QOELET: LA PROFEZIA DI PENSARE SENZA PAURA

La sintesi del primo incontro della Scuola del lunedì con il biblista Alberto Vela. Ascolta su RADIO OREB e VIDEO

 
Ascolta l’intervento su Radio Oreb FM 90.2 venerdì 22 Febbraio alle ore 11.00 in replica alle ore 22.00 e sabato alle ore 10.00 prof. Alberto Vela, insegnante di S. Scrittura all’ISSR di Vicenza   Vicenza, Centro “Mons. Arnoldo Onisto”, 18 febbraio 2019  

Il relatore ha suddiviso il suo intervento in tre parti: la prima di introduzione, la seconda di presentazione di alcune tematiche specifiche, la terza di riflessioni finali non conclusive.   Introduzione   Il libro di Qoèlet sta al centro della Bibbia e si presenta come un testo misterioso, intrigante, in grado di mettere in discussione, violento, capace di infastidire perché problematizza il tema della fede. Come altri libri biblici Qoèlet lo si capisce alla luce di quanto lo precede e di quanto lo segue e può essere considerato una preparazione negativa al Vangelo. Infatti, tutto viene messo in discussione per poi rimettere tutto al proprio posto, secondo la tradizione ebraica. Questo libro della Bibbia è poco letto in ambito liturgico: una sola volta nella liturgia domenicale (XVIII domenica del tempo ordinario anno C), un po’ di più nella liturgia feriale (XXV settimana del tempo ordinario, anno pari, giovedì, venerdì e sabato). Il genere letterario è quello dell’autobiografia di un sovrano, genere proveniente dall’Egitto. Si tratta di una specie di testamento, finalizzato alla formazione dei giovani aristocratici della società. Qoèlet è scritto in un tempo di passaggio, di confusione, di cambiamento epocale, simile quindi al nostro. Il titolo del libro indica anche l’autore, colui che raduna l’assemblea. La traduzione dei LXX ha preferito il termine ecclesiaste. L’autore, comunque, è identificabile in Salomone, figlio di Davide, re di Gerusalemme, anche se tale attribuzione potrebbe giustificarsi nella preoccupazione di dare autorità al testo, riferendosi ad un personaggio di alto rango, di prestigio. Egli, in ogni caso, è un sapiente, un maestro che ha trasmesso sapienza. Non si può definire Qoèlet un’omelia, ma un diario intimo, caratterizzato da contraddizioni, perché incentrato su di una lettura profonda della realtà, vista dalla fine, in quanto da questa prospettiva risulta esserci più libertà. Circa la datazione, è possibile collocare l’opera dopo l’esilio babilonese e prima della rivolta maccabaica, quindi intorno al 250 a.C. La lingua usata è un ebraico contaminato da influssi stranieri. Per quanto riguarda lo stile, Qoèlet può essere classificato come un libro di prosa e di poesia. Come accennato sopra, questa opera biblica si colloca in un tempo di trasformazione e di cambiamento, soprattutto in riferimento alla situazione economica del periodo, che vedeva un sistema commerciale nuovo, caratterizzato dalla concentrazione del potere nelle mani di poche persone, con conseguenze profonde a livello sociale, religioso e culturale. È il tempo in cui viene introdotta la moneta per gli scambi economici con l’Egitto e la Persia. Moneta simbolo di una ricchezza che arriva e scompare, determinando così una pesante incertezza. È anche il tempo dell’incontro del mondo ebraico con la cultura ellenistica, la quale influenza il Qoèlet. Ancora il testo è definito un libro che sporca le mani di santità, cioè è accolto come un testo sacro. Dal XII secolo esso entra nella liturgia ebraica, in particolare nella festa delle Capanne (Sukkot), che ricorda il tempo in cui Israele ha vissuto nella precarietà, ma anche un periodo importante di formazione. Non solo: la festa delle Capanne cade in autunno, stagione nella quale Salomone identifica la sintesi della sua vita, la scadenza di un esame di coscienza della propria vita. Analizzando la figura di Salomone, la tradizione cristiana ha scandito la conoscenza di questo personaggio, a partire da tre libri biblici: Proverbi – Qoèlet – Cantico dei cantici. Al primo corrisponde la “pars costruens” della vita, al secondo la “pars destruens” (S. Gregorio di Nissa parla del tempo della lotta, dell’agonia), al terzo la sintesi di tutto il cammino.   