Lo straniero nella Bibbia: l’intervento di Nicoletta Fusaro alla Scuola del Lunedì

I migranti: una provocazione divina a tutti i credenti

 
La registrazione dell’intervento di NICOLETTA FUSARO  andrà in onda su Radio Oreb  (FM 90.2 o sul web):

– venerdì 10 novembre alle 11.00 e di nuovo alle ore 22.00- sabato 11 novembre alle ore 10. 

 LO STRANIERO NELLA BIBBIA  sig.ra Nicoletta Fusaro, coordinatrice infermieristica licenziata in teologia spirituale  Vicenza, Centro “Mons. Arnoldo Onisto”, 06 novembre 2017     La relatrice ha inizio il suo intervento portando l’esperienza, vissuta la settimana precedente, a Lampedusa, dove ha avuto modo di vedere e toccare con mano il dramma dei migranti e rifugiati, che, scappando da guerra, fame, povertà, cercano una speranza in Europa. La situazione vissuta nell’isola siciliana risulta diversa da quella descritta dai mezzi di informazione, molti dei quali alimentano forme differenti di violenza, che incidono sul linguaggio usato, sull’informazione, sulla mentalità. E’ significativo che a Lampedusa non si parla di straniero, di migrante, ma di persone che hanno un nome, un volto, una storia. Nicoletta ha evidenziato che è necessario stringere un patto umano per restare umani, ossia parlare di straniero, migrante, rifugiato, riconoscendogli, sempre, la sua dignità umana. La Bibbia si presenta come una fessura dalla quale affacciarsi per riformulare il rapporto con l’altro, che può risultare a me straniero come io a lui. Si tratta di elaborare una sincera ed onesta lettura di fede della vita, a partire da tre forme di stranierità, così intese dalla relatrice: * la stranierità di Dio, * la stranierità di Israele, * la stranierità di Gesù. La stranierità di Dio è la cifra del mistero divino. Un passo del profeta Osea (11,9) mette in luce che Dio è santo (kadosh in ebraico), perché è altro rispetto all’umano e non appartiene all’esperienza umana. Dio ha una sua alterità, che si afferma per differenza (cfr. Es 3,5 e 19,12), sottraendosi al possesso umano, come l’uomo gode di una sua alterità, ben intesa dal profeta Isaia (6,3-5). L’alterità divina dice una appartenenza, che si concretizza in una alterità residente (popolo eletto di Israele). Ma Dio si rivela anche quale straniero (cfr. Gn 18,1-16 episodio delle querce di Mamre). Una prima conclusione risulta essere che uomini e donne devono affermarsi per differenza, vale a dire che io non sono te, tu non sei me, che va promossa e protetta. Nessuno può usare l’altro, possederlo, dominarlo, privarlo della sua libertà e dignità. La stranierità di Israele risale alle sue origini, come testimoniano la figura di Abramo (Gn 12) e l’Esodo. Essa dice l’esperienza umana e di fede del Popolo eletto. Anche il figlio di Abramo, Isacco, è forestiero e la benedizione da lui ricevuta dal padre si estese a tutte le nazioni, arrivando a noi e sconfessando così la logica del privilegio a vantaggio di quella dell’universalità. Altre figure interessanti sono: Rebecca (Gn 24), Giacobbe, Mosè, Israele migrato in Egitto. La stranierità di Israele è importante anche perché fonda la sua elezione a popolo eletto, dimostrando che si tratta di una stranierità scelta, accettata. Tale dato ha influenzato la storia stessa di Israele, la sua legislazione, dove è possibile individuare una precisa tutela della propria identità, ma anche l’apertura all’altro, allo straniero (cfr. Dt 12 e Lv). Non solo: il rapporto con lo straniero permette al Popolo eletto di tutelare il dono divino ricevuto. Anche qui una conclusione è riassumibile nel fatto di essere stranieri, essere in viaggio per la propria vita, per il proprio futuro, consapevoli di vivere in una terra, che è di tutti, perché è di Dio, padre di ogni uomo. Un messaggio, questo, che è luce per i migranti di oggi, i quali possono essere visti come una provocazione divina ai credenti e al mondo intero. Lo straniero permette di ridefinire l’umano inteso come colui che è in cammino verso una meta. La stranierità di Gesù è riassunta dalla relatrice in due pagine evangeliche. La prima è Lc 4,16-30, che presenta l’episodio di Gesù nella sinagoga di Nazaret, dove egli fa capire ai nazaretani di non essere dei privilegiati rispetto alle altre persone. Il messaggio che emerge è che la comunione non è dettata dalla nazionalità, dalla familiarità, dal vincolo di sangue, ma va oltre i confini determinati dagli uomini, secondo la logica di Dio, che è una logica di amore, di accoglienza, di rispetto, di inclusione. L’altra pagina è quella di Mc 7,24-31, il racconto dell’incontro di Gesù con la donna siro-fenicia. Qui si assiste ad un confronto tra due stranieri, in una casa, luogo appropriato e significativo, dove due stranierità si accolgono e si donano. Gesù parla di prima e di dopo, in riferimento alle persone, mentre la donna sottolinea un presente, che sta alla base del miracolo. Gesù, accogliendo la richiesta della donna, incoraggia il dialogo, l’incontro, sviluppando un’etica nuova, caratterizzata dal superamento dell’egocentrismo, dell’egoismo per dare spazio all’altro, alla sua storia, facendo così crescere la logica del dono, dell’accoglienza, del rispetto, della solidarietà.   Massimo Pozzer   Ascolta l’intervento di Nicoletta Fusaro