Padre Giovanni Schiavo beato. Una delegazione di vicentini in Brasile

Il messaggio del Vescovo: viviamo la santità nel quotidiano

 
È con grande gioia che partecipiamo con la preghiera e con il ricordo, in una profonda e sincera comunione, alla solenne celebrazione eucaristica di beatificazione di padre Giovanni Schiavo che si tiene sabato 28 ottobre in Brasile. Lo spirito di santità di padre Giovanni unisce oggi spiritualmente Caxias do Sul con Montecchio Maggiore e la chiesa vicentina lì rappresentata dal Vicario generale mons. Lorenzo Zaupa e dal direttore dell’Ufficio per il coordinamento della pastorale padre Flavio Marchesini. Per la Chiesa di Vicenza è un grande momento di festa e di riconoscenza al Signore per questo ulteriore frutto di santità nato e cresciuto in terra berica per poi maturare in pienezza in America Latina.

Sono numerosi gli elementi che siamo chiamati a custodire e a valorizzare di questo nuovo beato, così fortemente “impregnato” dello spirito e del carisma di San Leonardo Murialdo.

Innanzitutto il suo spirito missionario, che si manifestò sempre più forte ancora prima dei trent’anni, quindi l’attenzione e la cura per i poveri che lo portò a sviluppare una capacità e una creatività grazie alle quali diede vita a varie iniziative di carattere sociale. Attraverso queste opere il beato Schiavo si è fatto promotore della dignità umana in quelle terre.

È stato questo un modo concreto e credibile, per testimoniare con fedeltà il carisma dei Giuseppini che ha espresso al meglio la sua vocazione.

La cifra di questa vita spesa in missione e per la missione è stata la quotidianità. La vita del beato Giovanni non è segnata, infatti, da episodi straordinari, ma da una fede adulta, solida, incarnata nell’ordinarietà. Lì, nella vita di ogni giorno, padre Schiavo sentiva di dover leggere la volontà del Signore e cercare di rispondere alla sua chiamata nelle diverse situazioni.

È questo un messaggio di una forza straordinaria e di cui non sempre ci rendiamo conto: la strada per la santità passa anche per quella che comunemente chiamiamo “vita normale”. Non siamo chiamati a diventare santi nonostante questa quotidianità, ma a partire da essa. C’è in questa prospettiva quasi una purificazione dell’idea stessa di santità che in alcune occasioni ci può essere stata trasmessa. La santità non è una chiamata per pochi e scelti eroi, un traguardo irraggiungibile per i più, ma la vocazione fondamentale (battesimale) di ogni cristiano. Il rosario di santità che la nostra Chiesa locale ha avuto la grazia di testimoniare ci richiama questa via semplice e impegnativa, che tutti possono percorrere.

Non possiamo poi non considerare in questo mese di ottobre dedicato alle missioni, la vocazione missionaria che portò padre Giovanni a lasciare la sua terra per Fazenda Souza, Caxias do Sul, Galopolis e diversi altri centri brasiliani dove testimoniò l’amore gratuito di Dio. Quella della missione è una strada che ha accomunato e accomuna molte donne e uomini (preti, religiosi e religiose, laici e laiche) della nostra chiesa diocesana e che è stata per molti palestra di santità. È di qualche settimana fa la notizia della prossima beatificazione di padre Tullio Maruzzo, francescano vicentino che in Guatemala ha trovato addirittura il martirio. La missione è per eccellenza l’andare, l’uscire per annunciare l’amore misericordioso di Dio a ogni persona in ogni angolo della terra.

Ringrazio i padri Giuseppini e quanti innanzitutto nella parrocchia di Sant’Urbano di Montecchio Maggiore si sono prodigati per fare in modo che questi giorni – come pure il triduo e la messa di ringraziamento che vivremo in diocesi a fine novembre – siano davvero momenti di grazia, che alimentano quel fiume di santità al quale le nostre comunità possono, quotidianamente dissetarsi.

† Beniamino Pizziol