Quali vie per la chiesa vicentina dopo il Convegno Ecclesiale di Firenze?

Rimettiamo al centro le relazioni, il dialogo, l'ascolto della Parola di Dio


 
Qualcuno ha parlato del “day after” della Chiesa italiana, dopo il discorso del Papa ai delegati del Convegno ecclesiale di Firenze. Come se Bergoglio avesse sorvolato il capoluogo toscano scaricando un ordigno nucleare e radendo al suolo quanto abbiamo conosciuto finora della Chiesa italiana. Non è così. Non è stato un “day after”, ma un semplice “day”. Perché ascoltando le sintesi si ha l’impressione che la Chiesa italiana non sia ripartita da zero con questo convegno ma che, anzi, abbia messo in luce un cammino ordinario, di base, già in sintonia con quanto il Papa ha comunicato di sognare per la Chiesa italiana: una Chiesa «inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza».
 
Questa Chiesa è emersa nelle sintesi dei lavori sulle cinque vie: uscire, abitare, annunciare, educare e trasfigurare. Lavori che sono stati la vera novità del convegno. Mai prima d’ora nei Convegni ecclesiali hanno avuto così tanto spazio i lavori di gruppo e così tanta risonanza.
 
 
LE SINTESI
 
Nelle conclusioni, le cinque vie si contagiano vicendevolmente. Tuttavia sono state individuate delle attenzioni specifiche nei singoli tavoli di lavoro.
 
In tre impegni è riassumibile la via dell’uscire: avviare un processo sinodale, formare all’audacia della testimonianza e promuovere il coraggio di sperimentare.
 
La via dell’abitare ha proposto una riflessione a partire da cinque verbi necessari per abitare le relazioni: ascoltare, lasciare spazio, accogliere, accompagnare e fare alleanza. La necessità che venga lasciato spazio è stata sottolineata soprattutto dai più giovani in un passaggio applaudissimo: «Noi figli abbiamo bisogno id far pace con un mondo adulto che non vuole lasciarci le chiavi, che ci nega la fiducia e allo stesso tempo non esita a scandalizzarci ogni giorno».
 
La via dell’annunciare propone quattro impegni alla Chiesa italiana: passare da una attenzione esclusiva verso chi viene evangelizzato a una specifica attenzione a chi evangelizza, una maggiore attenzione alla formazione specie agli operatori della pastorale, rinnovare gli itinerari educativi, utilizzare linguaggi chiari, diretti, semplici e profondi.
 
Le linee d’azione della via dell’educare sono centrate su una comunità che educa, sulla formazione dell’adulto e sui nuovi linguaggi dell’educazione. Una particolare attenzione è stata rivolta alle scuole paritarie, da valorizzare in un’ottica di collaborazioni e alleanze.
 
È partito dalle fatiche il tavolo del trasfigurare, ovvero la mancanza di esperienze significative di spiritualità, un’integrazione insufficiente tra liturgia e vita e la frammentarietà della proposta pastorale. Da qui, le linee d’azione: rilanciare la lectio divina, un rinnovamento nella preparazione della liturgia, la testimonianza nel quotidiano dell’essere cristiani e la pietà popolare vissuta come opportunità. È stato inoltre ricordato come, dopo 50 anni, il Concilio continua a generare novità nella liturgia e in tutta la Chiesa (durante questa sintesi, l’applausometro è schizzato verso l’altro quando è stato ricordato il cardinale Carlo Maria Martini).
 
 
LE PAROLE DI BAGNASCO
 
Nel suo intervento conclusivo, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, ha offerto delle riflessioni in profonda sintonia con quanto detto nelle relazioni finali sulle cinque vie, citandole frequentemente e citando numerose volte le parole che il Santo Padre ha rivolto ai convegnisti nella cattedrale fiorentina.
 
«Concludiamo i lavori con cuore grato per questo tempo di grazia e di ascolto della parola di Dio sulla nostra chiesa – ha detto il cardinale -. Sarebbe parziale affermare che la chiesa italiana ha celebrato il suo quinto convegno ecclesiale. Abbiamo cercato di vivere molto di più. La Chiesa italiana ha scelto di mettersi in gioco in un impegno di conversione finalizzato a individuare parole, categorie e gesti per portare il Vangelo del nostro tempo agli uomini di oggi».
 
«Facciamo ritorno alle nostre Chiese e ai nostri territorio senza paura di guardare in faccia le difficoltà, anche le nostre ombre, ma con la gioia di chi è consapevole della fedeltà di Dio al mondo» ha concluso il cardinale, che ha poi aggiunto rivolgendosi ai convegnisti con una nota di commozione «in voi vediamo il volto delle comunità cristiane disseminate nel nostro amato Paese. I nostri limiti vi sono noti ma conoscete la sincerità dei nostri cuori. Sentiamo incoraggiamento e sostegno: anche noi, come tutti, ne abbiamo bisogno. Il nostro abbraccio di popolo e pastori si dilata fino a raggiungere Papa Francesco. Che l’eco dei nostri cuori confermi ciò che i figli dicono ai loro pi cari: “le vogliamo bene”.
 
 
LE RICADUTE IN DIOCESI
 
«Mi viene da individuare tre indicazioni su cui lavorare da questa esperienza – dichiara il Vescovo di Vicenza Beniamino Pizziol al termine del convegno -. La prima è evitare un attivismo eccessivo. Una seconda dimensione è quella di una integrazione positiva tra liturgia e vita. Infine, una cosa su cui rifletto spesso, è la frammentazione della vita pastorale, la sensazione che si facciano tante cose ma ciascuno per conto suo»
 
 
LE RISONANZE DEI DELEGATI VICENTINI
 
Stanchi, certo, ma contenti i delegati della Diocesi di Vicenza al Convegno. «C’è un popolo di Dio incredibile, sorretto da una grande passione e una grande fiducia nella parola – racconta Silvio Sartori -. Un mondo che ha le sue idee ben precise e che ha saputo ribadirle con chiarezza durante tutti i lavori del convegno».
 
«Credo che il Convegno di Firenze ci ha fatti confluire in un luogo e che ora noi siamo chiamati a ripartire da questo luogo per tornare nelle nostre comunità e portare i frutti che abbiamo raccolto durante questi giorni» dice Sergio Grande.
 
«Porto a casa una bella esperienza di Chiesa e di comunione – racconta Francesca Nardin -. Qualunque fosse l’incarico che si ricopriva c’è stato un mettersi a parlare e ascoltarsi».
 
«Io invece mi porto a casa la fraternità vissuta tra i membri della delegazione», sono le parole di Anna Orus.
 
«In questa Chiesa c’è spazio per i giovani – dice Alberto Bisson – speriamo che le indicazioni raccolte al convegno si concretizzino nelle nostre comunità perché i giovani possano partecipare a questo cammino di cambiamento della Chiesa».
 
Un cammino che a Firenze è ripreso con rinnovato slancio.
 
 
Andrea Frison
 
 
Tutti i materiali del convegno si possono consultare visitando il sito www.firenze2015.it.