Scuola del Lunedì: dal sensus fidei del popolo di Dio ad un atteggiamento di autentica sinodalità nei rapporti ecclesiali

Inserita la registrazione audio

 
È iniziato con la relazione di don Dario Vitali (docente di Ecclesiologia alla Pontificia Università Gregoriana di Roma) il secondo ciclo di incontri del lunedì proposti dalla Formazione permanente del Clero. Come illustrato da mons. Luciano Bordignon all’inizio della mattinata, “il tema di questa serie di conversazioni riguarda la sinodalità, la partecipazione e la corresponsabilità come tratti distintivi, quasi un’idea madre, dell’insegnamento di Papa Francesco sulla Chiesa e sulla sua missione nel mondo”. Don Vitali ha messo a fuoco, nel suo intervento il significato del “sensus fidei” e di come la sua corretta interpretazione condizioni  il modo di vivere la sinodalità nella Chiesa. Il tema del sensus fidei del popolo di Dio può sembrare nuovo ed effettivamente prima del pontificato Bergoglio era rimasto a lungo nell’ombra, se non addirittura guardato con sospetto perché pensato in una sorta di opposizione al Magistero. Nel riconoscere il peso della “capacità della totalità dei fedeli di avere una parola chiara sulla vita cristiana”, una sorta di istinto della fede proveniente dalla comune dignità battesimale, pareva quasi di mettere a repentaglio il riconoscimento dell’autorità costituita, del magistero. Il Concilio Vaticano II, in Lumen Gentium 12, ricordò in realtà che” tutto il popolo di Dio partecipa della funzione profetica di Cristo” e tale affermazione veniva in continuità con una lunga e antica tradizione testimoniata già ad esempio da Sant’Agostino e da San Vincenzo di Lerins e riemersa in alcune occasioni come la proclamazione dei dogmi mariani dell’Immacolata Concezione o dell’Assunzione in Cielo di Maria. La persuasione della bontà del  communis sensus fidelium è fondamentale punto di partenza per impostare in modo corretto una riflessione sulla pratica della sinodalità nella vita della chiesa, sia universale che particolare. Ogni cammino sinodale prevede infatti tre distinti momenti. Il primo è quello dell’ascolto, reale, prolungato attento di tutti i soggetti attraverso cui lo Spirito può parlare. Se dunque siamo convinti del sensus fidei del popolo di Dio, è il popolo di Dio nella sua interezza che deve essere seriamente ascoltato. Il secondo momento della sinodalità è dato dal discernimento su ciò che si è ascoltato che deve essere operato dal Vescovo e dal suo presbiterio. Essi rappresentano infatti quel sacerdozio ministeriale chiamato a porsi in atteggiamento di servizio nei confronti del sacerdozio comune o battesimale di tutti i fedeli. Infine dopo il discernimento viene il momento della decisone che mette in atto processi nuovi per caratterizzare la vita di fede, in modo unico e irripetibile, di una determinata chiesa locale. In tutto questo, è importante ricordare che la sinodalità non può essere vissuta semplicemente come un metodo organizzativo. Vissuto in questo modo non può che risultare inefficace e frustrante. E’ piuttosto un atteggiamento di accoglienza reciproca che fonda ogni relazione ecclesiale autenticamente cristiana. Don Alessio Graziani  
 
Ascolta la registrazione audio: