Primo Maggio: torna la festa del lavoro e dei lavoratori. La riflessione di don Matteo Pasinato

 
Primo maggio: festa del lavoro e festa dei lavoratori. Ognuno dovrebbe festeggiare il proprio lavoro. E il proprio lavorare, perché non apprezziamo abbastanza l’opera delle nostre mani. Perché è anche nel lavoro che noi portiamo l’immagine di Dio. Dio aveva cominciato col lavoro (l’acqua, la terra, il fango… Dio ha usato le sue mani sporcandole per modellare ogni cosa), e dopo aver creato l’uomo gli consegna tutto: vai avanti!
 
Ciascuno di noi va avanti perché lavora e fa andare avanti il mondo con la propria opera. Sporcandosi le mani o spalancando l’intelligenza, è sempre lavoro.
 
Ognuno dovrebbe festeggiare il lavoro degli altri, e il loro lavorare. Perché nessuno può funzionare se non funziona anche l’altro. Ed è il lavoro di chi procura il cibo che abbiamo sulla tavola, e ci nutre lo stomaco. Il lavoro di chi ci offre il libro che abbiamo tra le mani, e ci sfama l’intelligenza. E avanti fino alla prudenza dell’autista, la passione dell’insegnante… Quando tutte le persone si “sporcano” le mani tutti abbiamo una vita più “pulita”.
 
Dovremmo imparare a far posto al disagio di ancora troppi che mancano della dignità del lavoro. Recentemente una impresa del territorio ha salvato il lavoro di molti, ridistribuendo il lavoro di tutti. Ho visto piccoli e grandi prestiti per dare un’altra occasione a delle famiglie. Conosco giovani che non aspettano il “sogno”, ma cominciano con quello che è “possibile”. Sono ancora tante le famiglie che sanno fermarsi nel riposo della domenica, cercano nella fede quello che non si trova in nessun mercato, cioè il credere (la fiducia) e lo sperare (il futuro).
 
Ma in questo giorno dovrebbe far male a tutti lo sporco di corruzione, di ingiustizia, di ricerche che si sfiniscono davanti a porte chiuse.
Non è sicuro il lavoro quando non è per tutti, non è buono il lavoro quando lo si deve svendere.
Non è umano il lavoro quando prende troppo a qualcuno e non dà nulla agli altri. Se cerco un reddito senza lavorare non posso fare festa. Se ho soldi senza sporcare le mani e investire l’intelligenza, vuol dire che sono caduto nel vizio della finanza “che uccide”, nel vizio della corruzione o nel vizio del “mantenuto”.
E non posso fare festa se, senza il lavoro, molti vanno “fuori gioco” dalla vita ed entrano nel gioco delle macchinette.
 
Teniamo caro il nostro lavoro, facciamolo con fierezza, come una cosa sacra. E proprio perché lo abbiamo, occupiamoci del lavoro di tutti.
 
Per questo è “civile” questa ennesima festa dei lavoratori e del lavoro, perché si batte per un lavoro giusto e onesto per tutti. Altrimenti sarebbe una festa “incivile”.
 
Don Matteo Pasinato
Direttore Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro