Sono numerosi gli elementi che siamo chiamati a custodire e a valorizzare di questo nuovo beato, così fortemente “impregnato” dello spirito e del carisma di San Leonardo Murialdo.
Innanzitutto il suo spirito missionario, che si manifestò sempre più forte ancora prima dei trent’anni, quindi l’attenzione e la cura per i poveri che lo portò a sviluppare una capacità e una creatività grazie alle quali diede vita a varie iniziative di carattere sociale. Attraverso queste opere il beato Schiavo si è fatto promotore della dignità umana in quelle terre.
È stato questo un modo concreto e credibile, per testimoniare con fedeltà il carisma dei Giuseppini che ha espresso al meglio la sua vocazione.
La cifra di questa vita spesa in missione e per la missione è stata la quotidianità. La vita del beato Giovanni non è segnata, infatti, da episodi straordinari, ma da una fede adulta, solida, incarnata nell’ordinarietà. Lì, nella vita di ogni giorno, padre Schiavo sentiva di dover leggere la volontà del Signore e cercare di rispondere alla sua chiamata nelle diverse situazioni.
È questo un messaggio di una forza straordinaria e di cui non sempre ci rendiamo conto: la strada per la santità passa anche per quella che comunemente chiamiamo “vita normale”. Non siamo chiamati a diventare santi nonostante questa quotidianità, ma a partire da essa. C’è in questa prospettiva quasi una purificazione dell’idea stessa di santità che in alcune occasioni ci può essere stata trasmessa. La santità non è una chiamata per pochi e scelti eroi, un traguardo irraggiungibile per i più, ma la vocazione fondamentale (battesimale) di ogni cristiano. Il rosario di santità che la nostra Chiesa locale ha avuto la grazia di testimoniare ci richiama questa via semplice e impegnativa, che tutti possono percorrere.
Non possiamo poi non considerare in questo mese di ottobre dedicato alle missioni, la vocazione missionaria che portò padre Giovanni a lasciare la sua terra per Fazenda Souza, Caxias do Sul, Galopolis e diversi altri centri brasiliani dove testimoniò l’amore gratuito di Dio. Quella della missione è una strada che ha accomunato e accomuna molte donne e uomini (preti, religiosi e religiose, laici e laiche) della nostra chiesa diocesana e che è stata per molti palestra di santità. È di qualche settimana fa la notizia della prossima beatificazione di padre Tullio Maruzzo, francescano vicentino che in Guatemala ha trovato addirittura il martirio. La missione è per eccellenza l’andare, l’uscire per annunciare l’amore misericordioso di Dio a ogni persona in ogni angolo della terra.
Ringrazio i padri Giuseppini e quanti innanzitutto nella parrocchia di Sant’Urbano di Montecchio Maggiore si sono prodigati per fare in modo che questi giorni – come pure il triduo e la messa di ringraziamento che vivremo in diocesi a fine novembre – siano davvero momenti di grazia, che alimentano quel fiume di santità al quale le nostre comunità possono, quotidianamente dissetarsi.