LITURGIA FUNEBRE PER DON ANTONIO GROLLI(Chiesa del Nogarotto di San Giovanni Ilarione, 19 giugno 2015)

Oggi don Antonio Grolli avrebbe compiuto 92 anni: il giorno della sua nascita terrena coincide con il giorno della sua nascita al cielo. Per la Chiesa il giorno della nascita dei suoi figli – il dies natalis – è il giorno della morte. Questa scelta risponde alla concezione che la Chiesa ha della morte. Essa professa che la morte non è la fine dell’uomo ma l’ultima tappa del suo pellegrinaggio in questo mondo. La Chiesa non vede nella morte una tragedia che ci distrugge e ci seppellisce nel regno del nulla, ma la porta che ci introduce in una nuova vita, una vita senza fine. La comunione di vita, gli affetti, le opere buone che abbiamo compiuto non si distruggono ma trovano il loro compimento nel Signore: “la vita non è tolta ma trasformata”, proclama la Liturgia. Questa comunione è particolarmente intensa proprio nella celebrazione dell’Eucaristia: in essa ci uniamo con speciali legami spirituali a tutti coloro che sono membra di Cristo.

 Don Antonio fu ordinato presbitero a Vicenza, dall’allora vescovo monsignor Carlo Zinato il 29 giugno 1950. Fu vicario cooperatore a Costozza, a Campiglia dei Berici e, per un breve periodo, vicario economo di Pilastro. Nel 1960 fu nominato parroco di Campodalbero, trasferito, poi, a San Pietro Mussolino e, quindi, a Campodoro dove rimase fino al 1997. Dopo aver rinunciato all’ufficio di parroco, trascorse gli ultimi anni in famiglia a Nogarotto di Vestenanova. È morto martedì scorso.

 Sono rimasti impressi nel mio cuore e nella mia mente il volto e la figura di questo confratello sacerdote, quando l’ho visitato presso l’ospedale di San Bonifacio, sabato 16 maggio scorso. Teneva tra le mani la corona del Rosario ed era come assorto nei suoi pensieri. Sorpreso e contento, mi ha detto: “che onore essere visitato dal mio vescovo mentre mi avvicino alla morte”. Gli ho rivolto parole di fede e di consolazione e gli ho chiesto di pregare per me, lasciandogli la benedizione del Signore. Guardandolo con occhi di tenerezza e di riconoscenza, ho visto realizzarsi in lui le parole che abbiamo ascoltato nel Vangelo di Luca: “Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito” (Lc 12, 35-36). Non importa che il padrone non arrivi in un’ora prefissata: quello che conta è vivere nella tensione del suo arrivo. La vita vigilante non è una semplice attesa, ma diventa un tempo di servizio, di carità operosa verso i fratelli.

 Don Antonio, per molti anni, ha predicato la Parola di Dio, aiutando i fedeli a vivere secondo la fede; per 65 anni, finché le forze glielo hanno consentito, ha celebrato l’Eucaristia, pegno di resurrezione e di vita senza fine: “chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”, dice il Signore Gesù.
 Nella prima lettura, tratta dalla lettera dell’Apostolo Paolo ai Romani, è stata fatta memoria del Battesimo con cui siamo stati innestati in Cristo e nella sua Chiesa; dice San Paolo: “Fratelli, non sapete che quanti siete stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte?” (Rom 6,3). C’è, dunque, uno stretto rapporto tra il Battesimo e il regno dei cieli. Ricevuta l’adozione a figli, noi siamo entrati a far parte della famiglia di Dio, che è la Chiesa, assumendone tutte le caratteristiche, tra le quali quella di essere pellegrini verso il Cielo. Ce lo ricorda l’Apostolo Paolo: “La nostra patria è nei cieli” (Ef 3,20).

 Ma Dio non chiama a un grande traguardo senza darci i mezzi per poterlo raggiungere. Per vivere in pienezza la nostra vita battesimale, c’è il “pane del cammino”, il Pane Eucaristico, pane donato appositamente per noi battezzati, alimento e forza, affinché possiamo camminare fino ad arrivare alla dimora definitiva in Dio, dimora di luce e di pace.
 Don Antonio, nella sua semplicità, nel suo generoso ministero, contrassegnato da uno spirito allegro e ironico, ha preparato tanti genitori al battesimo dei propri figli, insieme ai catechisti e alla comunità ha preso per mano questi ragazzi accompagnandoli all’incontro con Cristo, mediante i sacramenti della Confermazione e dell’Eucaristia. Ha donato il perdono di Dio nel sacramento della riconciliazione. Ha presieduto la celebrazione del Matrimonio di tante coppie di sposi che si sono promessi, davanti a Dio e alla comunità, un amore serio, impegnativo per tutta la vita. Ha preparato tanti fratelli e sorelle con fede e affetto al passaggio da questa vita terrena alla piena comunione con il Signore.

 Sulla bara di don Antonio è aperto il Vangelo: sul Vangelo egli ha impegnato la sua vita. Si è fatto prete perché nel Vangelo ha profondamente creduto, per esso ha faticato e si è sacrificato perché giungesse a tutti.
Noi, ora, vogliamo ringraziare il Signore per quanto ha compiuto attraverso questo nostro fratello sacerdote. Invochiamo la Santa Madre di Dio, la nostra Madonna di Monteberico, i Santi e i Beati della nostra diocesi perché gli vadano incontro e lo conducano a Dio, Padre buono e misericordioso.

 Preghiamo per tutte le comunità cristiane che hanno beneficiato del servizio pastorale di don Antonio, e preghiamo il Signore Gesù affinché doni alla nostra Chiesa numerose e sante vocazioni al ministero sacerdotale, alla Vita Consacrata e al sacramento del Matrimonio. Amen!

 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza