LITURGIA FUNEBRE PER DON ELIO NIZZERO(Chiesa parrocchiale di Santa Caterina in Villa, 3 giugno 2015)

Don Elio Nizzero, dopo aver raccolto tutte le sue forze, fisiche e spirituali, per celebrare la Santa Messa di Prima Comunione dei bambini della sua comunità, ha dovuto arrendersi di fronte a una malattia, di cui aveva avvertito i sintomi e che si è manifestata in modo rapido e inesorabile, portandolo in breve tempo alla conclusione della sua vita terrena. Ha vissuto la sua Pasqua consapevole della gravità della sua situazione, abbandonandosi totalmente alla volontà del Signore, sostenuto dalla preghiera e dall’affetto dei suoi parrocchiani e di tante persone amiche.

Fu ordinato sacerdote dal vescovo Carlo Zinato il 18 marzo 1967 e assegnato come vicario parrocchiale prima a Recoaro e poi a Chiampo. Nel 1980 fu nominato parroco a Priabona e nel 1993 fu trasferito a Santa Caterina in Villa di San Giovanni Ilarione e, dopo tre anni, divenne anche amministratore parrocchiale di Cattignano.
Per 22 anni ha profuso tutte le sue migliori energie a servizio della comunità, realizzando concretamente quanto abbiamo ascoltato nel Vangelo di Giovanni: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).

Nel brano evangelico, è risuonata per tante volte la parola “amore” e così pure il verbo “amare”. L’amore è il fattore fondativo e distintivo di ciascun battezzato e di ogni comunità cristiana. L’evangelista Giovanni ci parla di Dio attraverso una delle definizioni più forti e più intense che si possano pensare: “Dio è amore” (1Gv 4,2).
Dio Padre ha preso l’iniziativa di comunicare agli uomini il suo amore nella persona di Gesù, il quale accetta e porta questa corrente d’amore a tutti noi. Gesù ci ha amati fino al dono supremo della sua vita e ci ha lasciato questo comandamento: “amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. In questo comandamento c’è tutta l’essenza del cristianesimo.

Don Elio, nella sua vita, ha accolto con gioia il dono dell’amore di Dio e lo ha trasmesso alle persone che gli sono state affidate nel corso del suo ministero pastorale ed esse hanno ricambiato questo amore. L’espressione più eloquente si è avuta nel tempo della sua malattia. La comunità lo ha accompagnato nella preghiera, si è presa cura di lui come un figlio che ama fedelmente e teneramente il proprio padre. Durante la mia visita presso l’Ospedale di San Bonifacio mi ha detto: “questa visita è di grande consolazione per me, ma è anche molto importante per le comunità di Santa Caterina e Cattignano”.

Don Elio si è preparato con fede e con lucida coscienza alla sua morte. Al vicario generale, don Lodovico, che lo ha seguito con affetto fraterno, ha consegnato le disposizioni per la celebrazione del funerale, indicando perfino la frase da riportare sulla immaginetta: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede” (2Tim 4,7).
Questa espressione appartiene al testamento spirituale dell’Apostolo Paolo, contenuto nella seconda lettera inviata al caro discepolo e vescovo Timoteo, che abbiamo letto come prima lettura. Questo “testamento spirituale” può essere considerato come un modello, un paradigma, per ogni battezzato e per ogni ministro ordinato.
Di fronte agli errori presenti e al pericolo ancora più grave di quelli degli “ultimi giorni”, l’unico argine può essere apposto da una costante e coraggiosa predicazione del “Vangelo”. Sia Timoteo, ma come lui, anche ciascuno di noi è chiamato a compiere il ministero di annunciatore del Vangelo, “insistendo al momento opportuno e non opportuno, ammonendo, rimproverando, esortando con ogni magnanimità e insegnamento” (2Tim 4,2).

Don Elio ha annunciato con forza e generosità il Vangelo di Cristo. È stato contento di essere prete, me l’ha confidato più volte, un pastore a tempo pieno, dedicato totalmente alla gente, persona semplice ed essenziale: lavorava perché tutti i battezzati partecipassero alla Santa Messa, curava molto il servizio dei suoi ministranti.

La percezione della morte ormai vicina ha suscitato in lui una bella testimonianza di fede, vissuta insieme alla sua comunità, che lo ha accompagnato con la preghiera e con una generosa e accurata assistenza.
Ha fatto propri i sentimenti, le parole e le immagini usate dall’Apostolo Paolo nella prospettiva della sua morte: “Sono versato in libagione”. Paolo paragonava la sua vita a un sacrificio continuo che si realizza nell’effusione del sangue. Suggestive anche le immagini del combattimento, della corsa e della corona, riprese dagli sportivi del tempo. Ma, al contrario degli atleti, la vittoria dell’Apostolo consisterà nel morire per il suo Signore e morire nel Signore. “La corona della giustizia” non sarà riservata solo a lui, ma anche “a tutti coloro che hanno atteso con amore la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo” (2Tim 4,8b). Attraverso queste immagini, don Elio ha interpretato e preparato il suo incontro definitivo con il “Signore dei vivi e dei morti”.

Carissimi, nell’Eucaristia celebriamo la morte e la risurrezione di Cristo, noi crediamo che la Pasqua di Gesù è attiva e operante, è vincitrice nella morte di questo nostro fratello sacerdote. Consegnando il suo corpo alla terra, noi crediamo che anch’esso un giorno risorgerà.    
E ora affidiamo don Elio alla misericordia di Dio.

La Madonna di Monte Berico, gli Angeli, i Santi e i Beati della nostra Chiesa gli vadano incontro e lo conducano a Dio, nella sua dimora di luce e di pace.
Ma siamo anche tanto fiduciosi che egli preghi per noi, per le comunità che ha servito con tanta dedizione, per la nostra Chiesa diocesana, perché il Signore le conceda il dono di numerose e sante vocazioni al Sacerdozio, alla Vita Consacrata, al Sacramento del Matrimonio. Amen.

 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza