LITURGIA FUNEBRE PER DON GIOVANNI FIORAVANZO(chiesa parrocchiale di Villalta, 9 marzo 2016)

Mentre stavo accompagnando il vescovo vicentino monsignor Pierantonio Pavanello al suo ingresso nella diocesi di Adria-Rovigo, mi è stata comunicata la dolorosa notizia della morte di don Giovanni Fioravanzo, che avevo visitato due settimane fa.
         Don Giovanni fu ordinato presbitero il 26 giugno 1955 dal vescovo Carlo Zinato e subito assegnato come vicario cooperatore a Cornedo Vicentino. Fu, quindi, rettore della curazia di Spagnago, diventandone poi parroco nel 1971. In seguito fu nominato parroco a San Lazzaro in Bassano del Grappa e nel 1994 dell’unità pastorale di Gaianigo, Gazzo Padovano, Grantortino, Grossa e Villalta. Dopo aver rinunciato al suo ufficio, dal 2005 prestò servizio pastorale come cappellano della casa “La Montanina” e, come collaboratore, nell’unità pastorale di Velo d’Astico. Solo nel 2013 si ritirò a Gazzo Padovano, nella casa del cugino Antonio Alessi, che lo ha accolto e curato sino all’ultimo giorno della sua vita. Al signor Antonio, alla sua famiglia, va il mio più sentito ringraziamento per questo gesto di grande generosità, anche a nome del presbiterio e della Chiesa vicentina.
 
         Don Giovanni è stato un uomo mite e semplice, un pastore buono e generoso, disponibile verso tutte le persone che — di volta in volta — gli venivano affidate con il ministero pastorale. Dal tratto cordiale, è stato capace di relazioni sane e costruttive sia con i confratelli preti sia con i fedeli laici: voleva bene e si faceva voler bene. Nel suo ministero ha saputo esprimere la paternità e la tenerezza di Dio verso il suo popolo, come ci è stata narrata dalla Prima Lettura che abbiamo ascoltato.
 
         Il profeta Isaia, infatti, in questo Canto del Servo del Signore, esalta l’amore di Dio che cerca il suo popolo. Dio è descritto come pastore, agricoltore, medico e anche attraverso la bellissima immagine di una mamma che si prende cura del proprio bambino. Le immagini si succedono l’una all’altra in un crescendo continuo.
         Dio non vuole che il suo popolo soffra né la fame, né la sete. Così afferma il profeta: «Non soffriranno né fame né sete, perché colui che ha misericordia di loro li guiderà, li condurrà alle sorgenti di acqua» (Is 49,10). E se qualcuno in Israele aveva dubitato pensando: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato» (Is 49,11), viene subito smentito, perché il Signore, nostro Dio, Padre Buono e Misericordioso, ci ama con un amore infinito. Insiste ancora il profeta Isaia: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49,15).
 
         Il nostro confratello sacerdote fu uomo di grande carità, ha sempre aiutato — secondo le proprie possibilità — chi passava e bussava alla sua porta. Anche in questi ultimi anni riceveva continuamente la visita di uomini e di donne, non solo del paese, ma anche delle parrocchie dove aveva vissuto il ministero presbiterale negli anni passati. Aveva un particolare carisma che lo spingeva a dedicarsi in modo speciale per gli ammalati, che accostava con grande delicatezza e spirito di fede.
 
         La morte di un sacerdote — come quella di ogni persona cara — anche quando giunge in età avanzata, genera sempre un profondo turbamento nei familiari e in tutti quelli che l’hanno conosciuto, amato e stimato. Don Giovanni, conoscendo la gravità e il progressivo deterioramento della sua salute, si era preparato con fede e abbandono all’incontro con il Signore della vita. La morte lo ha colto mentre stava recitando, insieme ad alcuni amici, la preghiera dell’Ave Maria, in attesa di essere ricoverato in ospedale.
 
         Il Vangelo che è stato proclamato, ci aiuta a comprendere il senso della morte per una persona che ha sempre annunciato la Buona Novella della Risurrezione e che ha accompagnato tante persone nel passaggio da questa vita terrena alla vita eterna. L’Evangelista Giovanni, infatti, presenta Gesù che “opera” in nome di Dio, Suo Padre. Come Dio dà la vita, così Gesù è venuto a comunicare la vita, a guarire e a risuscitare. La Sua Parola — che è La Parola del Padre — è efficace: guarisce i malati e risuscita i morti. Coloro che credono in Gesù, e lo accettano come inviato di Dio, sono quelli che avranno la vita. L’intima relazione tra il Padre e il Figlio può estendersi anche a noi con l’ascolto obbediente della parola di Gesù che ci fa entrare nel dinamismo della vita eterna superando la condizione esistenziale di morte che caratterizza la vita presente, la vita di ogni uomo, soggetta alla fragilità del peccato.
 
         Don Giovanni ha celebrato l’Eucaristia per oltre sessant’anni! Ultimamente celebrava in casa tre volte la settimana, con la partecipazione spontanea di alcuni fedeli che in lui trovavano conforto, sostegno e perdono. L’ultima Messa l’ha celebrata lo scorso venerdì pomeriggio, 4 marzo, insieme a padre Enrico Rossetto, rientrato dalla missione per un periodo di riposo.
         L’Eucaristia, per il presbitero che La presiede, e per il santo popolo di Dio che vi partecipa, è un anticipo, una caparra della piena partecipazione alla comunione di amore con la Santissima Trinità. Nell’Eucaristia noi annunciamo la Morte del Signore e proclamiamo la Sua Risurrezione nell’attesa della Sua venuta.
 
         Ora è giunto il momento di congedarci da don Giovanni, consegnando il suo corpo alla sepoltura, nella ferma speranza che risorgerà alla fine dei tempi. Lo affidiamo all’intercessione della Vergine Maria, la nostra Madonna di Monte Berico. Lo affidiamo ai Santi e ai Beati della nostra Chiesa perché gli vengano incontro e lo conducano a Dio, Padre Buono e Misericordioso. Insieme a don Giovanni, chiediamo al Signore la grazia di sante vocazioni al Sacramento del Matrimonio, alla Vita Consacrata e al Ministero Sacerdotale. Amen.
 
† Beniamino Pizziol

Vescovo di Vicenza