“Davvero il Signore è risorto”

Lettera Pastorale di mons. Beniamino Pizziol alla Diocesi di Vicenza, 8 settembre 2012
 
1. L’anno liturgico aiuta la Chiesa a meglio comprendere “l’opera della salvezza del suo Sposo divino”. Un’opera imprescindibile, illuminante, coinvolgente che il Concilio Ecumenico Vaticano II, nella Costituzione sulla liturgia, così descrive: “Ogni settimana, nel giorno a cui ha dato il nome di domenica, (la Chiesa) fa la memoria della Risurrezione del Signore, che ogni anno, unitamente alla sua beata Passione, celebra a Pasqua, la più grande delle solennità. Nel corso dell’anno poi distribuisce tutto il mistero di Cristo, dall’Incarnazione e dalla Natività fino all’Ascensione, al giorno di Pentecoste e all’attesa della beata speranza e del ritorno del Signore. Ricordando in tal modo i misteri della redenzione, essa apre ai fedeli le ricchezze delle azioni salvifiche e dei meriti del suo Signore, in modo tale da renderli come presenti a tutti i tempi, perché i fedeli possano venirne a contatto ed essere ripieni della grazia della salvezza” (Sacrosanctum Concilium 102).
Tale percorso, arricchito dalla venerazione della Beata Vergine Maria e dalla memoria dei Martiri e dei Santi, della Chiesa universale e locale, accompagna la vita di fede di ogni cristiano, indicandogli la via da seguire e permettendogli di approfondire la conoscenza del mistero di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, il tutto vissuto nella comunione del popolo di Dio.
Ma in questo itinerario si inseriscono anche le tappe più personali del cammino di fede, che si compiono nei sacramenti del Battesimo, della Confermazione, della prima Eucaristia, del Matrimonio, dell’Ordine sacro, dell’Unzione degli infermi, della Riconciliazione, come anche nelle esequie.
L’anno liturgico è, quindi, esperienza viva, personale e comunitaria di incontro con il Signore Gesù, via, verità e vita, luce del mondo, porta unica per varcare la soglia del mistero divino. Ecco perché esso va conosciuto, amato e vissuto: perché ci guida alla contemplazione della SS. Trinità, principio e compimento di tutto.
 
2. L’icona biblica dei discepoli di Emmaus, come ricorderete, ha accompagnato i miei incontri con i consigli pastorali parrocchiali e vicariali delle sette zone della Diocesi, nello scorso mese di giugno. Si tratta di un episodio evangelico, che, affiancato all’itinerario liturgico, può aiutare e sostenere l’anno che stiamo per iniziare. Infatti, l’episodio lucano, immortalato da grandi pittori nel corso della storia, manifesta il paradigma della vita cristiana, vero e sicuro punto di riferimento per il singolo credente e per la Chiesa chiamati a percorrere le strade della storia. Il racconto vede i due discepoli in cammino verso un villaggio distante alcuni chilometri da Gerusalemme, vale a dire dal luogo dove si era compiuta la vita terrena di Gesù, nella sua passione, morte e risurrezione. Dunque, il cristiano è invitato a comprendere sempre meglio che la Città santa custodisce la memoria del grande mistero del Figlio di Dio fatto uomo. Una memoria preziosa e viva della quale il discepolo non può privar- si, pena la perdita della sua identità di credente.
Il passaggio successivo presenta i due personaggi, di uno dei quali soltanto conosciamo il nome, Cleopa, incamminati verso Emmaus, richiamo al pellegrinaggio dell’uomo. San Luca scrive che i due discorrevano di quanto era accaduto a Gerusalemme e il loro dialogo venne arricchito dall’entrata in scena di un terzo personaggio, che risulta essere fondamentale per chiarire la complessità degli eventi accaduti a Gerusalemme. Qui possiamo individuare la ricerca di Dio da parte dell’uomo, fatta di impegno, fatica, gioia, prova, ma costitutiva della persona, necessaria, come ben ha scritto il grande vescovo di Ippona, Agostino: “Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te” (cfr. Confessioni). Un viaggio, quello della vita, che ognuno compie da protagonista, ma con un fedele compagno, il Signore Gesù, che costantemente è vicino all’uomo e ne rispetta, in modo assoluto, la libertà di accoglierlo o rifiutarlo.
Il terzo atto è l’arrivo ad Emmaus, la meta del viaggio, il luogo della rivelazione nel gesto dello spezzare il pane, ma anche dell’inizio della missione. Infatti, i due discepoli riconoscono Gesù, che scompare dalla loro vista, affinché essi, rafforzati e rassicurati dall’incontro con lui, inizino la missione alla quale sono stati chiamati. La paura, le perplessità, i timori sono vinti nel Signore, e sulla sua parola il discepolo è chiamato ad andare per portare al mondo intero il suo messaggio di salvezza.
Infine, il viaggio di ritorno a Gerusalemme di Cleopa e del suo compagno  avviene in un contesto completamente  diverso da quello dell’andata.  I due uomini hanno fatto esperienza viva dell’incontro con Gesù, lo hanno riconosciuto nella Parola e nel Pane spezzato ed ora condividono con Simon Pietro e la comunità intera quanto sperimentato. E nelle parole “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Pietro”, ricevono a loro volta una testimonianza, dono necessario per poter annunciare al mondo l’amore misericordioso di Dio.
Comprendiamo, allora, come l’Eucaristia domenicale, celebrata da tutta la comunità, è l’evento principale, il cuore della vita cristiana, l’occasione per vivere in maniera autentica la fede nella duplice e concatenata dimensione personale e comunitaria.
Con questi sentimenti, cari fratelli e sorelle, vi consegno la presente Lettera pastorale, facendo mie le parole di Papa Benedetto XVI nel Motu proprio “Porta Fidei”: “Possa questo Anno della fede rendere sempre più saldo il rapporto con Cristo Signore, poiché solo in Lui vi è la certezza per guardare al futuro e la garanzia di un amore autentico e duraturo”.

 
 
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01/07/2013