Ma cosa succederebbe nella nostra regione se a settembre tutte le scuole cattoliche non riaprissero le loro porte?

 
La recente sentenza della Corte di Cassazione sull’obbligo per alcune scuole paritarie di Livorno di pagare l’ICI al proprio comune ha suscitato (come sempre quando si parla di queste cose) un acceso dibattito.
 
Il segretario della CEI mons. Nunzio Galantino ha giustamente fatto sentire la propria voce parlando di un vero “attentato alla libertà di educazione”.
 
Alcuni politici (in modo meramente prevedibile, giacché parlano secondo i canoni dettati dalle loro ideologie di partito e non sembrano aver tempo e onestà intellettuale per valutare i fatti in oggetto) hanno applaudito alla fine di un “sistema ingiustificato e inaccettabile di privilegi dal sapore medioevale”.
 
La maggior parte dei media ha poi parlato in modo altrettanto scontato e prevedibile di “ira dei vescovi”.
A parte che l’ira è un vizio capitale che non si addice certo ad un vescovo, ma dove l’hanno vista?

In questo teatrino dei luoghi comuni, l’unica cosa saggia sembra averla detta il Ministro della Pubblica Istruzione Giannini che ha invitato a non generalizzare, a riflettere e a tener conto che ci sono regioni come la nostra, il Veneto, dove le Scuole paritarie offrono un servizio, ad esempio, al 67 % dei bambini in età di scuola materna e che se queste dovessero chiudere Stato e regioni non avrebbero la capacità di far fronte ai bisogni delle famiglie.

Il Ministro ha finalmente guardato la realtà con onestà intellettuale. Perché le Scuole cattoliche (salvo qualche raro e deplorevole caso) non sono diplomifici per viziati rampolli di ricche famiglie, come spesso invece una becera ideologia anticattolica vorrebbe far credere.
 
Sono le Scuole dell’infanzia gestite il più delle volte da parrocchie e da comitati di genitori, sono i Centri di formazione professionale che offrono una possibilità ai ragazzi più poveri di cui quasi nessuno vuole occuparsi, sono – anche, ma in misura assai minore – scuole elementari, medie e superiori di eccellenza in grado di offrire a bambini, ragazzi e giovani la possibilità di essere seguiti in modo personalizzato e ricevere un’educazione culturale di matrice cristiana.

 E allora a chi ha plaudito alla sentenza di Livorno e auspica una sua generalizzazione chiedo: e se – ad esempio –  il prossimo settembre le 163 Scuole dell’Infanzia cattoliche presenti nel solo territorio della Diocesi di Vicenza (tutte con risicati bilanci a mala pena a pareggio, ma con un enorme patrimonio umano ed educativo) non riaprissero le porte?
 
E se i 5 Centri di Formazione professionale, sempre cattolici, presenti nella nostra provincia mandassero a spasso le centinaia di ragazzi e giovani cui ogni anno insegnano un lavoro e preparano un futuro?
 
Alunni, famiglie, insegnanti di queste benemerite istituzioni troverebbero dai saccenti politicanti risposte e alternativa?

Don Alessio Graziani