COMMEMORAZIONE DEI FEDELI DEFUNTI(Vicenza, chiesa Cattedrale, 2 novembre 2019)

Carissimi fratelli e sorelle,
consacrati e consacrate,
canonici, presbiteri e diacono.
 

In questa celebrazione Eucaristica vogliamo ricordare, trattenere nel nostro cuore, fare memoria di tutti i nostri cari che sono passati da questa vita terrena alla vita definitiva in Dio, nella sua dimora di luce e di pace.
 
Secondo una bella e consolidata tradizione, ricordiamo i vescovi della nostra Diocesi, visitando le loro tombe, nella cripta della nostra chiesa Cattedrale, alla fine della celebrazione e ricordiamo anche tutti i presbiteri defunti, in modo particolare coloro che sono morti dal 2 novembre dello scorso anno ad oggi:
 
don Virginio Rovea, don Giovanni Zuccato, don Silvano Danzo, don Domenico Zordan, don Teobaldo Faliva, don Alfredo Pettenuzzo, don Aldo Zermian, don Giuseppe Baggio, don Giuseppe Zanettin, don Adriano Pettenuzzo, don Gianni Urbani.
 
Nel giorno in cui la chiesa celebra la memoria di tutti coloro che hanno già varcato la soglia della morte, siamo invitati a focalizzare la nostra attenzione sul dato fondamentale della nostra fede: la speranza della risurrezione.
 
A fronte della certezza della morte, i testi della liturgia mettono in luce anche la certezza del nostro destino di comunione piena e definitiva con il Signore Risorto.
 
Una certezza che trova la sua ragion d’essere in quell’amore di Dio che è “stato riversato nei nostri cuori” e che ci ha raggiunti “mentre noi eravamo ancora peccatori”.
 
Tuttavia, quando la morte ci tocca da vicino – lambendo la nostra vita e portandoci via persone care e amate – la nostra speranza è messa a dura prova e non è più così facile ritrovare il senso del nostro vivere.
 
Ne ha fatto esperienza il povero e beato Giobbe. Solo, malato, senza più figli né beni, ridotto ormai in fin di vita e, ancor più – se ciò non bastasse – accusato ingiustamente persino dagli amici – e proprio per le sue disgrazie – arriva a gridare la sua “ostinata” speranza, contro tutto contro tutti: “Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere” (Gb 19,25)
 
È veramente una speranza paradossale quella di Giobbe: la sua inestinguibile sete di giustizia lo porta a credere con tutte le sue forze che, nonostante tutto, c’è uno pronto a prendere le sue difese, c’è uno pronto a prendere in mano la sua vita, a farsi carico della sua esistenza ormai perduta e disfatta, a ristabilirlo addirittura in quel rapporto di intimità e familiarità con Dio, tanto da poterlo “vedere” non da straniero, ma da amico:
 
“Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro”. (Gb 19, 26-27)
 
La tradizione cristiana, fin dai primi secoli, ha sempre visto in questo “redentore” (riscattatore, difensore) il Messia atteso, Gesù Cristo, dando così un nome al profondo, ma ancora oscuro e confuso, desiderio di Giobbe.
 
Se la fede chiara ed esplicita nella risurrezione, rimane in qualche modo estranea all’orizzonte del libro di Giobbe, nel vangelo secondo Giovanni, che abbiamo letto, Gesù dichiara apertamente che chiunque crede in Lui ha la vita eterna (già ora nel tempo presente) e la sua esistenza avrà come esito finale la “risurrezione nell’ultimo giorno” (Gv 6,40).
 
La volontà del Padre è proprio questa: che “nessuno vada perduto e che tutti possano partecipare alla risurrezione del suo Figlio Gesù”.
 
È con questa speranza certa e affidabile che facciamo memoria dei nostri cari defunti, ben sapendo che la loro vita è ormai nelle mani di Dio.
 
Oggi siamo invitati a guardare alla morte con un atteggiamento di speranza. Colui che l’aveva accettata come atto supremo di amore, l’ha vinta. La fede ci assicura che la morte non è la fine di tutto, la disfatta totale, ma è il varco, il passaggio (pasqua) attraverso il quale entrare nella vita senza fine.
 
Il ricordo dei defunti rinnova in noi la memoria della provvisorietà della vita presente e ci invita a vivere “nella fede del Signore Risorto” e nella “beata speranza che insieme ai nostri fratelli risorgeremo in Cristo a vita nuova”.
 
Signore Gesù, perché la morte non assuma solo il volto del mistero e della lacerante perdita, ma anche e soprattutto il tuo volto, in te facciamo memoria dei nostri fratelli e sorelle defunti, in te li vediamo e in te confidiamo perché soltanto la vita piena li attenda e ci attenda.
 
Concludo con due strofe della sequenza “Victimae Paschali Laudes”:

 
“Morte e vita si sono affrontate
in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto;
ma ora, vivo, trionfa.
Si, ne siamo certi:
Cristo è davvero risorto,
Tu, Re vittorioso, portaci la tua salvezza.
Amen!”.   

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza