L’omelia del vescovo Beniamino ai funerali di Luca Russo

"Viviamo la fede anche nelle tempeste della vita"

 
Riportiamo l’omelia di Mons. Beniamino Pizziol, Vescovo di Vicenza, per i funerali di Luca Russo celebrati nella chiesa di san Francesco a Bassano del Grappa venerdì 25 agosto 2017 alle ore 16. 
 
 

Prima di iniziare l’omelia, desidero esprimere alle famiglie di Luca e di Marta la mia e la nostra vicinanza affettuosa e la sofferta partecipazione al loro dolore. In questa settimana non abbiamo mai smesso di pregare per voi, di pensarvi, di accostarci a voi, con rispetto e discrezione, per portare almeno un po’ insieme a voi questo peso, che appare a tutti insopportabile e insostenibile. Vogliamo anche esprimere il nostro profondo cordoglio a tutte le famiglie di coloro che hanno perso la vita — insieme al nostro Luca — e a tutti coloro che sono stati feriti — come la nostra Marta — in quell’attentato terroristico tanto esecrabile quanto disumano. Quando questi fatti capitano lontano dalle nostre case e dal nostro territorio vi partecipiamo in modo indiretto, ma questa volta, con la morte di Luca e il ferimento di Marta, li abbiamo vissuti sulla nostra carne, sulla nostra vita, sulla nostra storia. Per la seconda volta la Regione Veneto sperimenta il dolore e lo strazio per la morte di suoi giovani figli, dopo la morte di Valeria Solesin due anni fa, oggi piangiamo la morte di Luca Russo e il ferimento di Marta Scomazzon. Anche noi, come i discepoli di Gesù nella narrazione evangelica, ci siamo trovati dentro a quella barca in balia del vento e delle onde, paralizzati dalla paura e abbiamo gridato: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» (Mc 4,38b). La paura è un sentimento umano, che proviamo tutti, che ci permette di avvertire i pericoli e di cercare di difenderci. Ma tante volte ci sembra di essere in preda di forze negative e perciò temiamo per noi stessi e per quelli che amiamo. Abbiamo paura per la sorte delle nostre famiglie, per il futuro dei nostri giovani e delle nostre comunità civili e religiose, sottoposte continuamente a gravi e molteplici forme di violenza assurda e devastante. I terroristi compiono questi gesti perversi per seminare paura e la paura porta alla paralisi e quando arriva la paralisi tutto può succedere. Ciò che risulta per noi ancor più insopportabile è l’idea e il fatto che qualcuno possa arrivare ad uccidere in nome di una religione, in nome di Dio. Allora si comprende molto bene il significato del grido di migliaia di persone in piazza Catalunya: “non ho paura!”, “no tinc por!” e si intuisce pure il valore delle parole rivolte da Gesù ai discepoli di allora e a quelli di oggi, consapevoli o meno: «Non abbiate paura!». Non dobbiamo abbandonarci alla paura e tantomeno rassegnarci o peggio ancora assuefarci a questi vili atti di terrorismo! Nel brano del Vangelo che abbiamo ascoltato, Gesù pone una domanda ai suoi discepoli e oggi questa domanda viene posta anche a noi: «Non avete ancora fede?». Sì, lo confessiamo, non abbiamo ancora fede; se non quella un po’ teorica che è oggetto di discussioni complesse e astratte. Siamo capaci di esprimere la fede solo sulla terra ferma e sicura, garantita da ogni contraddizione e da ogni tempesta. Ma oggi siamo chiamati a vivere la fede dentro le tempeste della vita, attraversando i mari della violenza assurda e assassina, come abbiamo sperimentato in questi giorni. Anche dentro alle tempeste, però, possiamo cogliere i segni positivi della presenza di Dio nella nostra vita e nella nostra storia, nonostante il suo apparente silenzio. Dio ci parla anche dentro a questi fatti drammatici, attraverso i nostri giovani Luca e Marta. La vita di Luca non termina con la sua morte, noi tutti siamo impegnati e Marta per prima, a far continuare nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, tutte le cose più belle e più importanti che Luca ci ha testimoniato nei suoi 25 anni di vita: un giovane studioso, laureato in ingegneria, serio nel suo lavoro, assetato di conoscere nuovi mondi (aveva già compiuto molti viaggi in diversi paesi europei). Insieme a Marta ha saputo riservare una parte importante del suo tempo per fare volontariato nella Croce Verde. Scrive un suo amico: “per essere felice doveva fare felici le persone a cui voleva bene davvero”. Ci deve far riflettere un ultimo pensiero affidato agli amici il 15 giugno scorso: “Nasciamo senza portare nulla, moriamo senza portare via nulla, e in mezzo litighiamo per possedere qualcosa”. E tu, Marta, ci hai dato testimonianza di profonda sensibilità e di grande coraggio da quando hai voluto tranquillizzare i tuoi genitori mentre eri ferita sul bordo della strada e, soprattutto, quando hai accolto tra le lacrime la notizia della morte di Luca. Le parole che hai detto ci danno forza e speranza: “L’amore è l’unica risposta e l’unico senso che riesco a dare a tutto il dolore che sento. Voglio fare in modo che la tragedia che ci ha colpiti, non cambi il mio modo di vedere la bellezza delle persone e del mondo”. Sicuramente potrai sentire la paura di dover ricominciare — dopo questa esperienza drammatica e assurda — ma non sarai mai sola, nel tuo cammino ci sarà sempre l’amore di Luca, che un giorno potrai riabbracciare nell’amore di Dio che tutto vince