“Generare alla Vita di Fede”

UN CONTESTO NUOVO

 
1 Negli ultimi vent’anni sia la Chiesa italiana che la nostra Diocesi hanno affrontato il tema dell’iniziazione cristiana: documenti ufficiali, note e sperimentazioni hanno accompagnato questo tempo, data l’importanza che la questione riveste.

E’ dunque utile rileggere il cammino percorso per scoprire i frutti, ma anche gli interrogativi e le istanze di rinnovamento suscitati dallo Spirito. Per ragioni di chiarezza e di semplificazione ci concentreremo su tre nodi:
 
 le comunità cristiane
 
 gli adulti, con particolare attenzione alle famiglie
 
 i percorsi di iniziazione.
 

Concluderemo indicando alcuni passi da compiere nell’anno pastorale 2013/2014.
 

Le Comunità Cristiane
 
E’ emerso da subito, con grande evidenza, il mutato contesto culturale e sociale.

La nostra società, complessa, pluricentrica, caratterizzata da indifferenza e nomadismo religioso, da una progressiva privatizzazione e soggettivizzazione della fede, trova sempre maggiori difficoltà nel trasmettere la fede alle nuove generazioni. Un contesto che non può non interrogarci e che domanda profonde conversioni al fine di diventare luogo che genera alla fede1.

Alcuni indicatori ci aiutano nella riflessione: la domanda religiosa è tutt’altro che spenta; risulta problematico parlare di secolarizzazione senza una serie di precisazioni che ne sfumino l’intensità; permane in Italia una diffusione del sentimento religioso superiore agli altri Paesi occidentali; rimane ancora alta la frequenza dei ragazzi al catechismo parrocchiale e la richiesta dei sacramenti per i propri figli ad opera dei genitori.

Questi aspetti positivi non devono tuttavia trarre in inganno. Da parte di molti adulti, infatti, è in atto un’uscita silenziosa, non dall’esperienza religiosa, ma dal cattolicesimo2; un’uscita che spesso la richiesta dei sacramenti per i figli non riesce a far emergere e a rendere evidente.
Ancora una volta, dunque, l’attenzione si sposta sul mondo degli adulti e sulla qualità della vita di fede delle nostre parrocchie.

 
3 Del resto anche il rinnovamento dell’iniziazione cristiana realizzato in diocesi, al di là dei significativi passi compiuti, ha messo in luce come l’anello debole della catena è proprio la comunità: la speranza che il cambiamento dei percorsi di iniziazione cristiana rinnovasse anche il volto delle parrocchie, ha dovuto scontrarsi con comunità spesso in difficoltà ad accogliere e condividere la fede, prima ancora che ad annunciarla.

Tornare a parlare di iniziazione cristiana, oggi, significa perciò non tanto interrogarsi su quali strategie pastorali adottare per suscitare nuovi cristiani, ma chiederci quali percorsi sta intraprendendo Dio per incontrare gli uomini che vivono oggi e che cosa chiede alla Chiesa di cambiare per assecondare questo incontro.
 
In altri termini il primo passo è quello di decentrare la parrocchia da sé per metterla in ascolto della Parola di Dio e dentro la parola pensare e volere se stessa.

 

Le Famiglie
 
4 Anche su questo aspetto, risultano evidenti alcuni dati: la varietà delle famiglie, la loro marginalità nell’educazione cristiana dei figli, la convinzione di trasmettere ai figli non una fede ma delle pratiche religiose. Ovviamente i genitori rispecchiano la varietà del mondo adulto: accanto a genitori praticanti, troviamo quanti si riavvicinano alla comunità in occasione dei sacramenti dei figli. Non mancano anche quelli che si limitano a mandare i figli alle attività catechistiche continuando a rimanere estranei alla vita parrocchiale pur non rifiutando a priori di interrogarsi su alcune questioni di vita e di fede.

Alla luce di tale situazione molto è maturato in questi anni nella riflessione e nella prassi pastorale: la necessità di articolare in modo adeguato una triplice proposta catechistica (con, nella e della famiglia), l’esperienza della catechesi familiare, il tentativo di coinvolgere i genitori nei cammini ordinari, esperienze di primo annuncio con famiglie “lontane” o alla ricerca.

 
5 Anche nella nostra diocesi l’investimento sui genitori è stato significativo. Ricordiamo in particolare: il passaggio da sporadici incontri a percorsi più articolati in occasione dei sacramenti dei figli, la catechesi familiare, la visita delle catechiste e dei catechisti alle famiglie, il tentativo di coinvolgimento nei percorsi ordinari attraverso forme diverse di catechesi intergenerazionali… Tutto questo lavoro ha portato i suoi frutti: un numero consistente di adulti, in particolare di mamme, ha ricominciato a frequentare la parrocchia, dopo un periodo di parziale lontananza.
 
