BASILICA DI SAN PIETRO IN VATICANO

Pellegrinaggio dell’Usmi a Concordia-Pordenone

Fede, arte e storia nell'iniziativa proposta il 17 maggio 2014

In una meravigliosa cornice di antico e nuovo, le 35 suore partecipanti al pellegrinaggio organizzato dall’Usmi diocesana di Vicenza, attendono la celebrazione eucaristica, presieduta da S.E. mons. Ovidio Poletto, vescovo emerito di Concordia-Pordenone, che dà il “la” iniziale alla giornata del 17 maggio 2014. Egli commenta un passo dell’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”, di Papa Francesco, in riferimento a Maria, chiamata per la prima volta con l’appellativo di “nostra Signora della premura” (288).E’ l’antica cittadina Iulia Concordia, oggi Concordia Sagittaria, ad accogliere le “pellegrine”, che sostano nella cattedrale; la luce intensa, diffusa dalle bifore neogotiche dell’abside, aiuta a comprendere le bellezze artistiche di questa costruzione, rinata più volte (tre) sulle rovine di due basiliche cristiane precedenti. Tra la cattedrale e il campanile sorge il battistero medievale triabsidale, unico in Europa a conservare le decorazioni originali. Affreschi dai colori tenui e caldi aiutano a creare un’atmosfera di serena riflessione, in un silenzio profondo in cui sembrano riecheggiare voci di secoli di fede, professata di fronte a quelle immagini semplici ed eloquenti.Ma quale la ragione della scelta di questa meta come gita-pellegrinaggio? Nel contesto del tema svolto quest’anno “Generare alla vita di fede”, abbiamo scoperto che esiste un profondo legame di fede tra Vicenza e Concordia Sagittaria: i primi evangelizzatori di quelle terre furono i fratelli vicentini Donato e Solone che, assieme ad altri 70 cristiani, furono decapitati durante la persecuzione di Diocleziano nel 304 d.C. Le loro reliquie sono conservate in una cappella laterale che noi possiamo vedere e contemplare anche nella sua bellezza.Camminiamo con rispetto tra i sarcofagi dei tre recinti funerari per inoltrarci sopra ad ampi pavimenti musivi che conservano intatti numerosi simboli biblici e cristiani. E’ veramente tutto una meraviglia ed una sorpresa: gli scavi sono ben curati e tenuti con ordine, e la guida, che abbiamo la fortuna di seguire per quasi due ore,  ci espone con entusiasmo la storia millenaria di questa cittadina, a partire dagli insediamenti delle popolazioni venete del IX secolo a.C.Ci attendono altre due abbazie benedettine: a Summaga Santa Maria Maggiore e a Sesto al Reghena Santa Maria in Sylvis. Evidente la dedicazione di queste chiese a Maria, madre di Cristo e di tutti i viventi, che nell’abbazia di Summaga appare entro la “mandorla” con Gesù bambino, sostenuta da quattro angeli, mentre ai lati vi sono le raffigurazioni simboliche dei quattro evangelisti e le figure di due santi sconosciuti. Nel registro inferiore è rappresentata la Parabola evangelica delle vergini sagge e delle vergini stolte, sfortunatamente molto deteriorata.Dell’antico monastero, fondato tra il X ed l’XI secolo, rimane ora solo la chiesa a pianta longitudinale, a tre navate, sullo sfondo di prati di un verde intenso.

Proseguiamo per Sesto al Reghena: per vedere l’antico monastero è d’obbligo attraversare l’ex ponte levatoio e passare sotto l’arco della torre Grimani. Sostiamo per una foto di gruppo sui muretti della prima chiesa a una sola navata dell’VIII secolo; ed eccoci alla porta d’ingresso del vestibolo; il parroco, insigne  studioso mons. Giancarlo Stival, ci accompagna e ci spiega il significato delle linee architettoniche e dei numerosi affreschi che ornano le pareti esterne: l’arcangelo Gabriele, san Benedetto, Carlo Magno e i paladini. All’interno del vestibolo ammiriamo le due grandi pareti del Giudizio “particolare”: dal lato sud, ancora molto visibile, il Paradiso al cui centro Gesù incorona la Madre Maria e ai lati angeli, patriarchi, profeti, apostoli, papi, cardinali, vescovi e numerose sante. Sulla parete nord l’Inferno, poco visibile perché rovinato a causa degli stessi fedeli che percuotevano Lucifero per esorcizzare la paura.Ci dirigiamo nella grande e splendida chiesa a tre navate di santa Maria in Sylvis, il cui presbiterio è sopraelevato sulla zona della cripta. Per comprenderne la bellezza è necessario visitarla nel susseguirsi dei suoi svariati affreschi che costituivano un vero e proprio “catechismo” per i fedeli. Come le mille generazioni che ci hanno preceduto, alziamo lo sguardo verso l’alto per contemplare volti e figure di Cristo e della Madre, assieme ad angeli e a scene della vita di santi, affreschi sempre soffusi di mistero e di una sacra bellezza. Un influsso dell’arte tedesca è sicuramente la scultura della Pietà che tiene sulle ginocchia il Figlio deposto dalla croce e che è posta nell’abside di destra della cripta. Al centro del “transetto” è collocata l’urna di santa Anastasia, di marmo greco, in cui è scolpita la croce “fiorita”, cioè albero vivo che comunica la vita. Messaggio che proviene anche dal grande affresco della parete destra del transetto della chiesa: è un possente melagrano i cui rami sono tinti del sangue di Cristo che appare inchiodato al centro del tronco; foglie, fiori, frutti enormi stanno ad indicare la vita che proviene abbondante appunto dal Calvario, come i quattro fiumi (i Vangeli) che sgorgano dal monte e trasformano una tomba in una sorgente vivificante.Con queste immagini scolpite nel cuore ci avviamo verso l’ultima tappa: la concattedrale di Pordenone, dedicata a San Marco. Essa racchiude opere famose: il portale, il battistero e l’acquasantiera del Pilacorte; la tela della “Madonna della Misericordia”, una delle più belle opere del Pordenone, la pala cinquecentesca di S. Francesco e quella di S. Biagio del Fogolino (1523); la pala di S. Agostino e S. Caterina del veneziano Pietro della Vecchia.

Svetta il maestoso campanile con i suoi 79 metri di altezza e nelle sue forme romanico-gotiche; i mattoni a vista e le eleganti trifore ed archetti pensili in cotto ci parlano di spiritualità e di bellezza.Il tempo stringe e ci attende il ritorno. Mons. Giuseppe Bonato completa le notizie, che ci aveva offerto nell’andata, con un quadro storico-socio-economico dei paesi e delle valli distribuiti nell’arco delle Prealpi che ci circondano. Gli orizzonti si sono ampliati e portiamo con noi questo viaggio reale e ideale: abbiamo attinto alle radici della nostra fede, testimoniata dal sangue dei martiri e da opere stupende che sfidano il tempo e lo spazio; ci sentiamo ancor più parte viva del “Popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di Lui”, rafforzate per la missione che ci attende, disposte ad essere collaboratrici della gioia evangelica, sulle tracce di Maria, la Stella della nuova evangelizzazione, e nostra Signora della premura.Suor Mariangela Bassani