“Respexit pauperem”

Il testamento spirituale del cardinale Marco Cè racchiuso in due parole


E’ stato diffuso il testamento spirituale del Cardinale Marco Cè, morto il 12 maggio 2014 a Venezia. Si tratta di un testo breve e semplice, carico di quell’umanità e di quella fede che hanno sempre contraddistinto l’intera vita del presule. In particolare, il Patriarca emerito di Venezia sintetizza la sua vita con due parole latine – “Respexit pauperem” – paragonandosi a un povero sul quale si è posato stabilmente lo sguardo di Dio.

Lo scritto risale al 21 novembre 2007, giorno della festa della Madonna della Salute, ed è stato “suscitato” dalla morte improvvisa – avvenuta pochi giorni prima – di mons. Giuseppe Visentin, per 22 anni vicario generale della Diocesi di Venezia proprio con il cardinale Cè. 

«Ripensando alla mia vita – osserva il Patriarca emerito -, mi pare di poterla raccogliere sotto due parole: “Respexit pauperem”. Il Signore mi ha avvolto con la sua gratuità: sacerdote, vescovo, patriarca di Venezia e cardinale, sono i segni di un amore che ha portato tutta la mia vita. “Respexit pauperem”: io lo ringrazio e lo benedico. Venezia è stata per me un grande dono: l’ho amata e sono stato riamato al di sopra di ogni mio merito. Venezia è stata veramente la mia casa e la mia famiglia».
 

Nel testo il cardinale Cè confessa il grande affetto avuto per i suoi preti: «Ho amato molto i miei sacerdoti: hanno portato anche il peso dei miei limiti. Ho ringraziato il Signore per il loro amore».

E poi, quando cita espressamente i successori Scola e Moraglia, di ognuno dice: «con me sempre troppo buono».

Riserva un passaggio di «infinita riconoscenza» al segretario particolare mons. Valerio Comin che definisce “Buon Samaritano”: «Mi è stato vicino e compagno di strada come un fratello, condividendo con me tutto, sostenendomi con la sua bontà e aiutandomi con la sua lealtà. Lo ricompensi il Signore. Dal Paradiso, dove spero di essere accolto, gli sarò vicino ogni giorno».

Termina invocando la benedizione di Dio sulla «mia amatissima Venezia e la sua Chiesa».
 

In occasione della prima stesura del 2007, il Patriarca emerito Marco aveva aggiunto anche alcune disposizioni circa i pochi beni che, da tempo, lui e il segretario condividevano già pienamente, in una sorta di “cassa comune”. Una metà, dunque, appartiene a don Valerio Comin; l’altra metà va a sostenere le necessità della Casa di spiritualità diocesana Maria Assunta di Cavallino mentre i suoi libri sono destinati alla biblioteca del Seminario Patriarcale di Venezia.