«Ma l’emergenza educativa è compito della Chiesa?»

La lezione del professor don Roberto Repole alla Scuola del Lunedì

 
“Emergenza educativa e sfide pastorali” è il tema della penultima lezione della Scuola del Lunedì per la formazione permanente del clero, svoltasi nell’Aula Magna del Centro Diocesano “Mons. Arnoldo Onisto” di Vicenza la mattina del 31 marzo 2014 e affidata a don Roberto Repole, docente di ecclesiologia alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale – sezione di Torino e presidente dell’Associazione dei teologi italiani (ATI).
 
Il relatore parte dalla considerazione che l’emergenza educativa potrebbe non essere considerata compito della Chiesa, in quanto questa è chiamata, per sua natura, all’annuncio salvifico di Gesù Cristo. Tale affermazione può essere modificata, se si prende coscienza del fatto che in Gesù si realizza l’umano in pienezza, perché Dio, creando l’uomo per donargli il suo amore, per entrare in relazione con lui, si dona nel Figlio, offrendo all’uomo la possibilità di realizzare veramente se stesso. Una autorevole conferma la si trova nella costituzione conciliare “Gaudium et spes”, che, al n. 22, afferma che, essendo Gesù uomo vero, in lui l’uomo impara cosa è l’umano.
 
Alla luce di questo dato, è comprensibile che non ha ragione di esistere una scissione tra annuncio cristiano e crescita umana; le due realtà di richiamano costantemente. Non solo, ma l’autorealizzazione dell’uomo si compie nella consegna di sé.

Posta tale premessa, il relatore entra nella tematica, presentando il contesto contemporaneo nel quale si esprime l’annuncio evangelico: la fine della cristianità. Questo concetto trova una spiegazione nel pensiero di padre Dominique Marie Chenu, che sosteneva l’esistenza di tre fasi storiche caratterizzanti il cristianesimo:

I) il periodo delle origini, dove forte era l’annuncio missionario ad una società, che vedeva i cristiani minoranza;

II) la cristianità, corrispondente al tempo dall’Editto di Milano (313) alle soglie del Concilio Vaticano II (1962-1965), dove la società civile e quella ecclesiale coincidevano, al punto che era scontato essere cristiani, e la dinamica missionaria era indebolita per lasciare spazio alla pastorale ordinaria;

III) la post-cristianità, identificata con il tempo attuale, dove essere cristiani non è più scontato, ma frutto di una libera, consapevole e responsabile scelta.

Dentro questo quadro di riferimento quali sono i riferimenti sul piano culturale?
Don Repole ne evidenzia tre:

I) la crisi di ogni prospettiva veritativa (verità indebolita). Da una concezione finalistica della storia, che aveva nel compimento nell’aldilà la sua meta, si è passati ad un pensiero diverso, che mette in discussione tale principio, sostenendo anche la possibilità che la verità possa generare totalitarismo o addirittura il nichilismo;

II) la crisi del soggetto razionale (io indebolito), riflessione che trova nel filosofo Umberto Galimberti una espressione significativa e che si concretizza nella presa di coscienza dell’indebolimento dell’io razionale entrato in crisi assieme al concetto di verità;

III) il ritorno alla finitudine della vita, pensiero che ha nel filosofo Salvatore Natoli e nello scrittore Alessandro Baricco due esponenti di rilievo e che constata come l’età contemporanea sia caratterizzata dall’idea dell’eterna giovinezza per esorcizzare l’orizzonte della finitudine, che è proprio della condizione umana.

Accanto al piano strettamente culturale, c’è quello sociale, che vede anch’esso dei riferimenti precisi che il relatore individua nei seguenti:

I) il mondo disincantato: in passato c’era la convinzione che ciò che capitava in questa vita aveva uno sbocco nell’aldilà, perché tutto aveva una spiegazione in Dio. Oggi l’uomo prende atto che molto della realtà trova spiegazione a prescindere da Dio;

II) la differenziazione sociale: nel tempo della cristianità la religione era il collante a livello generale. Con l’avvento della modernità si assiste ad una differenziazione dei differenti settori della società (scienza, arte, politica, economia ecc.), i quali agiscono in modo autonomo, anche rispetto alla Chiesa. Interessante, a tal riguardo, il pensiero di Niklas Luhmann, filosofo e sociologo tedesco (1927-1998). Tale contesto obbliga la Chiesa a ricollocarsi nella società per poter annunciare il Vangelo, se ritiene ancora significativo e necessario questo messaggio. Oggi, continua il relatore, si procede secondo la logica dei compartimenti stagni, che ovviamente non comunicano tra di loro, determinando così, in riferimento ai diversi ambiti della realtà, la nascita spesso di forme idolatriche, qual è, ad esempio, quella del denaro, come sottolinea anche Papa Francesco nell’esortazione apostolica “Evangelii gaudium”;

III) la pre-modernità dava la fede per scontata con conseguente limitazione della libertà. Oggi, la fede è frutto di una libera scelta dell’uomo, che comporta, però, anche una maggiore fragilità della stessa opzione di fede;

IV) l’ultimo riferimento ha nel filosofo e storico francese Marcel Gauchet (1946) il suo interprete più significativo. Egli sostiene che si è passati da una società eteronoma (Dio decide) ad una società autonoma (l’uomo decide) e detto passaggio si è compiuto grazie alla democrazia. Questo è il contesto dell’annuncio evangelico attuale, dal quale non si può prescindere.

Dopo l’analisi dell’emergenza educativa, il relatore propone tre sfide, a partire da tre interrogativi, così riassunte:

I) cos’è centrale? Oggi l’annuncio evangelico non è più scontato, com’era una volta, e si caratterizza per due dati precisi: ciò che è centrale e ciò che è periferico. Illuminante, in tal senso, è il richiamo fatto da Papa Francesco nell’esortazione apostolica “Evangelii gaudium”, laddove, ricordando il decreto conciliare “Unitatis redintegratio” (n. 11), parla della gerarchia delle verità;

II) quale stile ecclesiale assumere? La domanda trova risposta nella comunione, centrale nella vita cristiana, ma non intesa tanto come agire insieme, quanto come condividere la vita in Dio. Un dono che solo la comunità cristiana è in grado di offrire e che vede una umanità assetata di Dio e, quindi, accogliente e disponibile. La comunione si completa nella sinodalità, intesa come confronto nella fede tra credenti. Un’opportunità preziosa per superare logiche pragmatiche, che spesso mortificano la vitalità del cammino di fede, impedendone la reciproca comunicazione per il reciproco arricchimento;

III) che tipo di fede proporre? Un interrogativo che individua tre soluzioni. La prima consiste nell’assunzione di una responsabilità personale che si completa ed arricchisce nell’abbandono in Dio, il quale non è concorrente dell’uomo, semmai suo riferimento trascendente. La seconda si identifica nella libertà di scelta intesa come ricerca libera per dare ragione di tale scelta. La terza corrisponde alla consapevolezza della carica profetica della fede.
 
Massimo Pozzer

L’ultimo appuntamento della Scuola del Lunedì è il 7 aprile 2014, alle ore 9.15 nel Centro pastorale “Arnoldo Onisto” in borgo Santa Lucia n. 51 a Vicenza, con la relazione dal titolo “L’avvento della rete: riflessi antropologici sull’identità umana” a cura di don Luca Bressan, docente al Seminario arcivescovile e alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale di Milano.
 
IL CALENDARIO DI TUTTI GLI INCONTRI DELLA SCUOLA DEL LUNEDI’ 2014