L’omelia del Vescovo Beniamino nell’anniversario di mons. Nonis

Gesù è la vera Bellezza

 
Il Vescovo Beniamino ha ricordato con queste parole il predecessore mons. Nonis ad un anno dalla morte, avvenuta il 14 luglio 2014:
 
 
È trascorso un anno dalla morte del compianto vescovo Pietro Nonis. In questo tempo, l’abbiamo ricordato nella preghiera e ci siamo recati a far visita alla sua tomba nella cripta della chiesa cattedrale.

Nei nostri incontri, sono ritornati alla mente alcuni momenti vissuti insieme a lui, momenti di gioia e di letizia, insieme ad altri di dolore e di afflizione. Ricordare il vescovo Pietro significa riportarlo nel nostro cuore, conservare la memoria della sua poliedrica persona: uomo di fede e di cultura, pastore e docente, fine scrittore e giornalista, intenditore d’arte e acuto pensatore.

 Nel corso di quest’anno mi è capitato più volte di osservare con stupore le opere, i libri, le collezioni etnografiche, le pietre, le sfere di cristallo e di marmo dei più svariati tipi, e chiedermi: «Chi e che cosa ha spinto monsignor Nonis a raccogliere e a custodire tutti questi oggetti?». Una risposta – chiara e limpida – è emersa nel mio spirito, condivisa, peraltro, da molti amici: la ricerca costante e appassionata della Bellezza.

 Ma che cos’è la Bellezza che scrittori, poeti, musicisti, artisti e pensatori contemplano e traducono nel loro linguaggio, se non il riflesso dello splendore del Verbo eterno fatto carne? Un raggio di questa Bellezza ci viene offerto questa sera dalla narrazione della Trasfigurazione di Gesù.

 “E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce” (Mt 17,2). Questo episodio della vita di Gesù di Nazaret è descritto dai tre vangeli sinottici: Marco, Matteo e Luca.

 Gesù ha deciso di fare una digressione sul cammino orizzontale, sulla terra per “salire su un monte alto” (Mt 17,1), in un percorso verticale verso il cielo, portando con sé solo tre dei suoi dodici apostoli. Li fa ascendere per vedere e per nutrirsi di Bellezza, come fosse un viatico senza il quale è impossibile continuare a camminare sulle strade polverose e irte di pericoli nell’annuncio del Vangelo di Cristo.

È così sorprendente e mirabile questa esperienza, che Pietro la vorrebbe trattenere per sé e per i suoi amici, il più a lungo possibile: “Pietro prese la parola e disse a Gesù: «Signore, è bello (kalón estìn) per noi restare qui; se vuoi farò tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia” (Mt 17,4).

 “In tutto ciò che suscita in noi il sentimento puro e autentico del bello, c’è realmente la presenza di Dio”, afferma Simone Weil. La Bellezza, dunque, è un bene primario per procedere nella vita e, ancor più, nella fede. Il vescovo Pietro si è appassionato a tutto ciò che manifestava Bellezza. Fece ristrutturare la torre campanaria del duomo, la cattedrale, collocando il Paramento Civran, rimesso a nuovo, nell’ampio presbiterio con quadri, statue e balaustre di rara bellezza. Né si può dimenticare il museo diocesano di arte sacra da lui voluto e che oggi porta – giustamente – il suo nome, come la Fondazione a lui intitolata. In questo “orizzonte di Bellezza” va inserita anche la realizzazione della Casa di accoglienza per i preti anziani o ammalati, presso la chiesa di San Rocco: un vero dono per la nostra diocesi.

  Tutte queste opere erano pensate non solo per sé ma per far crescere se stesso e gli altri nella conoscenza, nella cultura e nel gusto della Bellezza. Quella Bellezza che trova la sua fonte originaria in Dio e che è capace di trasformare le persone, le cose e tutto il creato, come ci ha detto la lettura tratta dal libro dell’Apocalisse: “Io, Giovanni, vidi un cielo nuovo e una terra nuova… e vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, pronta come una sposa adorna per il suo sposo” (Ap 21,1-2). La frequenza dell’aggettivo “nuovo” indica un cambiamento radicale rispetto a ciò che esisteva prima. Il nuovo operato da Dio è qualcosa di inatteso, di inimmaginabile, portatore di una Bellezza sorprendente.

 Dio non distrugge la prima Creazione, ma opera “una rigenerazione, una trasformazione” del cielo e della terra, come canta la Liturgia in un suo testo tra i più mirabili: “La vita non viene tolta ma trasformata”, Vita mutatur non tollitur (Prefazio dei Defunti I).

 La conclusione della storia del mondo descritta dall’Apocalisse è quanto mai bella e colma di speranza: “Dio asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi, non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate” (Ap 21,4). Questo è il messaggio di gioia e di Bellezza che Giovanni rivolge ai cristiani delle sue comunità, tentati di abbattersi di fronte alle persecuzioni e al rifiuto del mondo.

 Di questo annuncio di Bellezza e di speranza abbiamo bisogno tutti noi, spesso affannati nel ricercare il piacere effimero di una Bellezza solo esteriore e superficiale o di una speranza dal respiro corto e, perciò, poco affidabile.

 Accogliendo la bella testimonianza del vescovo Pietro, prendiamo, dunque, coscienza che la Bellezza è radicalmente unita alla fede in Cristo, che è Via, Verità e Vita.

La Bellezza è la manifestazione della verità come amore e l’amore trasfigura. Se la verità non si può rivelare come amore diventa un idolo. Ponendo come fondamento del suo essere, del suo ministero e del suo insegnamento questa qualità spirituale e trascendente che è la Bellezza, per il vescovo Pietro si è reso possibile un dialogo aperto e fecondo anche con “coloro che non riconoscendosi parte di alcuna tradizione religiosa, cercano sinceramente la verità, la bontà e la Bellezza, che per noi credenti trovano la massima espressione e la loro fonte in Dio” (EG, 257).

 Facciamo nostra la preghiera del salmo che abbiamo proclamato dopo la Prima Lettura: “Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la Bellezza del Signore e ammirare il suo santuario” (Sal 26).

 E, ora, invochiamo Maria, la Tutta Bella (la Tota Pulchra) con le stesse parole di quell’inno da cui monsignor Pietro Giacomo Nonis trasse il motto per il suo stemma episcopale: Sub tuum praesidium.

 Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio; non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta. Amen.

 

† Beniamino Pizziol

Vescovo di Vicenza