LITURGIA ESEQUIALE PER DON MARCO GNOATO(Chiesa parrocchiale di Tezze sul Brenta, mercoledì 23 agosto 2017)

Don Marco Gnoato ha concluso la sua esistenza terrena dopo aver affrontato con fede e cristiana pazienza una grave e prolungata malattia. È morto domenica scorsa, nel giorno del Signore: “giorno primo e ultimo, giorno radioso e splendido del trionfo di Cristo”, come recita l’inno delle lodi mattutine.
 
       Don Marco fu ordinato diacono permanente nella diocesi di Vicenza l’8 dicembre 1986 e nel 1992 fu inviato in Brasile come diacono fidei donum per collaborare con il vescovo monsignor Angelo Rivato e in seguito con monsignor Alessio Saccardo. Il 31 maggio 1997 fu ordinato presbitero e venne incardinato nella diocesi di Ponta del Pedras, sempre in Brasile.
       Nel 2012 tornò nella nostra diocesi per motivi di salute e dopo essere stato impegnato per alcuni anni come collaboratore pastorale nella parrocchia di Tezze sul Brenta, fu nominato cappellano dell’ospedale di Arzignano. Da qualche settimana si era ritirato proprio a Tezze, a casa dei suoi familiari, avendo bisogno di cure continue e di questa premurosa solidarietà li ringrazio.
 
       È stato un sacerdote fedele al suo servizio, svolto sempre con grande generosità, senza limiti di orario. Ha tenuto fedelmente il rapporto con la comunità presbiterale di Ognissanti e del vicariato, non mancando mai agli incontri delle congreghe e ai ritiri spirituali.
 
       Cerchiamo ora di comprendere alla luce delle Sante Scritture la vita, le gioie e le fatiche del suo ministero presbiterale.
       L’Apostolo Paolo spiega ai cristiani di Roma il significato del battesimo ricevuto. Essere battezzati vuol dire entrare in un rapporto unico e nuovo con la persona di Gesù, nel battesimo — infatti — si realizza una partecipazione reale e profonda con la Morte e la Risurrezione del Signore Gesù: «Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rom 6,4).
       Vincolati a Cristo, i cristiani percorrono le tappe che lui stesso ha attraversato: prima quella della Morte, poi quella della Risurrezione. Mediante il battesimo il credente è stato immerso in Cristo Gesù, morendo con lui al peccato, al vecchio uomo, e, unito alla Sua Risurrezione, può camminare in una vita nuova.
 
       L’angoscia della morte rode all’interno la vita dell’uomo: più il tempo trascorre e maggiormente affiorano i segni della sua presenza che si esprime nella debolezza della mente, nel decadimento fisico, nell’impossibilità di continuare a svolgere pienamente il proprio lavoro. Questa è una prova a cui tutti siamo chiamati nel corso della nostra esistenza. Eppure l’Apostolo Paolo ci annuncia questa sconvolgente notizia: «Cristo risorto dai morti, non muore più, la morte non ha più potere su di lui» (Rom 6,9). La morte è stata vinta una volta per tutte. Questa vittoria assoluta è riferita a Cristo e mediante lui a tutti coloro che credono in lui.
 
       Don Marco è stato un vero testimone di questa fede battesimale. Tanti di noi che lo hanno incontrato in questi mesi, sono stati edificati dal modo con cui ha affrontato la malattia, pur ritirato a casa sua ha continuato a dare una mano alla parrocchia. Domenica mattina ha celebrato la Messa, anche se non si sentiva bene, e nel pomeriggio è morto: ha compiuto la sua Pasqua, il passaggio dal nostro mondo alla vita in Dio.
 
       Il Vangelo di Matteo ci insegna che negli anni della nostra vita il Signore ci dona un bene prezioso, un tesoro che va investito. L’Evangelista ci indica una lista di persone da aiutare: l’affamato, l’assetato, il forestiero, l’ignudo, il malato e il carcerato (Mt 25,35-36). Questa lista era nota in tutto il Medio Oriente antico, ma Gesù apporta ad essa una grande novità: Egli stesso si identifica con queste persone. «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me» (Mt 25,40).
 
       Don Marco — durante il suo ministero diaconale e presbiterale — ha testimoniato con generosità e grande dedizione l’amore per i piccoli e i poveri, per gli emarginati e gli esclusi. Negli ultimi anni della sua vita si è dedicato, in modo particolare, alle persone ammalate come cappellano dell’ospedale di Arzignano e prima allo Sturm di Bassano. Per offrire a tutti i pazienti, i familiari, i volontari, un luogo ideale per la preghiera e per le celebrazioni dei sacramenti si è preso cura anche della cappellina dell’ospedale.
 
       A conclusione di questa omelia desidero leggervi le parole del vescovo monsignor Alessio Saccardo, vescovo emerito di Ponta de Pedras, diocesi in cui don Marco era incardinato:
Il triste annuncio della morte di don Marco mi ha colto di sorpresa mentre mi trovavo in una parrocchia piuttosto fuori mano. Don Marco era conosciuto anche là e quindi alla messa vespertina dell’Assunzione abbiamo pregato per lui. L’ultima volta che ero andato a trovarlo è stata nei primi giorni di luglio. Mi ha spiegato allora che alla fine del mese si sarebbe ritirato. Ritirarsi voleva dire per lui prepararsi alla morte, lo sapeva benissimo e da tempo aveva accettato con disponibilità totale la sua prematura fine.
Il mio primo incontro con lui è avvenuto proprio qui in Brasile. Un diacono di Vicenza ordinato prete dal mio predecessore mi sembrava una stranezza che però era perfettamente in linea con la figura di monsignor Rivato. Allora era l’anno 2002, don Marco era stato nominato parroco della cattedrale di Ponta de Pedras. Un temperamento forte, accompagnato da una volontà ferrea nel realizzare i suoi progetti. Certamente non era facile per lui mettersi in consonanza con il modo di essere del suo gregge. Non aveva paura degli scontri, ma alla fine trionfavano sempre la sua generosità e il suo amore senza confini per il suo popolo.
Aveva la passione per la comunicazione. In tutte le parrocchie in cui è stato si è fatto sempre carico di istituire strumenti moderni ed efficienti di comunicazione. Monsignor Angelo Maria Rivato ha approfittato molto di queste capacità di don Marco e soprattutto della sua fedeltà a tutta prova. Si può dire che ha servito la chiesa di Ponta de Pedras in tutte le parrocchie e anche nel Seminario.
Dobbiamo essere grati al Signore che ci ha dato in don Marco  una lezione facile da capire e preziosissima da imitare. Spero anche che la nostra amicizia diventi adesso una reciproca intercessione presso il buon Dio. Sono sicuro che egli sarà anche una efficace intercessione per la diocesi di Vicenza che ha sempre amato e della quale si è sempre sentito parte. Il buon Dio lo abbia sempre vicino”.
 
       Ora è giunto il momento di congedarci da don Marco, consegnando il suo corpo alla sepoltura nella ferma speranza che risorgerà alla fine dei tempi. Lo affidiamo all’infinita misericordia di Dio e invochiamo l’intercessione della Vergine Maria, la nostra Madonna di Monte Berico, dei Santi e dei Beati della diocesi di Ponta de Pedras e della nostra diocesi perché lo accolgano e lo accompagnino a Dio Padre, nel quale don Marco ha creduto e per il quale ha donato tutta la sua vita. Amen!

† Beniamino Pizziol

 

Vescovo di Vicenza