LITURGIA FUNEBRE PER DON GIACOMO CRESTANI(chiesa parrocchiale di Caldogno, 22 marzo 2018)

Sulla soglia ormai della Settimana Santa, ci siamo riuniti nella chiesa parrocchiale di Caldogno per consegnare nelle mani di Dio, Padre buono e misericordioso, il nostro confratello sacerdote don Giacomo Crestani.
 
       Don Giacomo fu ordinato sacerdote dal vescovo Carlo Zinato il 29 giugno 1951 e fu assegnato come vicario parrocchiale prima a Cartigliano e poi a Malo. Nel 1965 venne nominato parroco di Lupia e nel 1973 arciprete di Mason Vicentino, dove svolse il suo ministero pastorale per ben 25 anni. Dopo aver rinunciato all’ufficio di parroco, prestò il suo servizio sacerdotale come collaboratore pastorale qui a Caldogno, specialmente presso la Casa di riposo “Azalea”, di cui fu il primo assistente spirituale.
 
       Don Giacomo è stato un sacerdote molto attento alle persone, delicato verso tutti, in modo particolare verso le persone anziane, che visitava assiduamente. Con l’avanzare degli anni, a causa di una malattia agli occhi, ha dovuto riorganizzare la sua vita e il suo ministero. Non potendo vedere bene, ha valorizzato maggiormente la dimensione dell’ascolto, soprattutto nella disponibilità al Sacramento della Penitenza, alle Confessioni.
       Il parroco don Giampaolo mi ha inviato questa nota simpatica: alcuni chierichetti chiedevano sempre di don Giacomo e del suo stato di salute, ogni domenica, perché era il loro confessore ed erano cresciuti incontrandolo per strada o in chiesa. A loro sembrava strano non vederlo alla messa delle 9.30!
 
       La morte di una persona cara, anche quando giunge in un’età avanzata — come il nostro caro don Giacomo che si avviava verso i novant’anni — ci pone sempre di fronte alle domande più importanti e decisive sul senso della vita, della sofferenza e della morte.
 
       Il brano della Prima Lettura ci aiuta a riflettere sul mistero della sofferenza, della morte e della presenza di Dio nella nostra vita.
       Abbiamo ascoltato nel libro di Giobbe: «Oh, se le mie parole si scrivessero, se si fissassero in un libro, fossero impresse con stilo di ferro e con piombo, per sempre si incidessero sulla roccia!» (Gb 19,23-24). Ma quali sono queste parole così importanti e decisive per l’uomo? «Io so che il mio Redentore è vivo» (Gb 19,25).
       Il Redentore è Colui che ci libera dalla pena eterna e dalla morte. E noi, per l’azione e la grazia del Redentore incontreremo e vedremo Dio: «Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno» (Gb 19,26-27).
 
       La lettura della morte, fatta nella fede, non ci esonera dal dolore per la perdita di persone care, ma apre il nostro cuore alla speranza. Don Giacomo — per il Battesimo in cui è stato immerso e per l’Eucaristia che ha celebrato e di cui si è nutrito — ora vive nel Signore e il suo corpo riposa nella pace, al sicuro, nell’attesa dell’ultimo giorno, il giorno della risurrezione dei corpi.
 
       Il Vangelo ci ha proclamato la morte di Gesù secondo l’Evangelista Giovanni. All’apparenza una morte atroce e dolorosa di un condannato, ma di fatto una morte regale, poiché nella Croce di Gesù  si compie il più grande atto d’amore che l’umanità abbia mai conosciuto: il Figlio di Dio che si dona per la nostra salvezza dal peccato, dalla morte e da ogni forma di schiavitù. Gesù viene innalzato sulla Croce, il trono regale dal quale Dio regna e sconfigge ogni arroganza dell’uomo. Dall’albero di Adamo viene la morte, ora dall’albero di Cristo viene la vita.
       Accanto a lui, crocifissi con lui, due ladri, una povera umanità che lui ama e vuole salvare. Ai piedi della Croce sua Madre, la sorella di sua Madre, Maria di Magdala e Giovanni assieme a tutti noi e agli uomini e alle donne di tutti i tempi: gli umili, i poveri, i sofferenti, i peccatori, gli operatori di pace, gli affamati di giustizia.
 
       Dalla Croce, Gesù chiama sua Madre, la donna, la nuova Eva, colei che nell’offerta della morte del Figlio sta per diventare la Madre di tutti noi: «Gesù, vedendo la madre e accanto a lui il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”» (Gv 19,26-27). Tutti noi siamo stati consegnati da Gesù morente a Maria, sua Madre, la Madre della Chiesa, la Madre di tutti gli uomini e di tutte le donne del nostro mondo.
 
       La pagina evangelica ci dice ancora che a Gesù, sulla Croce, prima di morire, viene dato dell’aceto: «Dopo aver aver preso l’aceto, Gesù disse: “È compiuto. E, chinato il capo, consegnò lo spirito» (Gv 19,30).
       Il Signore Gesù effuse il suo spirito su tutta l’umanità, donandole la vita pasquale. Questa è la nostra fede, questa è stata la fede di don Giacomo che ha annunciato e testimoniato a tante persone nel corso del suo ministero e l’ha fatto con le sue omelie — che si soffermavano sempre in modo preciso su tutte le letture —, con il suo stile sobrio ed essenziale, con la sua vicinanza alle persone, l’ha fatto attraverso una obbedienza serena e cordiale ai suoi Superiori.
 
       Affidiamo ora don Giacomo alla Vergine Maria, la nostra Madonna di Monte Berico, ai Santi e ai Beati della nostra Chiesa vicentina perché lo accompagnino all’incontro filiale con Dio Padre, ricco di bontà e di misericordia.
 
       A don Giacomo chiediamo di pregare insieme a noi per la nostra Chiesa, affinché il Signore le doni numerose e sante vocazioni al Sacramento del Matrimonio, alla Vita Consacrata e al Ministero Ordinato.
       Amen.

  
† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza