LITURGIA FUNEBRE PER DON DOMENICO QUATTRIN (Chiesa di san Clemente di Valdagno, lunedì 5 luglio2021)

Don Domenico Quattrin, da tutti chiamato don Nico, ha concluso la sua vita terrena, segnato in questi ultimi tempi da gravi problemi di salute.

Dopo un primo periodo di resistenza e quasi di rifiuto, ci fu il giorno della grazia – lo racconta lui come un fatto notevole – alla Grotta di Chiampo, dopo la Confessione, l’Unzione degli infermi e la preghiera intensa, vi fu una accettazione serena della malattia e delle cure da affrontare.

Don Nico fu ordinato sacerdote a San Bonifacio, il 21 marzo del 1965 dal Vescovo mons. Carlo Zinato e fu assegnato come vicario cooperatore a San Bonifacio stesso e poi ad Alte Ceccato. Fu nominato parroco di Massignani Alti e collaboratore pastorale a S. Maria Madre della Chiesa (Ponte dei Nori). Dal 1999 fu cappellano dell’Ospedale Civile di Valdagno, dove morì il 1° luglio.

Due sono stati i luoghi e gli ambiti del ministero pastorale di don Nico: la Parrocchia e l’Ospedale. Così lo ricorda un prete suo compagno di classe: “Don Nico si caratterizzava per un suo modo singolare di relazionarsi con tutte le persone, libero, spontaneo, diretto. Entrava facilmente in relazione con le persone e si immedesimava con grande empatia nelle tribolazioni degli altri, se ne faceva carico in pienezza, mettendosi a disposizione senza calcoli o limiti, pagando di persona. Usando un’espressione molto particolare di Papa Francesco, possiamo dire che “aveva l’odore delle pecore”.                                                                                         Il brano del profeta Ezechiele che abbiamo proclamato e ascoltato descrive il Signore Dio con l’immagine del pastore che conosce per nome ciascuna delle sue pecore. Dio non si rivolge a masse anonime dove i singoli non contano. Egli si interessa dei problemi di ognuno, chiama ciascuno per nome.

Passerà in rassegna uno per uno i suoi figli perché nessuno dovrà mancare all’appello. Se uno tardasse ad arrivare, di quello, più che degli altri, si preoccuperà e si prenderà cura. E se le pecore si allontanano dal proprio ovile e vagano allo sbando, lui (Dio) le va a riprendere e le riporta al sicuro nel suo ovile. Il vero pastore si fa compagno di viaggio del suo gregge.

È commovente il versetto conclusivo del profeta Ezechiele: il pastore andrà in cerca della pecora perduta e ricondurrà all’ovile quella smarrita; fascerà quella ferita e curerà quella ammalata, avrà cura della grassa e della forte. L’amore di Dio è infinito e a ognuno riserva un posto privilegiato nel suo cuore.

Don Nico, con il suo carattere e con i suoi limiti, comuni ad ogni mortale, ha manifestato nel suo servizio pastorale, nelle parrocchie che gli sono state affidate, questo stile e questa figura di pastore che dona la vita per le sue pecore.

Ma non possiamo non ricordare un secondo ambito prezioso e importante del suo ministero, presso l’Ospedale Civile San Lorenzo di Valdagno. Così lo ricorda il diacono Antonio, che ringrazio per la sua vicinanza e il suo sostegno a don Nico:

“Nel mio cuore ritornano tanti momenti ricchi di spiritualità, attenzione e ascolto verso i malati e i loro familiari. Sapeva cogliere con attenzione e semplicità le situazioni in cui la sua presenza accanto al letto dei morenti era di consolazione e di speranza. Ha saputo curare e trasmettere relazioni buone e sane con i medici e il personale infermieristico dell’ospedale di Valdagno”.

Anche una volontaria mette in luce la capacità di don Nico di vivere in mezzo al dolore fisico e morale dei pazienti senza perdere, difronte a questi, la speranza e il buonumore. Era stimato e benvoluto dal personale medico e infermieristico, ed era apprezzato anche dai tanti fedeli che partecipavano alla messa da lui celebrata nella cappella dell’Ospedale. Di animo generoso, era sempre disponibile ad ascoltare e a sostenere, anche economicamente, chi si rivolgeva a lui bisognoso di aiuto.

Anche in questo secondo ambito pastorale ha saputo manifestare l’immagine di Cristo, Buon Samaritano, che “si fa prossimo a ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito” (Prefazio Comune VIII).

La parabola del Buon Samaritano ci esorta a chinarci sulle ferite del corpo e dello spirito di tanti nostri fratelli e sorelle che incontriamo sulla nostra strada, soprattutto in questo tempo di pandemia. L’esperienza della malattia e della sofferenza può diventare scuola di speranza. L’umana sofferenza ha raggiunto il suo culmine nella passione di Cristo ed è entrata in una dimensione completamente nuova e in un nuovo ordine: è stata legata all’amore.

La croce di Cristo è diventata una sorgente di amore verso ogni fratello e ogni sorella. Così la Chiesa circonda di affettuosa cura quanti sono afflitti dall’umana debolezza. Come ha testimoniato il nostro confratello don Nico, riconoscendo nei poveri e nei sofferenti l’immagine di Gesù povero e sofferente.

Nell’attuale momento storico-culturale, si avverte ancor più l’esigenza di una presenza ecclesiale attenta e capillare accanto ai malati. Questo compito spetta all’intera comunità cristiana: battezzati-laici, consacrati e consacrate, diaconi e presbiteri, volontari, medici, infermieri, personale sanitario, tutti animati da una fede autentica e da un generoso spirito di servizio. Don Nico è stato segno e strumento della compassione di Cristo, che raggiunge ogni persona segnata dalla sofferenza.

Tra poco il suo corpo verrà consegnato al sepolcro – un corpo che ha sofferto, che il tempo e la malattia hanno debilitato – ma un giorno questo corpo risorgerà. Il corpo del credente si è nutrito del corpo stesso di Cristo risorto, nell’Eucaristia; è stato fin dal Battesimo tempio e casa dello Spirito Santo e suo strumento nell’operare il bene.

Consegnato al sepolcro, non ne conoscerà per sempre la corruzione. Nel giorno del ritorno di Cristo, risorgerà. Per questo la Chiesa lo ricorda con onore, lo circonda di fiori, lo incensa, lo asperge e purifica con l’acqua battesimale, in una parola: lo consegna alla speranza della vita. Piange la Chiesa, ma non come coloro che non sperano. Così, per noi credenti, la morte diventa un passaggio, una “pasqua”. È sempre dolore, la morte; ma non è mai disperazione. Perché non è la fine, ma speranza di vita.

L’eucaristia che stiamo celebrando – e che don Nico ha celebrato per oltre 56 anni – è proclamazione della morte e risurrezione del Signore. La Vergine Maria e tutti i santi e i beati della nostra chiesa di Vicenza gli vengano incontro festosi, e lo accompagnino a Dio, nella sua dimora di luce e di pace. E tu, don Nico, prega per noi, per la nostra Diocesi, perché fioriscano in essa vocazioni al Sacramento del Matrimonio, alla Vita Consacrata e al Ministero Sacerdotale. Rinnoviamo la nostra fede nel Signore Gesù, che ci ha detto: “Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me anche se muore vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno” (Gv 11,25). Amen!

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza