperando che questo lo inviti a fare altrettanto. La fedeltà è virtù essenziale a ogni relazione interpersonale. La fedeltà è guardare all’altro senza più timore, vincendo la solitudine. La fedeltà è sempre fedeltà a un “tu”, a una persona amata o a una causa amata come un “tu”: non ogni fedeltà è pertanto autentica! Anche il rancore, a suo modo, è una forma di fedeltà, ma nello spazio dell’odio. La fedeltà di cui parliamo avviene nell’amore, si accompagna alla gratitudine, comporta la capacità di resistere nelle contraddizioni. Senza fedeltà non esiste storia comune, fatta insieme. Jankélévitch definisce la fedeltà come “la volontà di non cedere all’inclinazione apostatica”. Essa è pertanto un’attiva lotta la cui arena è il cuore umano. È nel cuore che si gioca la fedeltà! Questo significa che essa è vivibile solo a misura della propria libertà interiore, della propria maturità umana (“la risultante costante di continui squilibri”, secondo Romano Guardini …) e del proprio amore! Le infedeltà, gli abbandoni, le rotture degli impegni assunti e di relazioni a cui ci si era impegnati, situazioni tutte che spesso incontriamo nel nostro quotidiano, rientrano frequentemente in questa griglia. Oggi, nel tempo frammentato e senza vincoli, la fedeltà si configura come una sfida per l’uomo e in particolare per il cristiano. Quest’uomo, infatti, sa bene che il suo Dio è il Dio fedele, che ha manifestato la sua fedeltà nel Figlio Gesù Cristo, “l’Amen, il Testimone fedele e verace” (Ap 3,14) in cui “tutte le promesse di Dio sono diventate sì” (cf. 2 Cor 1,20). Proprio quella fedeltà di Dio all’alleanza, che nella storia di salvezza si è configurata come fedeltà all’infedele, come perdono, come assunzione della situazione di peccato, di miseria e di morte dell’uomo nell’incarnazione e nell’evento pasquale. L’iniziativa della fedeltà di Dio ci coinvolge completamente. Cioè, noi credenti, santificati nella Chiesa dai sacramenti, trasformati dallo Spirito Santo, siamo veramente toccati, adesso, dal piano divino; ne siamo invasi, travolti, immersi, di maniera che questa è la verità della nostra esistenza, il vero significato di ciò che siamo. La memoria sempre rinnovata della fedeltà divina è ciò che può suscitare e sostenere la fedeltà del credente nel momento stesso in cui gli si rivela la propria infedeltà. E questo è esattamente ciò che, al cuore della vita della Chiesa, avviene nell’anamnesi eucaristica. Don Gianluigi Pigato