“Verso un mondo migliore”
Messaggio dei direttori Migrantes del Triveneto per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato

Il 19 gennaio 2014 ricorre la 100ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato per la quale Papa Francesco, già nell’agosto scorso, ha diffuso un messaggio di speranza intitolato “Verso un mondo migliore”, che contiene ancheun severo richiamo all’impegno e alla responsabilità.

In vista della ricorrenza, i direttori Migrantes delle diocesi del Nordest, coadiuvati dal presidente della Conferenza Episcopale Triveneta mons. Francesco Moraglia e dal vescovo delegato per la Commissione Migranti mons. Adriano Tessarollo, hanno preparato una nota che recepisce le sollecitazioni del Santo Padre e ne riprende pure il titolo.

L’immigrazione nel nostro Paese – scrivono – è divenuta «un fenomeno sociale ordinario e non legato all’emergenza». Infatti, i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia oggi sono più di 5 milioni. Si tratta di una presenza «grazie» alla quale la nostra società è cambiata.

Eppure, rilevano i direttori Migrantes del Triveneto, la distinzione tra italiani e stranieri non è ancora superata, per cui la crisi economica attuale ha scatenato «una inutile guerra» tra loro, mettendo in luce «gli aspetti della mancata integrazione tra le diverse culture presenti nelle nostre comunità».

Da qui, la prima raccomandazione del Messaggio: «Bisogna che le diocesi maturino una pastorale ordinaria verso i migranti» perché «solo un’attenzione della pastorale ordinaria alla multietnicità della nostra società, nella catechesi, nella liturgia e nella carità, ci permette di sensibilizzare le comunità cristiane e la società civile alla cultura dell’incontro».
 
Dall’immigrazione all’emigrazione. I direttori Migrantes del Triveneto non nascondono la preoccupazione per il crescente fenomeno del trasferimento all’estero da parte di «giovani con una formazione scolastica elevata».  Secondo i dati più recenti a disposizione, nel 2012 l’emigrazione ha comportato oltre «50mila cancellazioni dalle anagrafi italiane». Ma, aggiungono con amarezza, «dovrebbe meravigliarci il contrario, se l’Istat rileva che a settembre 2013 la disoccupazione giovanile supera il 40%». Quella che i sociologi chiamano «generazione perduta» è la generazione «alla quale abbiamo ucciso speranza e futuro».

A questo proposito, l’avvertimento delle Migrantes del Triveneto riguarda la notevole differenza tra l’emigrazione del passato e l’odierna. Infatti, «chi lascia il nostro Paese per cercare lavoro all’estero, ha un progetto migratorio individuale, finendo così per rafforzare l’individualismo già presente nella cultura contemporanea» e «la creazione di una rete di comunità finalizzata all’aiuto e sostegno reciproco tra emigranti» come avveniva un tempo, «oggi risulta, quindi, molto difficile».

Tra le persone che formano il grande «popolo in movimento» dei migranti (214 milioni di persone in tutto il mondo) vi è chi si sposta per ragioni culturali, chi per motivi di lavoro, altri per la ricerca di un posto migliore dove vivere…  Purtroppo non manca mai chi fugge da guerre, persecuzioni, torture: «sono i rifugiati e i profughi». A questi ultimi la Chiesa nordestina riserva particolare attenzione giungendo a chiamare a responsabilità non solo i cristiani, ma la politica e le istituzioni civili.

«Possiamo affermare – scrivono i direttori Migrantes – che in Italia il rifugiato non ha piena tutela». Ci basti ricordare «coloro che perdono la vita nel Canale di Sicilia, i richiedenti asilo che bivaccano a Lampedusa fuori dal centro di prima accoglienza, i rifugiati e i richiedenti asilo che occupano edifici inagibili e abbandonati nelle periferie delle grandi città e le zone verdi…».

Questi argomenti «dovrebbero trovare ampio spazio nella pastorale». E’ una «sfida che deve vedere impegnate le realtà di servizio alla Chiesa presenti in ogni diocesi» e che chiede di prendere atto della «necessità di collaborazione e interazione che dovrebbe stabilirsi tra la Migrantes, la Caritas, i centri missionari, la pastorale per l’ecumenismo, senza dimenticare gli Uffici liturgico e catechistico e non di meno la pastorale giovanile…».

La Chiesa, inoltre, «deve saper dialogare anche ad extra: con la Pubblica Amministrazione, le realtà dell’associazionismo, il privato sociale».

Tutto questo perché «l’obiettivo dei discepoli di Gesù, ribadito da Papa Francesco, è “l’ascolto dei bisogni, dei desideri, delle delusioni, della disperazione, della speranza e diffondere l’amore”».a cura di Luca de Marzi