PENSARE SENZA PAURA: alcune tematiche specifiche «Chi bada al vento non semina mai, e chi osserva le nuvole non miete» (Qo,11,4). Qoèlet insegna che non si può sempre attendere il tempo propizio per compiere delle scelte; nella vita è importante assumersi dei rischi per procedere nella ricerca. In questo senso egli anticipa il metodo della scienza moderna: procedere con delle ipotesi per poi operare con delle verifiche. La parabola del Seminatore che getta il seme con abbondanza illumina questa modalità di accettare le sfide della vita.   Vanità delle vanità: “Hebèl havalim” La parola hebèl può essere tradotta come soffio, respiro, nebbia, alito vapore. Guido Ceronetti, nella sua famosa traduzione del testo biblico, la rende con “fumo e polvere”. Qoèlet stigmatizza il senso dell’effimero nella vita, la ricerca della sola apparenza. Ma non per questo è un testo nichilista. È piuttosto una opportunità di problematizzare la fede, di renderla meno scontata e ovvia. Il suo è un pensiero complesso, molto attuale, capace di tenere insieme gli opposti (cap. 3: «c’è un tempo per … e un tempo per…»   Saggezza o stoltezza Qoèlet suggerisce di essere vigilanti nell’uso delle parole, delle troppe parole e di imparare a custodire la fatica del pensare e del vivere. Lavoratori o pigri? Il lavoro è importante, ma di fronte alla morte nessuno può vantarsi di quello che fatto o costruito. In questo senso egli elabora anche il tema della ricchezza e della retribuzione, ponendo un problema che poi sarà il focus centrale del libro di Giobbe: il giusto sofferente. A perenne memoria Qoèlet dice con chiarezza come i ricordi passano (capp 1 e 2), con il rischio tuttavia di dimenticare i tanti benefici ricevuti sia da Dio e che dalle persone che ci vivono accanto. Il tempo e la storia Qoèlet usa la metafora del vento con i suoi giri, le virate e quelle spirali che esso ricama nei cieli attraverso refoli, mulinelli o gorghi tempestosi. Il vento diviene così l’emblema di un eterno agitarsi dell’uomo. Con una suggestione quasi malinconica: Dio mette nel cuore dell’uomo delle aspirazioni che sono troppo alte per essere appagate. I piaceri della vita Qoèlet ha una intuizione straordinaria: la ricerca del piacere e la ricerca della sapienza, non si contrappongono ma procedono insieme. Non è una visione edonista, ma una prospettiva di integrazione, riassunta da una antica massima rabbinica: “Dio ci giudicherà anche sui piaceri che non abbiamo gustato”. Dio, culto e timore di Dio Il cuore del culto ebraico era il Tempio, che però grondava sangue per tutti i sacrifici di animali che lì venivano offerti. L’invito di Qoèlet è perentorio: «Bada ai tuoi passi quando ti rechi alla casa di Dio. Avvicìnati per ascoltare piuttosto che offrire sacrifici, come fanno gli stolti, i quali non sanno di fare del male» (Qo 4,17). «Non essere precipitoso con la bocca e il tuo cuore non si affretti a proferire parole davanti a Dio, perché Dio è in cielo e tu sei sulla terra; perciò siano poche le tue parole» (Qo 5,1) In questo modo egli crea una connessione essenziale con il primo comandamento della storia di Israele: «Shemà Israel, ascolta Israele»   Riflessioni finali non conclusive   Concludendo, il messaggio di Qoèlet si sintetizza in alcuni punti precisi, che costituiscono delle preziose piste di meditazione a livello personale e comunitario: * la problematizzazione della fede, * la complessità della vita, * l’impossibilità di avere tutte le risposte a tutte le domande, * l’accettazione di vivere nel turbine della lotta personale con Dio per trovare delle risposte, * il coraggio di esplorare strade nuove dentro il mistero della vita, * la consapevolezza di tendere all’unità nella complessità, * la ricerca dell’essenzialità da presentare sempre con un linguaggio proprio del tempo in cui si vive, * la necessità di dare tempo alla riflessione, alla meditazione, al confronto, al dialogo.   don Nico Dal Molin – don Massimo Pozzer