Rapidaciòn (rapidizzazione)

Le parole della Laudato Sì

Dall’enciclica Laudato si’ di papa Francesco proviamo ad estrarre (come da una miniera) una prima parola. Il papa ce la offre nel suo spagnolo, che assomiglia molto al nostro veneto: rapidación. Forse la traduzione più aderente è “rapidizzazione”. Che non è la semplice velocità. Piuttosto potrebbe essere tradotta: “accelerazione convulsa e penuria di novità”. Si preme forte il pedale dell’acceleratore ma senza raggiungere qualcosa di nuovo e di buono.

Bene inteso che non c’è nulla di male ad accelerare il passo. Quante volte ci capita il dovere di fare molte cose di corsa. Il “dovere”, perché il ritmo della vita impone i suoi tempi. Ma è altra cosa imporsi il dovere della velocità. Credo stia qui la forza della parola tagliente del papa. Ci rendiamo conto della rapidità che pretendiamo da noi stessi, dagli altri, dal mondo? È come se ci stesse prendendo l’illusione che l’erba la possiamo far crescere tirandola con le mani.

Non siamo più solo sempre più globali, ma anche sempre più veloci. Eppure la terra va ancora con il suo passo, da milioni di anni: ci mette 24 ore per girare su se stessa, e 365 giorni per il suo tour attorno al sole.

Estrarre questa parola dall’enciclica, rapidación, non è un puro atto di curiosità, ma la possibilità di verificare dentro al ritmo della creazione il nostro ritmo personale, e il ritmo sociale. Mi servo di un paragone per tentare di raccogliere un piccolo esame del nostro ritmo di vita. Se un treno impiega due ore per arrivare dalla stazione di partenza a quella di arrivo, e questo ritmo non si può cambiare (è il ritmo della creazione da milioni di anni!), io posso cominciare a camminare velocemente avanti e indietro sul treno. Ma la mia velocità su e giù per i vagoni non accelera l’arrivo. Invece che accelerare il treno, io corro realmente il rischio di sbattere da qualche parte in preda ad una “accelerazione convulsa”.

Il papa ci invita anzitutto a riprende un ritmo che ci permetta di accorgerci e sorprenderci di tante realtà che ci sfuggono, proprio a causa della nostra “rapidizzazione”. Leggendo l’enciclica per intero, fanno impressione non tanto le conclusioni che il papa propone, quanto le attenzioni alle quali diamo insufficiente considerazione, perché troppo veloci. Il papa vuole semplicemente fermarci! Un’azione veloce (rapida-azione) diventa anche un’azione sparpagliata, tirata da tante parti, divisa in tante piccole mansioni che mandano a vuoto i grandi progetti (distrazione). Al contrario, una azione meno rapida è anche una migliore concentrazione (azione che trova un “centro”).

Mi limito a pochi esempi per accogliere la provocazione del papa, sul piano personale. Riprendere ritmi meno rapidi può voler dire riprende il ritmo del giorno e della notte: a volte dormiamo di giorno perché la notte è riempita di attività? Riprendere il ritmo delle stagioni, che ci insegnano che non tutto è a disposizione in ogni tempo: c’è un tempo per le foglie, un tempo per i frutti, un tempo per i rami spogli. Riprendere il ritmo del lavoro e del riposo, perché il lavoro non invada tutto (come la mettiamo con lo slogan sempre più diffuso: «Siamo aperti anche di domenica»?), e perché il riposo “obbligato” non si mangi tutta la dignità e la creatività delle persone (come potrà reggere una economia sempre più disoccupata?). Riprendere il ritmo del tempo perso, che non è mai “perso” se impegnato nel gioco, nella distensione, nell’amicizia, nella compagnia. Riprendere il ritmo del tempo regalato, quando viviamo la bella esperienza del «ti do una mano», oppure del «facciamolo insieme», ma anche quel tempo offerto e accompagnato dal sempre più raro «non ho fretta». Ci potrebbe essere un fatto che ci convince, più di tutti i ragionamenti: la gestazione della mia vita è durata nove mesi, allora se voglio “far vivere” qualcosa otterrò poco con tutta la mia impulsività.

Un corpo sempre più veloce diventa anche un corpo sempre più leggero, come la tenuta della macchina sulla strada diminuisce con l’aumento della velocità. E quando un corpo diventa leggero basta un soffio per buttarlo a terra e lasciarsi buttare a terra.

 

Don Matteo Pasinato