6 Ora si pongono alla nostra attenzione due problemi.
Da un lato, quello che la sociologia chiama «la religione in stand-by (in pausa)»: adulti, prima assenti dalle comunità, vi tornano alcuni anni per affiancarsi ai figli e, una volta che questi hanno concluso il percorso catechistico, ritornano nuovamente ai margini.

Dall’altro, la fragilità di percorsi che tendono a incontrare gli adulti in quanto «genitori», coinvolgendoli nel cammino dei figli, senza incontrare le loro domande e guidarli nella ricerca di una fede adulta, traguardo ultimo di ogni cammino di iniziazione cristiana.

Anche su questo terreno, quindi, occorre cambiare domanda. La sfida non consiste in primo luogo nell’aiutare i genitori ad affiancarsi ai figli nel percorso di iniziazione, quanto nell’accompagnarli perché possano diventare essi stessi capaci di «generare i figli alla fede», pur nella consapevolezza di essere collaboratori del Signore, che è sempre al lavoro per fare degli uomini dei figli. E’ importante stare – come Chiesa – là dove sono gli uomini, perché è là che il Signore dà a loro e a noi appuntamento.
 
Il secondo passo allora è quello di aiutare la parrocchia perché, uscendo dalle proprie mura, vada nelle periferie e impari a guardare con simpatia l’uomo che vive all’alba di questo XXI secolo, mettendosi in ascolto di quanto egli vive, per intessere con lui il «dialogo della salvezza».

 

I percorsi di iniziazione
 
7 Sarebbe davvero lungo enumerare tutto quello che su questi temi è stato elaborato negli ultimi vent’anni. Basti ricordare solo alcuni punti salienti: il passaggio dal catechismo all’i

niziazione, la pluralità dei soggetti coinvolti e delle esperienze proposte e vissute, il superamento di un’unica data per la celebrazione dei sacramenti, l’introduzione della logica catecumenale con una fase iniziale di evangelizzazione e di un cammino mistagogico finale, il superamento del modello scolastico con la possibilità di diverse modulazioni (oltre l’ora settimanale, oltre la delega al catechista-maestro, oltre il libro di catechismo da spiegare…).

In diverse diocesi italiane sono state attuate importanti sperimentazioni. Pure nella nostra diocesi è stato fatto un grande investimento di energie per rinnovare i percorsi di catechesi3: un cammino ricco, che è sotto gli occhi di tutti.

 
8 La situazione attuale, però, non può ignorare tre nodi problematici.

Il primo concerne i ragazzi.
Le indagini che li riguardano direttamente dicono che in genere essi frequentano ancora nella quasi totalità il catechismo e lo giudicano positivamente, ma quanto viene loro proposto è sentito come poco significativo e coinvolgente, tanto che mettono in atto delle strategie tendenti a ridurre il momento di incontro in una opportunità di gioco e di amicizia (vedi, tra l’altro, i problemi disciplinari segnalati sempre più frequentemente dai catechisti).
 
Il secondo riguarda il concetto di iniziazione cristiana. 

In una società dove l’iniziazione4 è molto debole, perché non ci sono più passaggi forti da operare, cambiamenti radicali da mettere in atto, ma tutto è diluito nel tempo e i riti di passaggio sono ormai vuoti di significato (come l’esame di maturità, patente, …), quale iniziazione possiamo proporre? Anzi, ha ancora senso parlare di iniziazione? E soprattutto chi sono e dove sono gli iniziati, quelli cioè che hanno raggiunto una maturità di fede?
 
Il terzo nodo riguarda il modello catecumenale.
E’ nato nei primi secoli della Chiesa ed era rivolto agli adulti. Ora, in un contesto completamente mutato, come adattarlo a dei minori che hanno caratteristiche psicologiche ben diverse da un adulto? Il catecumenato, inoltre, ha le sue tappe ben definite e i suoi passaggi scanditi con chiarezza. Non rischia di aver la pretesa di standardizzare percorsi personali di fede molto diversi, che, soprattutto al giorno d’oggi, alternano momenti di fede a momenti di dubbio, momenti di ricerca a momenti di indifferenza?

 

9 Anche qui, forse, è arrivato il momento di modificare la domanda. Non si tratta solo di interrogarsi sui percorsi da predisporre e su come accogliere e ospitare le domande degli uomini e delle donne d’oggi. Occorre uscire, essere sulle strade piene di smog e di polvere che i nostri contemporanei percorrono ogni giorno e lasciare che quella polvere, quello smog contaminino e modifichino i nostri percorsi.
 
L’ultimo passo richiede un’opera di decentramento delle nostre parrocchie, passando dall’accoglienza al lasciarsi accogliere, facendosi compagni di viaggio.

 
Possiamo così tentare una prima conclusione:
parlare di iniziazione cristiana dei piccoli vuol dire in primo luogo parlare degli adulti,
parlare degli adulti vuol dire innanzitutto riflettere sulle nostre comunità cristiane,
riflettere sulle nostre comunità cristiane vuol dire comprendere che cosa significa parrocchia dal volto missionario. 
 
 
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08/09/2013